Dio creò l’uomo per avere comunione con la Sua creatura: Lui stesso camminava nel giardino sul far della sera per incontrare Adamo.
Purtroppo il peccato ha rotto il filo diretto fra Dio e l’uomo non consentendo più la presenza del Santo, dell’Altissimo dinnanzi all’abominio della trasgressione.
La cacciata di Adamo e di Eva dal giardino d’Eden fu l’inevitabile conseguenza del loro sconsiderato gesto di disubbidienza (Genesi 3:24).
Caino, macchiato d’omicidio, disse: "Tu oggi mi cacci da questo suolo e io starò nascosto e lontano dalla Tua presenza, sarò vagabondo e fuggiasco per la terra…” (Genesi 4:14).
Caino stesso si allontanò dalla presenza di Dio; ci aiuti il Signore a non allontanarci mai dalla Sua presenza!
Come la cerva… così l’anima mia…
“Come la cerva anela i corsi d’acqua, così l’anima mia anela a Te, o Dio” (v.1)
Avvicinarsi, accostarsi al Signore è frutto di un personale atto volontario, una precisa presa di posizione: “l’anima mia anela a Te, o Dio” (v.1).
Molti sono stati gli uomini che hanno ricercato la presenza del Signore, sentendone il pieno bisogno: Abramo, nell’attesa del compimento delle Sue promesse; Mosé, con il quale Dio parlava faccia a faccia; Davide, l’uomo dal cuore secondo il cuore di Dio, hanno tutti ricercato, desiderandola, la presenza del Signore, manifestandone un vero bisogno in ogni momento della loro vita.
La cerva agogna, anela, non semplicemente desidera!
Anelare, agognare la presenza di Dio significa desiderarne ardentemente l’intervento nella propria vita, in pieno e totale arrendimento, seguendo l’esempio di Gesù che “postosi in ginocchio pregava dicendo: Padre, se vuoi allontana da Me questo calice! Però non la Mia volontà, ma la Tua sia fatta” (Luca 22:42).
La cerva brama incontrare un ruscello per rinfrescare il suo corpo, così come la presenza di Dio è in grado di ristorare l’anima nostra; è un bisogno di importanza vitale!
Quanti non hanno sperimentato la presenza del Dio vivente nel loro cuore vivono come dei miopi, dalla vista corta, con la visuale limitata. Ma, quando aprono il loro cuore alla grazia di Dio, è come se indossassero i corretti occhiali che li rendono capaci di visualizzare bene ogni cosa, mettendone bene a fuoco le caratteristiche.
L’atteggiamento di chi si accosta a Dio deve essere responsabile; la cerva non si disseta unicamente a proprio beneficio o per un egoistico bisogno primario, ma anche per produrre quel latte che le permetterà di sfamare i suoi piccini. Allo stesso modo il credente brama dissetarsi nella presenza di Dio non per soddisfare solamente un egoistico bisogno, ma anche per essere di benedizione a quanti potranno condividere con lui il messaggio di “Tutto l’Evangelo”.
Dio vivente
“L’anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente…”
Sentiamo la vicinanza del Signore, del Dio vivente? E se la sentiamo, quanto è forte questa presenza?
Durante il pellegrinaggio del popolo d’Israele nel deserto, Dio volle incontrarlo per dare le Sue leggi.
Sul monte stava Mosè, nella pianura il popolo lo attendeva. Il popolo era vicino alla presenza del Signore, udiva il potente suono che proveniva dal monte, ma non poteva avvicinarsi ulteriormente.
I settanta anziani che con Giosué accompagnarono Mosè fino al monte, ad un certo punto dovettero fermarsi e non poterono proseguire!
Poi Mosè “si alzò con Giosué suo aiutante; Mosè salì sul monte di Dio e disse agli anziani: Aspettateci qui, finché non torneremo da voi. Aaronne e Cur sono con voi, chiunque abbia qualche problema si rivolga a loro” (Esodo 24:13-14).
Ad un certo punto “Mosè salì sul monte e la nuvola ricoprì il monte”.
Solo Mosè giunse nella presenza di Dio, e tornò che “la pelle del suo viso era tutta raggiante” (Esodo 34:29) perché la presenza del Signore trasforma la vita di quanti si accostano a Lui per adoraLo in Spirito e verità ed è la presenza di Dio che illumina: “Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di luce” (Efesini 5:14)!
Quando… comparirò…?
“...quando verrò e comparirò in presenza di Dio?”
Chi ricerca la presenza di Dio lo fa del continuo nella propria vita! A volte gusta questa dolce presenza, altre invece, non sente che Dio è con lui ed esclama: “Signore, dove sei?”
Qualche volta è anche possibile essere distratti da così tante cose che, di fatto, ci si ritrova lontani dalla presenza di Dio, con tutte le conseguenze negative che questa circostanza porta con sé. Davide affermò: “Non respingermi dalla Tua presenza e non togliermi il Tuo Santo Spirito” (Salmo 51:11).
Se questo dovesse accadere, la nostra vita non avrebbe più un vero scopo!
Quello che brama l’anima arresa a Dio è la Sua presenza, e ciò che anela è comparire prima possibile dinnanzi a Lui: quando verrò e comparirò in presenza di Dio?
Un cibo amaro
“Le mie lacrime sono diventate il mio cibo giorno e notte”
È meglio piangere davanti al Signore che senza il Signore!
Chi piange senza il Signore disperde il suo dolore e nessuno lo può veramente consolare nell’intimo del cuore. Ma se piangiamo davanti a Dio potremo dire “Tu conti i passi della mia vita errante; raccogli le mie lacrime nell’otre Tuo; non le registri forse nel Tuo libro?” (Salmo 56:8)Egli non starà a guardare, ma interverrà in nostro favore: “So che Dio è per me” (v.9) e “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Romani 8:31).
Per quanti fanno di Dio il proprio rifugio, la spalla sulla quale spandere tutto il proprio cuore e versare le proprie lacrime, Lui stesso agirà. “...asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate” (Apocalisse 21:4).
A volte al dolore può anche aggiungersi lo scherno perfino delle persone più care (v. 10).
È accaduto nel passato, al tempo di Giobbe quando, amato da Dio, perse ogni avere e, i figli, acquistando lo scherno della moglie. Ma la sua reazione fu quella di colui che aveva preso la consuetudine di vivere nella presenza del Signore: “Si prostrò a terra e adorò dicendo: Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il Nome del Signore” (Giobbe 1:21).
Questo potrà accadere, sarà in questi momenti che il ricordo dei bei momenti trascorsi nella casa di Dio, nella presenza del Signore, sarà motivo di sostegno e non di rimpianto: “Ricordo con profonda commozione il tempo in cui camminavo con la folla verso la casa di Dio...” (Salmo 42:4).
In questi momenti la solidità del rapporto con Dio permetterà di non essere “in ansietà solleciti di cosa alcuna” e di andare “in ogni cosa” a Colui che tutto può.
“Allora mi avvicinerò all’altare di Dio, al Dio della mia gioia e della mia esultanza; e Ti celebrerò con la cetra, o Dio, Dio mio!” (Salmo 43:4).
Solo così la certezza della fede prenderà il posto dell’ansietà del cuore: “Perché ti abbatti, anima mia? Perché ti agiti in me? Spera in Dio, perché io Lo celebrerò ancora; Egli è il mio salvatore e il mio Dio” (v.5) e quella comunione interrotta sarà perfettamente ripristinata!
Tratto da «RISVEGLIO PENTECOSTALE» maggio 2008
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