Le critiche pioveranno,di nuovo i confini del '67 non sono in vendita, di nuovo Gerusalemme è indivisibile e i profughi del '48 compresi i pronipoti dovranno trovare rifugio a casa loro, e non in Israele... ma Benjamin Netanyahu ha scelto così, un discorso agrodolce con aperture sottili e molti sguardi diretti: se ci volete vivi è così. Se ci volete morti, ci difenderemo.
Ci sarà tempesta, molti amano odiare Netanyahu, ma nessuno può togliere a Bibi la formidabile accoglienza che il Congresso americano a Camere riunite, destra e sinistra, ha dedicato ieri al Primo Ministro israeliano. È andato in scena il coraggio della fede nella democrazia, dei valori comuni. Ventisette volte Netanyahu ha ricevuto ovazioni entusiastiche, piacesse o meno a Obama. Due Paesi si sono mostrati per mano sicuri che il rifiuto del cinismo non sarebbe stato scambiato per retorica.
Israele, ha riconosciuto Bibi, non ha un amico migliore degli Usa, né gli Usa di Israele. Il gigante e il bambino (grande poco più di Rhode Island, ha scherzato Netanyahu) hanno bisogno l'uno dell'altro: «Noi siamo insieme nel difendere la democrazia, nel combattere il terrorismo, nel promuovere la libertà... noi siamo il pilastro della stabilità nel Medio Oriente perché da noi non c'è da avviare un "nation building", noi l'abbiamo già costruita; né da esportare la democrazia, noi l'abbiamo già; né da spedire le truppe americane, noi ci difendiamo da soli!».
Israele, ha riconosciuto Bibi, non ha un amico migliore degli Usa, né gli Usa di Israele. Il gigante e il bambino (grande poco più di Rhode Island, ha scherzato Netanyahu) hanno bisogno l'uno dell'altro: «Noi siamo insieme nel difendere la democrazia, nel combattere il terrorismo, nel promuovere la libertà... noi siamo il pilastro della stabilità nel Medio Oriente perché da noi non c'è da avviare un "nation building", noi l'abbiamo già costruita; né da esportare la democrazia, noi l'abbiamo già; né da spedire le truppe americane, noi ci difendiamo da soli!».
Bibi ha lodato Obama per l'eliminazione di Bin Laden, ha ricordato che Hamas ha condannato la sua uccisione e ha invitato Abu Mazen ad abbandonare la compagnia dei terroristi e a sedersi con lui per parlare di pace: «Allora - gli ha promesso - saremo i primi ad aprirvi il riconoscimento all'Onu». Netanyahu si è rivolto parecchie volte ad Abu Mazen come a un amico che deve finalmente abbandonare l'illusione che ha distrutto tutti i tentativi di pace, quella che Israele sarà cancellato. «Sono andato davanti al mio popolo è ho detto che sono d'accordo per uno Stato Palestinese; Abu Mazen fronteggi il suo popolo e dire che accetta uno Stato degli Ebrei. Abu Mazen fai la pace con lo Stato degli Ebrei!».
Bibi ha detto che Israele sarà generosa quanto a dimensioni della Palestina, ha annunciato che alcuni insediamenti resteranno fuori dai confini israeliani. Ma se lo spazio sarà vasto, ha detto, tuttavia saremo cauti a non mettere in pericolo il nostro minuscolo spazio. La Valle del Giordano dovrà avere un presidio militare, lo Stato palestinese sarà disarmato, Hamas non può essere un partner per i colloqui, Gerusalemme non deve essere divisa (anche se Bibi l'ha detto in modo da lasciare prevedere eccezioni e invenzioni territoriali) perché l'unica libertà di fede in tutta la città che abbia mai conosciuta le è stata donata dallo Stato d'Israele. Infine, la questione dei profughi ha di nuovo incontrato un parere molto chiaro, tornino pure i pronipoti dei profughi del 1948, ma in Palestina, non in Israele per essere l'arma demografica finale. In più Netanyahu ha usato sulla questione Iraniana dei toni definitivi: sei stato bravo nelle sanzioni, gli ha detto, adesso, se non decidi di sistemare una volta per sempre la questione atomica, sappi che ci penseremo noi.
(il Giornale, 25 maggio 2011)
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