Il battesimo è prima di tutto una vittoria. Ogni volta che assisto a una cerimonia battesimale, realizzata secondo le Scritture, (poiché vi sono ancora oggi dei cristiani fedeli al loro insegnamento!), mi dico che Dio è grande.
Ma, per vivere questa vittoria, bisogna aver conosciuto la lotta. Avete voi conosciuto questa lotta contro se stessi, contro questa natura malvagia che impedisce di fare ciò che si vuole e spinge a fare invece ciò che si odia (Romani 7:15-23), questa lotta a corpo a corpo contro il peccato che avvolge così facilmente? Avete conosciuto questa lotta che ha visto la volontà affievolirsi dinanzi all'ostacolo, il coraggio abbandonarvi, la tentazione trovare in voi un complice, questa lotta contro l'ira e le tendenze morbose ereditate dai nostri padri che San Paolo chiama il «vecchio uomo»?
Questa lotta contro il male l'avete certamente sperimentata. Ma non a pochi giorni dalla nascita, quando stavate per essere condotti al fonte battesimale. È la vita che ve l'ha insegnata.
Sono del parere che un vero battesimo, un battesimo col suo pieno significato cristiano, dovrebbe essere un battesimo da adulti.
Del resto è proprio questo l'insegnamento delle Scritture.
Il Cristo insegna che bisogna aver vissuto per nascere di nuovo. Enigma difficilissimo, che Nicodemo, il dottore della legge, quella volta non riuscì a capire (Giovanni 3:3).
Nascere di nuovo, gli spiegò Gesù, vuoi dire rinunciare al vano modo di vivere praticato da tutti, a questa esistenza senza significato e senza scopo. Significa rinunciare a vivere disordinatamente, lontani da Dio, schiavi dei desideri carnali, per aderire alla vera vita, quella spirituale.
Il battesimo comprende tutto ciò.
È facile e agevole, allora, concludere che è un atto cosciente, ragionato, volontario. Un atto «maggiorenne».
Nessun testo dimostra la consapevolezza di questa scelta meglio della definizione data da Pietro: «II battesimo è la richiesta di una buona coscienza fatta a Dio» (1Pietro 3:21).
Approfondiamo l'argomento. Noto nelle Scritture che il battesimo richiede l'osservanza di diverse condizioni.
Un primo testo indica la fede: «Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato» (Marco 16:16). Ogni commento affievolirebbe la chiarezza di questo testo che riserba il battesimo a coloro che hanno intrapreso un'esperienza cristiana.
E più che un'esperienza semplice, comune, banale. L'ultimo messaggio del Cristo, infatti: «Fate dei discepoli e battezzateli» (Matteo 28:19), indica che una vera conoscenza della volontà divina deve precedere il battesimo.
Infine una terza condizione che mi pare essenziale scarta ogni possibilità di battezzare cristianamente i neonati. A coloro che furono toccati dalla predicazione di Pietro il giorno della Pentecoste, fu risposto: «Ravvedetevi e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo» (Atti 2:38)...
La fede, la conoscenza, il ravvedimento, queste sono le tre condizioni che le Scritture menzionano per il battesimo. Esse risolvono, beninteso, anche il problema dell'età alla quale lo si deve amministrare.
Questo impegno personale che l'uomo prende dinanzi a Dio può avere il suo pieno valore soltanto se risponde al desiderio di colui che lo sottoscrive e se è contratto sulla sua sola richiesta.
Anche sul modo in cui si amministra il battesimo ci sarebbe molto da dire! Decisamente ci siamo sviati di molto dalle Scritture. Nella prospettiva cristiana il rito non ha valore in sé: il battesimo è un simbolo, ma per non averne attuato il senso gli è stato tolto quasi tutto il suo significato.
Un testo mi sembra risolutivo. È un passo di Paolo: «Noi siamo dunque stati con lui seppelliti mediante il battesimo nella sua morte, affinché come Cristo è risuscitato dai morti, mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita» (Romani 6:3,4).
Tale è il significato profondo del battesimo: un seppellimento che ricorda quello di Gesù, il seppellimento della nostra vita in cui il peccato domina da padrone, seguito da una risurrezione a vita nuova, alla vita spirituale, alla vita verso la quale Dio vuole dirigerci.
Il significato della parola evoca nei testi evangelici l'idea di tuffarsi, d'immergersi, di essere coperto dall'acqua. L'acqua, in questo caso, è una tomba che nasconde per un attimo il neofito. Il lato pratico della conversione è che il battesimo è un lavacro del corpo intero. Non si tratta più di alcune gocce sparse sulla fronte. Che si sia trattata d'una vera immersione nell'acqua spiegherebbe il motivo per cui Giovanni battezzava a Enon: «Perché c'era là molta acqua» (Giovanni 3:23), e ciò permise al Cristo, dopo il suo battesimo di salire «fuori dall'acqua» (Matteo 3:16), e perché infine Filippo e il suo catecumeno «discesero ambedue nell'acqua» (Atti 8:38).
L'uso apostolico era molto diverso da quello che si rappresenta spesso sulle vetrate delle nostre cattedrali, semplice aspersione per mezzo di una conchiglia di ostrica. Per cui il battesimo cristiano, quello vero, non ha più niente a che vedere con quello che si pratica correntemente, oggi, nelle grandi chiese.
Vi pongo ora alcune domande che mi sembrano di capitale importanza e che pongo alla coscienza di ognuno: «Voi che vi dite cristiani, avete mai adempiuto tutte le condizioni che le Sacre Scritture richiedono per il battesimo? Il vostro battesimo ha segnato una svolta nella vostra vita fino al punto di poter dire che da quel momento tutte le cose sono divenute nuove? Voi che avete ricevuto il battesimo alla vostra nascita, sentite di essere stati realmente battezzati?
N. Hugedé, "Cristo questo sconosciuto" - Edizioni AdV
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