La mia amica Ruthie che vive al centro di Gerusalemme credeva che fosse la sirena che annuncia l'ingresso di Shabbat, quando la gente si sorride, augura Shabbat Shalom, popolo di Israele, un sabato di pace. Invece era la sirena che annuncia l'arrivo di un missile, chissà in che punto, chissà che cosa, chi colpirà, corri, hai quindici secondi per trovare un tetto di cemento. Ruthie ha capito dopo un po' che quella sirena era troppo lunga, troppo ululante, e che lei era troppo lontana da un rifugio, così si è accucciata sotto le scale come consiglia la radio.
L'ultima volta che Gerusalemme è stata colpita, nel 1990, i palestinesi sui tetti, nonostante i loro fratelli vivano in una parte di Gerusalemme, invitavano Saddam Hussein a colpire. Adesso si odono spari e botti di gioia da Gerusalemme est perché gli ebrei vengono colpiti. È dalla fondazione dello Stato che a causa di un odio tetragono, religioso, e anche di una irresponsabile incomprensione da parte occidentale delle ragioni di Israele, che esso combatte assalitori pieni d'odio da ogni parte. Difficile spiegarsi perché il mondo non capisca. Non si dica che la situazione è complessa; essa è invece semplicissima, e solo la malafede può impedire di elencare cronologicamente la successione degli eventi: centinaia di missili da Gaza, due milioni di persone sotto il fuoco, una reazione di difesa che qualunque Paese avrebbe doverosamente avuto. Adesso una parte sola ha in mano le chiavi della pace, ed è Hamas: se cessasse il lancio, Israele non continuerebbe neppure per un minuto a bombardare i covi dei terroristi, i depositi di missili e le gallerie, molti posti in zone abitate. Ma neppure durante la visita di ieri del primo ministro egiziano Isham Kandil, mentre Haniyeh usciva tranquillo in strada, Hamas ha smesso di lanciare missili a valanga, e questo mentre Israele si asteneva da attacchi durante l'incontro. Israele non ha in programma, come Hamas, di distruggere il nemico, né tantomeno di provocare l'Egitto, mentre Hamas ne ha tutto l'interesse.
Fu lo Stato ebraico a sgomberare Gaza; ha a cuore la vita e la salute di ciascuno dei suoi cittadini, non vuole vedere soldati feriti o morti, né bambini colpiti fra i suoi o fra quelli di Gaza. Hamas invece vuole distruggere Israele e indottrina i suoi perché divengano shahid, martiri della guerra santa, non tenendone in conto la vita e il benessere, mescolando i combattenti con i civili così da creare incidenti per cui Israele venga biasimata.
Ci vuole una laurea a capire queste semplici verità? Shabbat shalom Israele. La giornata di ieri è stata piena di simboli, il mondo islamico gode che lo speaker della radio, che interrompe continuamente i programmi per dire tzeva adom colore rosso, allarme, correte ai rifugi, elenchi con finta flemma i nomi di Gerusalemme e di Tel Aviv fra gli altri sotto il fuoco. A Gerusalemme la santa, così, la sirena si confonde con l'entrata del giorno santo: che altro può fare? E a Tel Aviv di venerdì, nel week end, vogliamo scherzare? Il missile vola da Gaza, ma tu siedi in un caffè e comincia il riposo; gli amici si affollano intorno ai tavolini carichi di bevande sotto il sole. Dov'è il rifugio, dove potrà proteggersi dall'attacco il cuore gaudente di Israele? La sirena suona, i bambini le fanno il verso mentre le madri li riacchiappano e cercano di trascinarli in un rifugio, Sderot, Ashdod, Ashkelon, Bersheeba, le città regolarmente colpite, province poco interessanti, sono ora unite a Gerusalemme e a Tel Aviv nella costrizione a guardare il cielo infuocato.
di Fiamma Nirenstein
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