Qui di seguito discutiamo l’articolo «Il legalismo». Sebbene il termine «legalismo» intenda, in generale, «l'atteggiamento di rispetto verso della legalità o conformità assoluta a essa», nell’accezione teologica esprime l’uso esasperato di norme e precetti religiosi. Io lo definirei così: «l’assoluta conformità nella dottrina e nello stile di vita personale ed ecclesiale alle convenzioni denominazionali e alle tradizioni tramandate dai padri di un certo movimento». Infatti, il problema del legalismo è dato dal fatto che le interpretazioni scritturali, le esperienze, le convenzioni e gli stili di vita ecclesiali e personali della prima generazione (o delle prime generazioni) di un dato movimento vengono ritenuti «normativi» e «modello» distintivo, da seguire assolutamente. Chi non corrisponde a tali canoni, è considerato eterodosso, se non addirittura fuori dottrina.
La «sana dottrina», quella biblica, la pratica del «frutto dello Spirito» e la ricerca della volontà di Dio per l’oggi non sono cose opzionali per un credente biblico. Ingiuntivo è per un discepolo di Cristo tutto ciò (e solo ciò), che è chiaramente comandato nel nuovo patto.
Il pericolo dei surrogati
I surrogati della fede del nuovo patto, così come si evince dal Nuovo Testamento, sono specialmente il legalismo, il liberalismo e il misticismo. Il liberalismo mette la Scrittura fuori uso, affermando che la maggior parte dello cose erano soltanto per quei tempi. Il legalismo sacralizza le scelte devozionali e morali dei «padri» di un movimento e le considera «bibliche», leggendo la Scrittura alla luce delle tradizioni e convenzioni religiose del proprio gruppo d’appartenenza. Il misticismo vanifica ciò che «sta scritto» mediante conoscenze evinte dalle esperienze estatiche ed entusiastiche.
I pericoli del legalismo
Nei passati manicomi si mettevano i cosiddetti «matti» in camicie di forza per impedire loro di farsi male. Il legalismo predica dapprima che Cristo libera, poi, però, pretende di mettere i discepoli «a squadra» mediante morse devozionali e colle morali, per rispecchiare l’unico modello di cultura religiosa possibile, quello tramandato dai «padri» del proprio movimento. Volendo impedire ai discepoli di farsi male e di farlo ad altri, chiama tali «camicie di forza» religiose (quale ironia della sorte!) «sana dottrina» e «libertà dello Spirito». Poi, si danno da fare per convincere le persone, a cui hanno messo tali camici restrittivi, che tali precetti particolari sono per il loro bene. Il legalismo è in pratica una sfiducia di base verso lo Spirito Santo, nutrendo il sospetto che non sappia fare il suo «mestiere», ossia di guidare i credenti in tutta la verità, ossia quella rivelata nella sacra Scrittura.
I legalisti sono come quei genitori che, avendo timore che i loro figli possano cadere dalla bicicletta, li costringono a guidarla con le rotelle di sostegno, sebbene essi siano oramai grandi. Essi affermano: «È vero che le rotelle ti impediscono la piena libertà, ma almeno non cadrai e non ti farai male». Similmente, invece di insegnare ai credenti di vivere in «novità di vita» nelle situazioni sempre nuove, che si presentano, ossia di preparare a vivere in modo responsabile, cercando quale sia la buona e salutare volontà di Dio, i maestri di legalismo costringono i credenti a vivere secondo il «manuale del cristiano provetto», una raccolta di regole e norme, accumulate nel tempo e rese «biblicamente accettabili» col consenso e la convenzione di gruppo.
I legalisti hanno una certa paura di contaminarsi e, perciò, si isolano dagli altri. Giudicando come deviazione tutto ciò, che non corrisponde al loro «stampo» dottrinale e morale, hanno la «scomunica» facile verso singoli e comunità, che deviano dai binari della loro tradizione.
La cosa peggiore è che i legalisti si sentono autorizzati a indottrinare anche i membri delle altre chiese, scavalcando in ciò nell’autorità anche i conduttori delle chiese locali, che non ritengono all’altezza della situazione. Quando agganciano i membri di altre comunità, il loro metodo è sempre lo stesso, ad esempio: si creano sospetti verso la chiesa di provenienza e le loro guide degli altri; si insinua sottilmente che la comunità, in cui l’altro è inserito, ha abbandonato la fedeltà e la «sana dottrina»; si suggerisce di vivere in una comunità con soggetti contaminati, ad esempio a causa di alcuni peccati particolari perpetuati prima della conversione, e che contaminano ancora gli altri, quando si prende insieme la cena del Signore; si insinua che il loro modo di fare (modo di incontrarsi, di sedersi in sala, di condurre il culto e di cantare, l’assenza o la presenza di certi strumenti musicali, il ritmo per festeggiare la cena del Signore, i giorni da osservare, ecc.) corrisponda al modello della chiesa apostolica delle origini; si asserisce che seguire le norme della loro tradizione, sia vivere con una fede seria e santa; si minaccia l’immane giudizio di Dio verso le altre comunità, che non vivono secondo le convenzioni del legalismo.
Le alternative bibliche al legalismo
Sono solito ricordare questo mio aforisma: «Il contrario di una menzogna, non è per forza la verità, ma può essere una menzogna di segno contrario». Oppure: «Chi teme di cadere da una parte del cavallo, cade spesso dall’altra». Proprio così fanno alcuni che, per sfuggire alla morsa del legalismo, si rifugiano nel liberalismo, mentre altri si danno alla pratica di esperienze mistiche o estatiche. In pratica curano una ferita, facendone subito un’altra.
Ci sono varie terapie concomitanti per il legalismo; eccone alcune. Una medicina è costituita dalla pratica di un’esegesi contestuale della sacra Scrittura, per verificare che cosa sia la chiara volontà di Dio per il nostro tempo; ciò permetterà di riconoscere poi le tradizioni religiose e le convenzioni morali, accumulate e ingiunte nel tempo dagli uomini. Un altro farmaco essenziale è la pratica dell’amore della e misericordia fra i credenti; ciò permetterà di combattere la grettezza d’animo tipica dei massimalisti. Un altro rimedio è l’insegnamento e l’addestramento dei credenti alla maturità, al discernimento e alla responsabilità personali. Infine, un altro toccasana è la chiesa partecipata: comunione, partecipazione, pari consentimento e impegno.
Fonte: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Legalismo_EdF.htm
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