«E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe, e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini; in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno prima che gliele chiediate» (Matteo 6:5-8)
Per quanto riguarda il nostro soggetto, la seguente citazione coglie nel segno: «Pregare appartiene a quelle cose che ci causano le più grandi difficoltà. Pregare è da un lato veramente difficile e dall'altro facilissimo. Ogni bambino può pregare, eppure la preghiera ha la potenza di giungere fino al Trono di Dio. Tutti possono pregare, dal vecchio filosofo al bimbo. La preghiera può essere il culmine di un momento e allo stesso tempo abbracciare tutta la vita. Contiene sia disperazione sia trionfo. Può concentrarsi solo su una cosa o avere quale soggetto il mondo intero. Può racchiudere la confessione delle azioni più abominevoli o esprimere l'adorazione di Dio più profonda».
Gesù discorre a fondo e appassionatamente della preghiera perché è parte integrale della vita di un cristiano. Egli rileva gli aspetti positivi e negativi che dobbiamo considerare nella preghiera. In più ci propone un modello per aiutarci a pregare.
In quest'articolo studieremo come Cristo introduce il soggetto della preghiera e scopriremo che c'è un modo di pregare sbagliato e uno giusto.
Il passo biblico succitato illustra i due casi.
Prima di cominciare l'esposizione voglio inserire le seguenti due osservazioni preliminari:
1. Per chi è l'insegnamento di Gesù? La risposta si trova in questo paragrafo, dove Gesù accenna tre volte ai Suoi ascoltatori che Dio è il loro Padre (vedi versi 6 e 8: «tuo Padre», «vostro Padre»). Questo mostra inequivocabilmente che Gesù si rivolge a persone che hanno trovato in Dio il loro Padre celeste. In altre parole, Egli parla qui ai figli di Dio.
2. Siamo propensi a leggere questi versi biblici pensando che il loro scopo è di smascherare l'ipocrisia ovvia dei Farisei. Dobbiamo invece guardarci da un atteggiamento ispirato dalla superbia che ci spinge a disprezzare i Farisei. Gesù dimostra, nel rivolgersi ai credenti, che questo pericolo esiste per tutti e che il peccato è così perfido da intaccare perfino le nostre preghiere! Dobbiamo dunque riconoscere quanto sono profonde le radici del peccato nella nostra natura. Si insinua qui in veste di orgoglio, di smania per l'approvazione da parte degli altri e di elogio verso noi stessi. E ciò intacca perfino la nostra vita di preghiera.
Vogliamo quindi considerare il nostro primo argomento.
a) Il modo sbagliato di pregare
Il modo sbagliato di pregare scaturisce da un atteggiamento erroneo.
L'errore fondamentale sta nel concentrarsi su se stessi e sul prossimo invece di porre Dio in primo piano. Il nostro Signore illustra questo errore in modo evidente con le parole: «E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe, e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini; in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio» (verso 5). Con quest'affermazione Gesù non intende condannare il pregare in pubblico, ma critica la preghiera vanitosa personale allo scopo d'impressionare gli altri.
Il secondo esempio istruttivo precisa: «Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole» (verso 7).
Se mettiamo in relazione le due citazioni, scopriamo quali sono i due errori principali che possono infiltrarsi nella preghiera.
- Il primo consiste nel concentrarsi sulla propria persona e nel voler impressionare gli altri.
- Il secondo errore sta nell'immagine sbagliata che mi sono fatto di Dio, perché credo di poterlo influenzare e fargli cambiare idea grazie alla mia verbosità e loquacità.
Forse pensi che quest'avvertimento di Gesù non ti concerna perché non sei né un ipocrita né un pagano ?
Attenzione! Sei certo che le tue preghiere reggano sempre al giudizio finale di Gesù?
Vogliamo esaminare attentamente questi due errori.
b) Concentrarsi sulla propria persona e voler impressionare gli altri
Questo si può manifestare in molti modi diversi.
Il primo e fondamentale pericolo consiste nel voler fare bella figura nel ruolo d'intercessore. Se in noi c'è anche solo un filo d'interesse personale nell'essere notati perché preghiamo, siamo in errore.
I Farisei suscitavano proprio questa impressione.
Quando pregavano durante gli orari fissi di preghiera agli angoli della strada, sembravano così zelanti perché non potevano nemmeno aspettare di entrare nel tempio per pregare. Erano degli intercessori così formidabili che si fermavano semplicemente lì dove si trovavano per la preghiera, però mettendosi in mostra davanti a tutti.
Ci sono inoltre cristiani portati all'esibizionismo, al farsi notare per attirare l'attenzione. E questa inclinazione ogni tanto si rivela anche nella loro preghiera.
In che modo?
Per esempio: dopo il sermone o lo studio biblico forse pensiamo «questo o quell'altro aspetto importante è stato dimenticato». E cosa facciamo?
Confezioniamo ciò che, secondo noi, è stato trascurato nel discorso, in una preghiera, invece di dare una risposta a Dio o di reagire a quello che è stato detto. In altre parole, predichiamo agli altri e ciò vogliamo dire, facendo cattivo uso della preghiera.
Continuiamo su questa strada considerando un altro abuso, cioè le «preghiere belle».
Non voglio contestare che sia anche giusto meditare bene le proprie preghiere. Tuttavia, certe preghiere sono così elaborate che destano il sospetto che l'intercessore vuole impressionare gli altri.
Pregare significa aver un colloquio con mio Padre in cielo.
Se parlo con qualcuno che amo, non do peso alle belle parole o all'uso di espressioni elaborate. In quel momento la persona che amo e la gioia di poter parlare con lei domina i miei pensieri così che è naturale esprimermi con spontaneità. Guardiamoci dunque dalle «belle» preghiere.
Un'ultima osservazione a questo proposito. Forse c'è qualcuno che mi risponde: «Questo non mi riguarda. Non voglio impressionare nessuno. Non sono capace di esprimermi bene. Per questa ragione non prego ad alta voce, punto e basta».
Anche questo è sbagliato.
Se taccio per paura di fare brutta figura, allora sono di nuovo io in primo piano e non Dio. Siamo onesti con noi stessi e ammettiamo che spesso le nostre riunioni di preghiera soffrono perché vogliamo fare bella figura?
In quest'ambito consideriamo un altro problema che Gesù fa notare:
c) Parole, parole!
«Ora, nel pregare», disse il nostro Signore, «non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole» (verso 7).
Penso che sia chiaro cosa s'intende qui. In molti paesi orientali ancora oggi si prega in questo modo. Teniamo presente le ruote di preghiera tibetane o le perle di vetro nel buddismo. Tuttavia, queste pratiche non si usano soltanto tra pagani, ma esistono anche nel cristianesimo. Non vogliamo puntare il dito sugli altri e giustificarci dicendo: «Grazie, Dio, che non sono come gli altri !» Anche noi siamo capaci di parlare a vanvera. Più lunga la preghiera, più pìo appare l'intercessore agli occhi di chi lo ascolta.
Non si nasconde forse in quest'atteggiamento un'immagine pagana di Dio?
Tanti pensano che la preghiera sia una prestazione offerta a Dio che quindi esige una ricompensa da parte Sua. Invece di voler ricevere qualcosa da Dio, desiderano fargli un'offerta. Eppure, quando preghiamo, ci avviciniamo a Dio in veste di mendicanti, e da quando in qua' chiedere l'elemosina è una prestazione?
Dobbiamo guardarci da quest'atteggiamento. Poiché chi pensa e agisce così non soltanto esaspera con le sue lunghe preghiere chi si riunisce per pregare, ma contraddice le seguenti parole di Gesù: «Nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole» (verso 7).
A questo punto è necessario riflettere sulla questione: Quanto tempo bisogna dedicare alla preghiera?
Si sa che tutti i grandi personaggi della storia della chiesa hanno passato molto tempo pregando. Da qui deduciamo che chi vuole essere santo, deve pregare moltissimo. Ma anche questa è una conclusione erronea.
I grandi intercessori non guardavano l'orologio quando pregavano. Era per amore che si sentivano spinti alla comunione con Dio. Non importava loro per quanto tempo o per quante cose pregavano, cercavano semplicemente la presenza di Dio.
Appena ci mettiamo a pregare con il cronometro in mano, tutto diventa meccanico e perde il suo senso. Il nostro Signore afferma a questo proposito: «In verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio» (verso 5).
Che cosa avevano cercato?
Avevano cercato l'onore da parte degli uomini e lo avevano già ottenuto.
Al giorno d'oggi, non è cambiato nulla.
Ancora oggi molti vengono lodati perché sono grandi intercessori o perché recitano «preghiere meravigliose». Certo che ricevono la lode, ma anche qui sarà la loro unica ricompensa
Forse nel necrologio di qualcuno si menzionerà che grande intercessore fosse stato, ma finirà tutto lì. Invece chi è povero e afflitto, chi forse non riesce neanche a pronunciare una frase completa e grida soltanto a Dio nella sua sofferenza, scoprirà che l'orecchio di Dio lo ascolta e che riceverà una ricompensa che nessuno degli altri mai otterrà.
d) Il modo giusto di pregare
Vogliamo ora considerare il modo giusto di pregare. Infatti, esiste un modo giusto di pregare e il segreto sta nel come iniziamo.
Il nostro Signore afferma a proposito: «Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente. Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno prima che gliele chiediate» (versi da 6 a 8).
Che cosa significa?
Non importa dove preghiamo, ma che preghiamo nella consapevolezza che si tratta di un incontro intimo tra me e Dio. E questo che bisogna tenere sempre presente.
Quando prego, devo ricordarmi, pure nell'ambito di una riunione di preghiera, che mi ritiro dagli uomini per entrare alla presenza di Dio.
Vogliamo investigare più a fondo questo punto fondamentale.
e) In primo luogo bisogna distaccarsi da certe cose
«Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto» (verso 6).
Cosa significa in pratica?
Con quest'affermazione Gesù non vieta né le riunioni di preghiera, né la preghiera in pubblico. Gesù ci esorta a distaccarci da certe cose sia quando preghiamo pubblicamente, sia quando lo facciamo in segreto.
Bisogna distanziarsi dagli altri e poi anche da noi stessi.
Questo è l'intenzione della frase «entra nella tua cameretta».
Quando cerco la comunione con Dio, mi ritiro in questa cameretta privata.
Spesso non è possibile trovare un luogo solitario per pregare, ma l'esempio di Gesù ci insegna che dappertutto c'è la quiete.
Dio vede quando nella vita di tutti i giorni noi abbiamo chiuso la porta all'irrequietezza e all'affaccendarci per avvicinarci solo a Lui.
Il mio colloquio con Dio può svolgersi ovunque.
Si può pregare intimamente anche in una riunione di preghiera pubblica.
Quando prego in comunione con altri, cerco di dimenticare la presenza degli altri partecipanti, perché non rivolgo le mie preghiere a chi è riunito con me e non parlo direttamente con loro. Parlo con Dio e allo stesso tempo guido anche chi mi ascolta per mezzo della mia preghiera nella Sua presenza. Di conseguenza è necessario che «chiudiamo fuori» dai nostri pensieri sia le altre persone, sia noi stessi.
A che cosa serve ritirarmi in una stanza chiusa, se poi sono pieno di me stesso, se tutto si concentra su di me e se addirittura mi do' delle arie per il mio zelo?
Questo assomiglia a quella preghiera recitata agli angoli delle piazze. Al contrario, quando prego, devo distaccarmi sia da me stesso che dagli altri. In quel momento il mio cuore si apre esclusivamente e soltanto a Dio.
Martin Lutero disse giustamente: «La preghiera è il discorso del cuore con Dio».
Veniamo dunque al prossimo punto.
f) Dal distacco alla passione
Come si fa?
In primo luogo devo rendermi conto che sto entrando la presenza di Dio. Devo diventare consapevole di chi è Dio.
Mi dico: «Ora sto per entrare nella sala d'udienza del Dio Onnipotente, Perfetto ed Eterno. Sto per incontrare il Re dei re nella Sua potenza e maestà, il Dio che è completamente Santo».
Soprattutto ci dobbiamo rendere conto che Dio è il nostro Padre: «Prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente» (verso 6). Si tratta quindi di un rapporto tra Padre e figlio, e vorrei tanto che lo comprendessimo a fondo.
Questo Dio Onnipotente è diventato nostro Padre per mezzo di Gesù Cristo. Infatti, la Bibbia lo promette: «Ma a tutti quelli che hanno ricevuto Gesù Cristo Egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel Suo Nome» (Giovanni 1:12).
Comunque e dovunque preghiamo ci rivolgiamo al nostro Padre come Suoi figli.
Giovanni Calvino afferma a questo proposito: «Per questa ragione possiamo parlargli per esempio nel seguente modo: Padre, che sei colmo d'amore verso i Tuoi figli, che sei ben disposto a perdonare loro, noi, i Tuoi figli, Ti ricerchiamo e abbiamo nello stesso tempo la ferma speranza che Tu nutri sentimenti paterni verso di noi, anche se non ne siamo degni !» In più dobbiamo renderci conto che non preghiamo perché dobbiamo informare Dio sulla nostra vita, «perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno prima che gliele chiediate» (verso 8). Il nostro Padre celeste sa ogni cosa su di noi, conosce tutti i nostri bisogni ancora prima che glieli comunichiamo.
Che senso ha allora pregare se Dio conosce già le nostre richieste e difficoltà?
Non potrebbe dare una mano ai Suoi figli senza aggravarli con l'obbligo di pregare?
Continuando il nostro studio del Sermone sul monte, scopriamo un'altra osservazione importante che Gesù fa sulla preghiera: «Chiedete e vi sarà dato. Cercate e troverete. Bussate, e la porta vi sarà aperta» (Matteo 7:7).
Ricapitoliamo: il nostro Padre celeste ci esorta a pregare nonostante che Egli sia Onnisciente. Perché?
Egli desidera che viviamo nella consapevolezza che dipendiamo completamente da Lui. Se continuiamo a curare il nostro dialogo con Dio e se ci aspettiamo che Egli provveda per noi, la Sua benedizione potrà scorrere liberamente.
Dio desidera benedirci in modo tangibile, ma lo può fare solo se siamo disposti a chiederglielo.
g) E infine dobbiamo avere fiducia
Dobbiamo avvicinarci a Dio con l'atteggiamento fiducioso di un bambino.
Abbiamo bisogno di una fede da bambino. Abbiamo bisogno della certezza che Dio è veramente nostro Padre. Per questa ragione non dobbiamo mai pensare che pregando con inutili ripetizioni otteniamo la benedizione di Dio. La preghiera dovrebbe esprimere piuttosto quanto bramiamo la presenza di Dio e quanto abbiamo bisogno di Lui. Preghiamo perché desideriamo tanto la comunione col nostro Padre celeste. Dovrebbe essere così come lo dichiara il salmista: «Come la cerva desidera i corsi d'acqua, così l'anima mia anela a Te, o Dio. L'anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente» (Salmo 42:1-2).
Lo stesso vale naturalmente anche per il Padre, anzi ancora di più! Come un padre amorevole che si rallegra, quando il figlio corre da lui perché si diletta nel suo rapporto filiale, così Dio desidera che noi ricerchiamo sempre la Sua presenza. Paolo ci esorta perciò a «non cessare mai di pregare» (Tessalonicesi 5:17).
Questo però non significa ripetere qualcosa meccanicamente. È sbagliato pensare che Dio ci esaudisca perché ci perdiamo in chiacchiere. No, si intende tutt'altra cosa.
Quando prego, mi rivolgo a Dio che è mio Padre.
Il mio Padre celeste si rallegra quando vengo da Lui ed è più che mai disposto a concedermi infinitamente di più di quel che chiedo o penso. Dio è veramente premuroso nei miei confronti. Non mi deve neanche passar per la mente che Dio non voglia darmi il meglio possibile. Non dobbiamo mai dimenticare che Dio, nostro Padre, ha dato a noi ciò che aveva di più prezioso: «Se Egli non ha risparmiato neppure il proprio Figlio, ma l'ha dato per tutti noi, non ci darà sicuramente ogni cosa insieme con Lui?» (Romani 8:32).
Se aggiungiamo a questa dichiarazione anche la promessa di Gesù «Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente» (verso 6), dovremmo vergognarsi perché spesso viviamo come mendicanti spirituali, nonostante che siamo figli di un Padre così ricco, Dobbiamo anche vergognarsi perché ci lasciamo spesso guidare da pensieri sbagliati e fallaci quando preghiamo.
Spero che intanto Dio ci abbia potuto aprire gli occhi per quanto riguarda la preghiera e la Sua persona. Voglio finire con due versi dalla Bibbia: «Sia gloria a Dio che tramite la Sua straordinaria potenza che agisce dentro di noi, può fare infinitamente di più di ciò che noi domandiamo o pensiamo. A Lui sia la gloria nella chiesa e in Gesù Cristo, per tutte le generazioni in ogni tempo. Amen» (Efesini 3:20-21).
Tratto (e liberamente adattato) da: «L'Araldo Della Sua Venuta» maggio/giugno 2010
http://www.herold-schriftenmission.de/
Mario De Liso
Come Dobbiamo Pregare? (seconda parte)
"Gesù: era stato in disparte a pregare; quando ebbe finito, uno dei Suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Egli rispose: «Quando pregate, dite: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il Tuo Nome; venga il Tuo Regno; sia fatta la Tua volontà anche in terra come è fatta in cielo»" (Luca 11:1-2 e Matteo 6: 9-10)
1. Alla scuola della preghiera di Gesù
Certamente i discepoli si erano abituati a vedere pregare il loro Signore. Passava notti intere pregando. Si chiedevano di certo: «Ma cosa fa tutto quel tempo? Perché ha tanto da dire?»
Certo che esaminando se stesso in tutta onestà ogni discepolo avrebbe dovuto ammettere: «Quando ho pregato cinque minuti, non so già più cosa dire». Era palese ormai che la loro vita di preghiera fosse insufficiente e che per questo motivo si sentivano inquieti. Un giorno quindi uno dei discepoli si fece coraggio e chiese a Gesù: «Signore, insegnaci a pregare».
Soffriamo anche noi della stessa afflizione?
Siamo insoddisfatti della nostra vita di preghiera?
Abbiamo il desiderio di scoprire cos'è la vera preghiera?
Se è così, questi sono sintomi molto incoraggianti.
La nostra vita cristiana è spesso priva di benedizioni perché non sappiamo bene come pregare. Abbiamo bisogno d'istruzione. Dobbiamo imparare come e per che cosa pregare. Siccome il «Padre nostro» rende evidenti questi due punti in modo eccezionale, vogliamo esaminare questa preghiera in dettaglio.
In quest'articolo voglio trattare prima questioni preliminari e poi entrare nei dettagli.
2. Il Padre nostro - la preghiera modello
Alla richiesta del discepolo, Gesù risponde: «Quando pregate, dite: "Padre nostro che sei nei cieli..."» Cosa intendeva il Signore?
Voleva indicare che dobbiamo ripetere precisamente queste parole, così come tanti lo interpretano?
Sono convinto che questo significhi intendere male le parole di Gesù e interpretare male il Suo proposito. Gesù non voleva tramandare certe parole affinché le recitassimo. Il Signore si serve di questa preghiera come modello per insegnarci il modo giusto di pregare quando ci rivolgiamo a Dio.
Nel considerare questa preghiera scopriremo che, in linea di massima, contiene tutti gli ingredienti necessari. Non c'è quindi niente da aggiungere perché è stato pensato a tutto. Eppure questo non significa che basta semplicemente recitarla per aver compiuto tutto quello che c'è da fare.
Il comportamento del nostro Signor Gesù stesso è prova che non era inteso così perché, come abbiamo già menzionato, pregava per notti intere. Una cosa comunque è chiara: anche quando preghiamo a lungo, è bene imitare i punti salienti di questa preghiera modello. In più, si può dire che la nostra preghiera è veramente valida solo quando corrisponde in forma e contenuto al Padre nostro.
Io non sono del parere che non bisogna mai pregare il Padre nostro, così com'è scritto, e neanche critico l'usanza di recitarlo nei nostri culti. Bisogna anche accettare che su questo punto le opinioni variano. Infatti prego spesso utilizzando il Padre nostro e, così facendo, posso ricordare aspetti importanti che avevo trascurato nella mia intercessione personale. Sono certo che in questo modo non dimentico niente di vitale. A condizione però che non preghi meccanicamente, ma con tutto il mio cuore.
3. Come e per che cosa dobbiamo pregare?
Vogliamo dunque esaminare brevemente il tema: «Come e per che cosa dobbiamo pregare?».
Qui troviamo la risposta chiave che ci aiuterà ad aprire la porta per pregare con potenza. Spesso si sente dire: «Ho pregato tanto e non è successo niente. Non ho trovato pace. Non vale proprio la pena».
La radice del problema è che cominciamo a pregare con atteggiamento sbagliato.
Di che cosa si tratta?
Quando preghiamo, siamo talvolta predisposti a pensare soltanto a noi stessi e ai nostri problemi. Per questa ragione cominciamo tirando fuori tutte le nostre richieste. Gesù invece, cosa ci insegna?
Gesù ci impartisce una lezione importantissima con le tre prime richieste. Ciascuna comincia con «tu», cioè: «il Tuo Nome, il Tuo Regno, la Tua
Volontà». In questo modo il Signore ci insegna: Dio è al primo posto !
Prima di immergerci nelle nostre richieste, dobbiamo pensare a Dio.
Più importante dei nostri bisogni desideri, preoccupazioni e ansie sono gli interessi di Dio. Se però facciamo caso a come preghiamo, scopriamo che utilizziamo spesso le parole «io - mio - me». Dobbiamo quindi in primo luogo fermarci a riflettere.
Forse è meglio se all'inizio tacciamo e riflettiamo sulla persona che ci sta davanti ricordandoci che è Dio.
Pregare significa parlare con Dio, vero?
Allora bisogna prima dimenticare se stessi e concentrarsi sulla Sua presenza.
In quel momento non passo automaticamente da richiesta a richiesta come se depennassi i punti sulla ... lista della spesa! Per questa ragione le prime tre richieste si riferiscono a Dio e parlano della Sua gloria, del Suo Regno e della Sua Volontà.
Ci accorgiamo quindi che non basta imparare una preghiera a memoria e recitarla.
Gesù ci insegna ciò che importa per la preghiera e per la nostra vita.
Ora consideriamo la seguente questione: per che cosa dobbiamo pregare?
Il Signor Gesù ci ha dato il «Padre nostro» affinché possiamo verificare secondo quella preghiera se le nostre richieste sono valide.
In seguito proporrò due esempi per illustrare questo punto.
C'è qualcuno nella mia famiglia o nel cerchio dei miei amici che non è ancora credente?
Posso pregare per la sua salvezza con fiducia?
Cosa ci dice il Padre nostro?
La prima richiesta afferma: Sì! «Il Tuo Nome sia santificato». Infatti, proprio questo è il nostro desiderio: preghiamo affinché la persona per la quale intercediamo dia gloria nella sua vita a Dio.
La seconda richiesta pure afferma: Sì! «Venga il Tuo Regno». Desidero tanto che il Suo Regno venga nella vita di quest'anima. Per questa ragione posso pregare fiduciosamente che essa sarà salvata.
Consideriamo un altro genere di supplica.
Se io o un'altra persona siamo colpiti da una malattia grave, è permesso pregare per la guarigione?
Le opinioni su questo soggetto vanno da un estremo all'altro.
Cerchiamo la risposta nel «Padre nostro».
Cosa ci dice la prima richiesta? «Sia santificato il Tuo Nome».
Dio in ogni caso può glorificarsi sia per mezzo di una malattia sia tramite una guarigione. La seconda richiesta non ci offre una risposta chiara, mentre la terza dichiara con fermezza: «Sia fatta la Tua Volontà !». In altre parole: affidi la tua malattia o il malato/la malata con fede nelle mani di Dio, Egli non sbaglia mai. Quando si fa la Sua volontà, coopererà al nostro bene.
Qualcuno ha detto una volta: «Sul letto di malattia si rivela che la fede di certuni non era del tipo che smuove montagne, ma piuttosto una forma d'egoismo». Per questa ragione né prescrivo a Dio cosa deve fare, né lo sfido.
«Signore, ti prego, scegli Tu !» Questo è il modo di pregare conforme al senso del «Padre nostro».
L'appellativo: «Padre nostro nei cieli»
Riflettiamo ora un po' sull'appellativo e indaghiamo sul suo significato.
Cominciamo considerando i singoli elementi e per prima l'appellativo «Padre».
- Padre
Ci siamo talmente abituati alla parola «Padre» che non apprezziamo più il privilegio di poter chiamare il Dio grande ed onnipotente «Padre». Nessun pagano avrebbe mai pensato di invocare il suo idolo chiamandolo «padre». Nessun musulmano oserebbe chiamare Allah «padre». Neanche gli ebrei osavano farlo. Ciò non sorprende perché nessun essere umano ha il diritto di chiamare Dio «padre». In ogni caso, solo Dio stesso può permetterlo. E proprio questo Egli ha fatto !
«Ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto Egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel Suo Nome» (Giovanni 1:12).
Mi rendo conto quanto sia poco popolare una tale affermazione, ma le Sacre Scritture lo insegnano.
Il mondo moderno crede alla paternità universale di Dio e alla fraternità universale di tutti gli uomini, ma ciò non è confermato da nessuna parte nella Bibbia.
È vero che Dio è il Creatore dell'umanità, ma la Bibbia intende tutt'altra cosa quando chiama Dio «Padre». Soltanto chi è stato accolto da Dio in Gesù Cristo, chi è stato adottato da Lui è un vero figlio di Dio.
Dalla nascita siamo «figli dell'ira», «figli del diavolo», «figli del mondo» (Efesini 2:3; 1 Giovanni 3:10; Luca 20:34). Prima di poter diventare figli di Dio dobbiamo essere strappati dal potere delle tenebre e trasferiti nel Suo Regno.
Soltanto se crediamo sinceramente che il Signor Gesù Cristo morì per la nostra personale colpa e che è risorto vittorioso, diventiamo membri della famiglia di Dio. In quel momento vale per noi il seguente verso: «Avete ricevuto lo Spirito di adozione grazie al quale possiamo invocare: "Padre mio, Papà!"» (Romani 8:15).
Se il Signor Gesù inizia la preghiera con «Padre nostro», allora sostengo che questa è una preghiera designata per i cristiani, e specificamente soltanto per veri cristiani.
Certo che anche tu puoi recitare il «Padre nostro» senza riflettere. Ma ti rendi veramente conto di che cosa stai dicendo?
Credi proprio che Egli è tuo Padre?
Lo senti nel tuo cuore?
La vera prova della fede si manifesta in un uomo quando è capace di dire con consapevolezza e convinzione «mio Dio e mio Padre». Dio è il tuo Dio?
Lo conosci veramente quale tuo Padre?
Quando ti rivolgi in preghiera a Lui, sei certo che ti avvicini a tuo Padre?
Secondo il Signore è questo il punto di partenza. Dobbiamo essere certi che siamo diventati figli di Dio grazie all'opera che Dio ha compiuto per mezzo del Suo Figlio Gesù Cristo.
- Padre nei cieli
Ora esamino l'appendice che segue all'appellativo «Padre nostro», cioè «che sei nei cieli».
C'è una buona ragione perché queste due definizioni siano del tutto complementari.
Nei nostri tempi il concetto della paternità è spesso distorto. Per questa ragione è necessario che rettifichiamo le nostre idee.
Ci sono purtroppo molti per cui l'espressione «padre» suscita tutt'altro che la visione dell'amore. Prendiamo l'esempio di un bambino che ha il padre bevitore. Quest'ultimo non fa soltanto la figura di un miserabile, ma forse batte pure la moglie. Anche il povero ragazzino forse non ha conosciuto altro che botte, rimproveri e sofferenze. Ma se da ragazzo giunge alla fede, quale immagine si presenta ai suoi occhi, quando sente che Dio è suo Padre? Senza chiare spiegazioni avrà difficoltà ad immaginarsi qualcosa di buono. Per forza lui avrà un concetto del tutto sbagliato della paternità. Lo stesso vale anche per noi.
In questo mondo pieno di peccato, l'immagine del padre è infettata da parecchie distorsioni. Per questa ragione è necessario che le nostre idee sulla paternità siano continuamente raddrizzate.
Il nostro Signore, Gesù, afferma: «Padre nostro che sei nei cieli».
L'appendice «nei cieli» non è l'indirizzo postale di Dio.
Gesù non voleva in primo luogo localizzare l'abitazione di Dio, ma rilevare che Dio è un Padre soprannaturale, la cui paternità è di qualità infinitamente superiore a quella umana.
Avete mai notato che Paolo utilizza una locuzione sorprendente? Egli parla di Dio come «il Padre del nostro Signor Gesù Cristo» (Romani 15:6).
In altre parole, Paolo fa capire che una Persona così meravigliosa come Gesù Cristo, nostro Signore, deve avere un Padre altrettanto meraviglioso. E, grazie a Dio, è proprio così: Dio Padre è tale e quale al Signore nostro, Gesù Cristo.
Se dunque preghiamo «Padre nostro nei cieli», esprimiamo con queste parole l'unione di due attributi divini, cioè l'abbondanza del Suo amore e l'ampiezza della Sua potenza. Egli possiede l'amore in abbondanza ed è dunque infinitamente superiore a ogni padre terreno. Anche se come padri umani vogliamo bene ai nostri figli, ci capita ogni tanto che perdiamo la pazienza con loro. Per esempio, quando ci molestano con le loro sciocchezze, facciamo presto a rispondere: «Lasciami in pace. Ora non ho tempo !» Ma il nostro Padre che è nei cieli reagisce anche Lui in questo modo? No, Egli si cura anche delle nostre sciocchezze, anche se sono completamente insignificanti per Lui. Egli è sempre disposto a benedirci, a farci del bene e a rallegrarci.
Tale abbondanza d'amore si aggiunge alla Sua ampia potenza. E noto che padri umani ogni tanto devono confessare: «Vorrei tanto esaudire il tuo desiderio, ma non ne ho i mezzi. Mi dispiace non me lo posso permettere». Con Dio questo pericolo non c'è. Il Padre celeste non soltanto vuole aiutarci, ma lo può anche, perché è il Dio onnipotente. Il Suo potere non ha limiti. Non c'è niente che non gli sia possibile. In Lui si fondono l'abbondanza del Suo amore e l'ampiezza della Sua potenza. Non dobbiamo mai dimenticare che nostro Padre è il Dio grande, vivente ed eterno. Non vogliamo mai dimenticare che questo Dio grande e Santo è diventato nostro Padre per mezzo di Gesù Cristo. Possiamo avvicinarci a Lui e presentargli le nostre richieste come lo fanno i bimbi con i loro padri affettuosi.
- Padre nostro nei cieli
Infine vogliamo considerare per ultimo la parola «nostro».
Importantissimo riconoscere che siamo tutti figli dello stesso Padre che è nei cieli perché siamo partecipi della medesima misericordia e della medesima grazia immeritata.
Molti cristiani non hanno ancora capito che cosa vuoi dire «nostro».
Significa che abbiamo bisogno uno dell'altro, che dipendiamo l'uno dall'altro e che ci apparteniamo.
Con l'espressione «Padre nostro» Gesù ci ha impiantati nella chiesa universale di Dio affinché diventiamo responsabili gli uni verso gli altri. Lo mostriamo in modo particolare nella preghiera ricordando e impegnandoci per la chiesa mondiale e per le missioni.
Con la parola «nostro» combattiamo l'egoismo e la segregazione settaria.
Apparteniamo alla chiesa universale di Gesù Cristo e per questa ragione è necessario e benefico imparare a includere sempre gli altri.
Non dobbiamo mai dimenticare che Gesù ci ha insegnato l'appellativo «Padre nostro» perché, quale figli di Dio, siamo membri di una stessa famiglia, nella gioia e nella sofferenza, per ora e sempre.
E siamo beati se lo riconosciamo!
- La fine
Sono così giunto alla fine delle mie esposizioni.
Abbiamo imparato diverse cose sulla preghiera, che ora sarà bene mettere in pratica.
Avviciniamoci allora, sia individualmente che insieme ai fratelli, alla presenza di Dio, che possiamo chiamare «Padre nostro che sei nei cieli» per merito di Gesù Cristo.
Udo H. Schmidt
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