Eppure, con il 31 dicembre 2009, si chiude il primo decennio del nuovo secolo, o - absit iniuria verbis - del terzo millennio. Un decennio è già un lasso di tempo che perde di vista la quotidianità per tendere alle unità di misura adottate dalla storia: in un decennio - specie in un decennio di un'epoca come questa - il mondo cambia significativamente.
Sergio Romano, sul Corriere, ha definito questa prima parte di secolo come "un decennio orribile": richiama la classica immagine del tunnel "per definire un percorso al buio attraverso una lunga serie di crisi".
«La lista degli avvenimenti funesti - scrive Romano - è impressionante», con guerre in ogni dove, attentati terroristici a ogni latitudine, repressioni poliziesche, crisi economiche e finanziarie, cui si aggiunge una pericolosa incertezza sul piano internazionale.
In questi primi dieci anni del XXI secolo, insomma, i millennaristi hanno avuto ampio motivo di esultare, tentando di scovare chiare coincidenze nel raffronto tra l'attualità e i testi profetici.
Quel che più turba è che potranno continuare: anche se qualcosa sta cambiando - nell'approccio statunitense, nell'etica finanziaria, nella stabilità dell'Unione europea - molto resta da fare per ripulire un pianeta sempre più frustrato, diffidente, intollerante.
Il decennio che arriva non sarà l'età dell'oro. Forse non sarà nemmeno migliore di quello che lasciamo. In questi dieci anni potremmo aver toccato il fondo, ma la storia ci insegna che l'essere umano - colui che da sempre segna le sorti del pianeta - ha innate capacità di peggiorare costantemente la propria condizione, fino a quando non decide di cambiare.
E, per cambiare, ha bisogno di un messaggio di speranza. Un messaggio capace di dare coraggio, fiducia, stabilità e (perché no?) ottimismo.
Si fa presto a predicare una dottrina secondo schemi collaudati da generazioni, ed è altrettanto semplice fare proseliti per la propria chiesa, convincendo le persone a cambiare semplicemente luogo di culto. È semplice e comodo, ma non è ciò cui siamo chiamati, né ciò di cui ha bisogno ogni abitante di questo mondo.
Non sempre i credenti - e le chiese - lo hanno capito, ed è per questo che non possiamo sentirci soddisfatti di questo decennio: in un mondo che muore, di fronte a sistemi democratici che relativizzano la fede e regimi dittatoriali che perseguitano chi crede, i cristiani spesso si sono limitati a prendere atto, sospirare, rassegnarsi.
Alcuni - pochi - hanno ritenuto opportuno intervenire, ma spesso lo hanno fatto, ma con le proprie limitate forze, e talvolta senza preparazione.
Se davvero vogliamo che il nuovo decennio si sviluppi con un bilancio meno sconfortante, sarà necessario cambiare prospettiva.
Sarà necessario, innanzitutto, comprendere l'importanza di andare, anziché chiudersi nei locali di culto invocando il "risveglio".
Sarà necessario prepararsi adeguatamente per il confronto con un mondo che cambia linguaggio, abitudini, esigenze.
Sarà necessario collaborare con i fratelli, le chiese, le organizzazioni che si stanno già impegnando nella direzione in cui vogliamo incamminarci.
Sarà necessario rendere il concetto di "comunione fraterna" un elemento vivo e un'esigenza costante, non una piacevole eccezione da praticare solamente in occasione di qualche pasto comune condiviso e con fratelli rigorosamente selezionati.
In assenza, difficilmente saremo testimoni convincenti del messaggio che ci è stato affidato e che siamo chiamati a portare.
Per segnare una svolta nel mondo, il 2010 deve prima segnare un'inversione di tendenza per i cristiani.
La nostra speranza è che l'anno in arrivo, e gli anni che verranno, possano essere testimoni di questo cambiamento. Al di là dei buonismi e delle banalità, probabilmente, per la chiesa questo è il migliore augurio possibile.
( www.evangelici.net )
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