Introduzione
"Quando il faraone ebbe lasciato andare il popolo, Dio non lo condusse per la via del paese dei Filistei, benché fosse vicina, poiché Dio disse: «Bisogna evitare che il popolo di fronte a una guerra, si penta e torni in Egitto». Dio fece fare al popolo un giro per la via del deserto, verso il mar Rosso..." (Esodo 13:17,18).
La storia antica del popolo di Israele, che occupa buona parte della Bibbia, oltre che affascinante da un punto di vista storico narrativo, è ricca di infiniti insegnamenti per noi, credenti di questo tempo, per le analogie e le corrispondenze che emergono confrontando le loro esperienze con le nostre.
L'apostolo Paolo scrive ai Romani: "Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza" (Romani 15:4).
Sappiamo che la liberazione miracolosa e potente dalla schiavitù di Egitto e la lunga peregrinazione nel deserto, prima dell'entrata nel paese della promessa, corrispondono alla liberazione dalla "schiavitù del peccato" e al "pellegrinaggio terreno" di noi credenti, prima di giungere alla "patria celeste" (Romani 6:18-22; Ebrei 11:10,16; 13:14; 1 Pietro 2:11).
In realtà anche per i credenti dell'antico patto, il vero traguardo finale (alcuni di loro, come Abramo, Isacco, Giacobbe, l'avevano già capito) era la "patria celeste", mentre l'entrata nel paese di Canaan rappresentava l'inizio di uno standard di vita più ricco di benedizioni materiali, ma più impegnativo da un punto di vista spirituale.
La stessa cosa deve verificarsi per tutti i credenti: da uno stadio di "bambini in Cristo" (1 Corinzi 3:1) occorre passare a quello di "uomini adulti" (Ebrei 5:14).
Tutti siamo esortati e incoraggiati a crescere spiritualmente "in ogni cosa verso Colui che è il Capo, cioè Cristo" (Efesini 4:15).
Fermiamo ora la nostra attenzione sulla "Via del deserto" scelta da Dio per condurre Israele al paese di Canaan.
Considereremo i seguenti punti:
- Dio scarta la via litoranea, più corta ma più pericolosa.
- Dio sceglie la via del deserto, più lunga ma più proficua.
- Gli scopi e il programma della scuola del deserto.
- Verifiche.
Dio scarta la via litoranea, più corta ma più pericolosa
"...Dio non lo condusse per la via del paese dei Filistei, benché fosse vicina, poiché Dio disse: «Bisogna evitare che il popolo, di fronte a una guerra, si penta e torni in Egitto»" (Esodo 13:17).
Si trattava della via più conosciuta, più facile, più comunemente seguita dai viaggiatori e dai commercianti tra l'Egitto e i paesi del Medio Oriente. Seguiva, grosso modo, la costa del Mediterraneo. Era la via certamente percorsa a suo tempo da Abramo, da Giuseppe e dai suoi padroni, come pure dai suoi fratelli e da Giacobbe stesso.
Per il popolo d'Israele, questa via più breve, era la più pericolosa, perché attraversava proprio il paese dei Filistei. Costoro non avrebbero esitato a ostacolare il loro passaggio, scatenando una guerra tale da indurli a far ritorno in Egitto.
E' vero che Dio, in ogni caso, col Suo intervento, non avrebbe avuto difficoltà, come aveva già fatto nei riguardi dell'Egitto, a volgere le sorti del conflitto a favore del Suo popolo, tuttavia Egli sapeva che questo popolo non era ancora maturo per subire un tale impatto, una tale prova.
Insegnamenti
1. Lo stesso pericolo incombe su coloro che muovono i primi passi nella conoscenza e nella nuova vita di convertiti. Un eventuale grosso intoppo sul loro cammino che li costringesse a ritornare sulle posizioni di partenza, potrebbe rendere molto più difficile una successiva ripresa. "Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, si lasciano di nuovo avviluppare in quelle e vincere, la loro condizione ultima diventa peggiore della prima" (1 Pietro 2:20).
2. Dio ci risparmia le prove troppo dure, superiori alla nostra capacità di sostenerle, sia all'inizio del nostro cammino cristiano, sia in seguito. "Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, affinché la possiate sopportare" (1 Corinzi 10:13). Ringraziamo il Signore per la squisita sensibilità e delicatezza, proprie di un Padre e di un Pastore amoroso, nel condurci lungo le impervie vie del deserto di questo mondo!
3. Questo atteggiamento di saggezza e di amore da parte di Dio, ci insegna a tener conto dei reali pericoli che possiamo incontrare per raggiungere certi obiettivi e di affidarci quindi sempre al Suo consiglio. Infatti, se seguiamo il nostro parere, a volte sopravvalutiamo i pericoli, col rischio di bloccarci e di rinunciare ad affrontarli (fu ciò che accadde al popolo a Cades Barnea). In altri casi, li sottovalutiamo e andiamo allo sbaraglio (vedi il tentativo di conquista di Ai, Giosuè 7:1-5).
Dio sceglie la via del deserto, più lunga ma più proficua
"Dio fece fare al popolo un giro per la via del deserto, verso il mar Rosso..." (Esodo 13:18).
Domanda.
Ma non era anche questa una via irta di pericoli, di difficoltà, di prove, dove spesso mancavano i mezzi primari di sussistenza e le indicazioni sulla via da seguire, mezzi e indicazioni ai quali Dio avrebbe poi dovuto provvedere, facendo scaturire l'acqua dalla roccia, facendo cadere la manna da cielo, impedendo che i vestiti e i sandali si logorassero (Deuteronomio 8:4), guidandoli nella giusta via con la nuvola e la colonna di fuoco?
Risposta.
Sì, è vero, anche l'alternativa del deserto con le sue difficoltà poteva indurre Israele a tornare in Egitto, come in effetti minacciò di fare più volte.
Malgrado ciò, Dio giudicò questo percorso utile per preparare, proprio attraverso alle difficoltà, il Suo popolo ad essere idoneo per entrare nel paese di Canaan: una sorta di scuola di addestramento teorico-pratico.
Teorico: attraverso le lezioni impartite da Dio, tramite Mosè, per istruirli sulle Sue leggi (vedi i dieci Comandamenti) e sulle norme per adorarlo (vedi il tabernacolo).
Pratico: attraverso il superamento degli innumerevoli problemi di sopravvivenza e di percorso incontrati a ogni passo.
Applicazioni
Alcuni eminenti uomini di Dio della Bibbia, prima di svolgere a pieno titolo i compiti loro assegnati, hanno trascorso un tempo più o meno lungo di maturazione, consistente in riflessioni e in preparazione spirituale, nel deserto.
• Mosè, prima di ricevere l'importante e difficile incarico di guidare il Suo popolo nel deserto, dovette trascorrere, lui stesso, un periodo di quarant'anni come pastore di pecore nel deserto, quale indispensabile preparazione a quella missione (Atti 7:30). E ciò, benché fosse stato, a suo tempo, "istruito in tutta la sapienza degli egiziani" (Atti 7:22).
• Giovanni Battista battezzava la gente nel Giordano, ma poi si ritirava nel deserto a meditare "vestito di pelo di cammello e una cintura di cuoio intorno ai fianchi, cibandosi di cavallette e di miele selvatico" (Matteo 3:4). Egli stesso, citando Isaia 40:3, si definiva: "la voce di uno che grida nel deserto" (Giovanni
1:23).
• Gesù pure, all'inizio della Sua missione, trascorse quaranta giorni e quaranta notti nel deserto a digiunare e per affrontare, alla fine, vittoriosamente, le tentazioni di satana (Matteo 4:1,2).
• L'apostolo Paolo, come egli stesso scrive ai Galati, dopo la conversione e una breve permanenza a Damasco, si ritirò per un certo tempo in Arabia (Galati 1:16-18), molto probabilmente a pregare e a riflettere, per poi far ritorno in quella città.
Anche noi, come ho accennato all'inizio, dopo la conversione, abbiamo bisogno di crescere nella fede, frequentando, anche se in forma figurata, la dura scuola di preparazione del deserto, per poi passare a un livello più proficuo di vita e di servizio per il Signore.
Gli scopi e il programma della scuola del deserto
Su questa scuola del deserto, frequentata per così lungo tempo dal popolo d'Israele (quarant'anni), la Parola di Dio non rimane nel vago, ma spiega chiaramente gli scopi e i sistemi di insegnamento.
Non si può dire che fosse una scuola di manica larga. Sappiamo infatti che a Cades Barnea, dopo circa due anni di frequenza, furono tutti bocciati all'esame, salvo due di loro, e costretti a ripetere il corso per altri 38 anni (Deuteronomio 1:19-46)!
Su questo argomento riguardante gli scopi e le modalità, leggiamo nel capitolo 8 del Deuteronomio uno stralcio dei discorsi di Mosè, pronunciati alla fine dei suoi giorni, in cui richiama gli aspetti salienti di quello straordinario viaggio nel deserto.
"Guardati dal dimenticare il Signore, il tuo Dio... affinché non avvenga.., che il tuo cuore si insuperbisca e tu dimentichi il Signore, il tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù; che ti ha condotto attraverso questo grande e terribile deserto, pieno di serpenti velenosi e di scorpioni, terra arida, senz'acqua; che ha fatto sgorgare per te acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna che i tuoi padri non avevano mai conosciuta, per umiliarti e per provarti, per farti, alla fine, del bene" (Deuteronomio 8:11-16)
Il versetto 15 e la prima metà del versetto 16 indicano, a grandi linee, l'ambiente e i metodi di insegnamento, la seconda metà del versetto 16, gli scopi da raggiungere.
Limitiamoci a fare qualche considerazione sugli scopi, riconoscendo quanto siano validi anche per noi oggi.
Se ne possono individuare tre, per ognuno dei quali, rimanendo nell'ambito della metafora della scuola, c'era un corso specifico che possiamo così definire:
- Corso di UMILTÀ
- Corso di FEDE
- Corso di RICONOSCENZA
Corso di umiltà
Il testo dice: "per umiliarti".
Non credo che l'espressione usata intendesse significare per avvilirti, mortificarti, offenderti, ma piuttosto: per renderti umile, rispettoso, sottomesso, ubbidiente.
Le esperienze vissute in tutti quegli anni dovevano concorrere a questo scopo, anche, o proprio perché erano state dolorose.
Tutto questo si applica pure a noi!
L'apostolo Paolo, per sua stessa ammissione, imparò l'umiltà proprio attraverso alle sofferenze: "E perché io non avessi a insuperbire per l'eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca" (2 Corinzi 12:7).
Non leggiamo anche in Ebrei 5:8 che Gesù "...imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì"?
Il che non significa certamente che Egli non fosse ubbidiente prima di soffrire, ma che imparò, sperimentò, quanta sofferenza comporti l'essere ubbidiente. Egli infatti può dire a tutti noi: "... imparate da Me, perché Io sono mansueto e umile di cuore..." (Matteo 11:29).
Corso di fede
Il testo dice esattamente "per provarti", ma sappiamo che le prove, attraverso alle esperienze più disparate, mirano a fortificare e ad accrescere la fede.
La fede è una componente essenziale della nostra vita spirituale. L'apostolo Pietro dice che "è ben più preziosa dell'oro che perisce" (1 Pietro 1:7) e quindi dev'essere provata perché si perfezioni.
Giacomo nella sua lettera aggiunge: "sapendo che la prova della vostra fede produce costanza" (Giacomo 1:3).
Credo che nessuno di noi abbia dei dubbi sulla necessità di avere costanza, come ci esorta l'epistola agli Ebrei quando dice: "Infatti avete bisogno di costanza, affinché,fatta la volontà di Dio, otteniate quello che vi è stato promesso" (Ebrei 10:36).
Corso di Riconoscenza
Il testo dice esattamente: "per farti alla fine del bene".
In effetti qui e così pure al versetto 3 dello stesso capitolo, si parla di tutto il bene che Dio ha fatto al suo popolo, con le infinite e quotidiane manifestazioni di amore e di potenza che ben sappiamo, ma tutti questi benefici non avevano lo scopo di risvegliare in loro un vivo, sincero e profondo sentimento di riconoscenza?
Perciò l'ho chiamato: corso di riconoscenza.
La riconoscenza è una virtù che va imparata e mantenuta viva, a patto però che non dimentichiamo le grandi cose che il Signore ci ha fatto e ci fa.
In questi capitoli del Deuteronomio troviamo infinite volte l'invito pressante a ricordare, a non dimenticare (Deuteronomio 8:2,11,18, 19...).
"Benedici, anima mia, il Signore e non dimenticare nessuno dei Suoi benefici" (Salmo 103:2)
Verifiche
Ogni scuola seria, di tanto in tanto sottopone gli studenti a quelle che oggi vengono chiamate verifiche e che, ai miei tempi, si chiamavano "prove o compiti in classe".
Durante la marcia nel deserto ci furono molte verifiche del processo di apprendimento, rivelando, come spesso succede anche per gli studenti, scarso profitto.
Quasi ogni volta che c'erano delle difficoltà, la gente si abbandonava allo sconforto, alle lamentele e, spesso, addirittura rimpiangeva l'Egitto.
Ricordando alcuni di questi insuccessi del popolo d'Israele nel deserto, l'apostolo Paolo replica dicendo: "Or queste cose avvennero per servire da esempio a noi, affinché non siamo bramosi di cose cattive, come furono costoro" (1 Corinzi 10:6).
Più avanti aggiunge: "Ora, queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche" (1 Corinzi 10:11).
Conclusione
Cari fratelli e sorelle!
Attenzione!
Qualcuno di noi può trovarsi ancora nella scuola del deserto, qualcun altro, superato l'esame di maturità, forse sta già frequentando l'università di Canaan.
In entrambi i casi, qualunque sia il livello di spiritualità raggiunto, abbiamo ancora sempre bisogno di seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, già menzionato all'inizio e che ripeto: "Ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso Colui che è il capo, cioè Cristo" (Efesini 4:15).
Infatti, finché viviamo in questo mondo, siamo sempre dei forestieri e pellegrini, in cammino verso la Canaan celeste.
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