Erdogan apre il tour dell’odio contro Israele - Piazza Tahrir, che magnifica preda per Tayyip Erdogan, e a un prezzo così basso, l’odio contro Israele: dai tempi dell’impero ottomano la Turchia non si presentava sul proscenio come potenza islamica internazionale e ora dall’Egitto parte un suo tour di saluto alle primavere arabe, Egitto, Tunisia, Libia. Erdogan, e come no, ha già annunciato che il suo discorso al Cairo sarà incentrato sulla laicità e la democrazia.
Ma noi sappiamo perché lo si deduce da tutte le carte,
che il sottinteso è il cemento che finora ha legato Erdogan ai suoi
amici e ex amici Siria e Iran. I turchi sono entusiasti che Erdogan sia
colui che ha detto al vecchio Shimon Peres: «Tu sai bene come uccidere».
O che la tv turca abbia mandato in onda un serial dove i soldati
israeliani uccidono volontariamente i bambini palestinesi. Erdogan va al
Cairo dopo aver appena cancellato da Ankara l’ambasciata israeliana,
dopo che ha minacciato di scortare la prossima flotilla fino a Gaza,
dopo aver rotto i rapporti militari, e tutto perché una commissione Onu
ha stabilito che Israele ha il diritto di difendere le sue acque da
infiltrazioni verso Gaza.
Erdogan si è offeso perché Israele non è
stato condannato, e così ci ha pensato lui. E qui il gemellaggio è già
fatto, perché l’ambasciatore d’Israele, con cui l’Egitto è in pace dal
’79, è stato messo in fuga dal Cairo mentre una enorme folla inferocita
aggrediva con fuoco e picconi la rappresentanza di Gerusalemme.
L'assalto all'ambasciata israeliana in Egitto
Un gesto non bloccato dalle forze dell’ordine, molto lodato dagli iraniani, che vi hanno visto un’analogia con l’occupazione dell’ambasciata americana che dette il segno a tutta la rivoluzione khomeinista. Erdogan ha il denaro, la forza militare, la determinazione ideologica che può costruire nuove alleanze di cui la Turchia sia al centro. È partito con ministri e business man. Ma il suo biglietto da visita è la rabbiosa, incontenibile, furiosa antipatia per Israele, quella scheggia di Occidente che non piega il capo, il dhimmi, ovvero l’inferiore nella humma islamica che si rifiuta di essere tale. La Turchia ha già fatto sapere che impedirà a Israele di sfruttare i giacimenti di gas che ha trovato in mare e su cui ha fatto un accordo con Cipro. Nel frattempo ha passato alle agenzie turche la copia dell’intervista a Al Jazeera in cui dice che la vicenda della flotilla avrebbe causato una guerra, se non fosse stato per il grandioso passato del suo paese. Guerra è una parola forte, ma se si pensa al clima e alle immagini di piazza Tahrir negli ultimi giorni, ai discorsi di Erdogan sull’impero ottomano, si capisce che il tour d’onore che comincia da piazza Tahrir e prosegue in Libia e Tunisia innalza un vessillo che garrisce.
Il Giornale, 13 settembre 2011
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