"Davide disse: «C'è ancora qualcuno della casa di Saul, al quale possa fare del bene per amore di Gionatan?» C'era un servo della casa di Saul, di nome Siba, che fu fatto venire da Davide. Il re gli chiese: «Sei tu Siba?» Egli rispose: «Servo tuo». Il re gli disse: «C'è ancora qualcuno della casa di Saul al quale io possa far del bene per amore di Dio?» Siba rispose al re: «C'è ancora un figlio di Gionatan, storpio dei piedi». Il re gli disse: «Dov'è?» Siba rispose al re: «È a Lodebar in casa di Machir, figlio di Ammiel». Allora il re lo mandò a prendere in casa di Machir, figlio di Ammiel, a Lodebar.
 
E Mefiboset, figlio di Gionatan, figlio di Saul, andò da Davide, si gettò con la faccia a terra e si prostrò davanti a lui. Davide disse: «Mefiboset!» Egli rispose: «Ecco il tuo servo!» Davide gli disse: «Non temere, perché io non mancherò di trattarti con bontà per amore di Gionatan tuo padre, ti restituirò tutte le terre di Saul tuo nonno e tu mangerai sempre alla mia mensa». Mefiboset s'inchinò profondamente e disse: «Che cos'è il tuo servo, perché tu ti degni di guardare un cane morto come sono io?» Allora il re chiamò Siba, servo di Saul e gli disse: «Tutto quello che apparteneva a Saul e a tutta la sua casa io lo do al figlio del tuo signore. Tu dunque, con i tuoi figli e con i tuoi servi, coltiverai per lui le terre e gli porterai il raccolto, perché il figlio del tuo signore abbia pane da mangiare; Mefiboset, figlio del tuo signore, mangerà sempre alla mia mensa». Siba aveva quindici figli e venti servi. Siba disse al re: «Il tuo servo farà tutto quello che il re mio signore ordina al suo servo». Mefiboset mangiò alla mensa di Davide come uno dei figli del re. Mefiboset aveva un figlioletto chiamato Mica; tutti quelli che stavano in casa di Siba erano servi di Mefiboset. Mefiboset abitava a Gerusalemme perché mangiava sempre alla mensa del re. Era zoppo di entrambi i piedi" (2 Samuele 9:1-13).

Nota introduttiva 
Anche se questo capitolo porta il titolo del libro, vale comunque la pena considerarlo, a proposito di Davide, poiché fu lui a pronunciare queste parole, per comprendere come si formò nella sua mente questo progetto e quale è stata in seguito la sua attuazione. 
Bisogna considerare che all'epoca dei fatti, Davide è stato proclamato re su tutto Israele. Il regno si era ormai consolidato nelle sue mani e aveva anche riportato diverse vittorie sugli oppositori del popolo d'Israele, specie sui Filistei, acerrimi nemici di vecchia data. L'iniziativa di Davide, quindi, non aveva di mira l'accaparrarsi la simpatia per acquistare il potere, perché già questo era nelle sue mani. 
Davide come re sulla casa di Giuda, aveva regnato più di sette anni a Ebron; ora che il suo regno si è consolidato ed esteso a tutte le dodici tribù d'Israele, può pensare ad altro, cioè concentrarsi per attuare un piano lasciato in sospeso.

a) Davide vuole fare del bene a qualcuno della casa di Saul

La sua iniziativa, in se stessa, è ammirevole dal punto di vista generale quando parla della sua intenzione di voler fare del bene; acquista però più importanza ancora, quando specifica a chi vuole farlo. 
Siccome Davide non sa se è rimasto in vita qualcuno della casa di Saul a cui possa fare del bene, ne parla a coloro che gli stanno vicino.
Se Davide non avesse parlato, nessuno avrebbe saputo della sua intenzione, e il re stesso non avrebbe conosciuto che c'era ancora in vita un nipote di Saul, che poi era il figlio di Gionatan, a cui avrebbe potuto fare del bene. Siccome Davide, non si limitò solamente a parlare, quando seppe che c'era in vita ancora qualcuno della casa di Saul, non indugiò a farlo chiamare. 
Questo è la prova che Davide voleva veramente fare del bene. 
A questo punto, viene spontaneo chiedersi: perché Davide vuole fare del bene a qualcuno della casa di Saul?

  • Non fu Saul che fece soffrire tanto Davide, nella sua gioventù? Si sa, infatti, dalla Scritturai che Saul addolorò tanto Davide nella sua giovane età. Anche se Davide venne condotto nella casa di Saul, per aiutarlo col suono dell'arpa, a essere calmato quando era turbato dallo spirito cattivo, doveva stare molto attento, perché Saul, nel giro di poco tempo, tentò più di una volta di inchiodarlo alla parete con la sua lancia, senza che Davide gli avesse fatto del male.
  • Non fu Saul a costringere Davide a lasciare sua moglie e la sua casa, per mettersi in salvo dalla furia e dalla sua ira? Nonostante che Davide nel frattempo fosse diventato il genero del re, avendo sposato sua figlia Mical, fu costretto ad abbandonare la propria casa e sua moglie, perché Saul lo voleva uccidere.
  • Non fu Saul ad obbligare Davide ad essere ramingo tra i monti e le grotte, perché lo voleva morto a qualsiasi costo? Si sa che a causa della spietata persecuzione che Saul sferrò contro Davide, quest'ultimo viveva con il palpito al cuore, poiché non era lasciato in pace; di conseguenza, poteva affermare: tra me e la morte non c'è che un passo (1 Samuele 20:3).

b) Perché Davide vuole fare del bene alla casa di Saul

Per il giuramento fatto a Gionatan, in un primo momento e poi in seguito anche a Saul (1 Samuele 20:14-15; 24:22-23).

  • Il giuramento che Davide aveva fatto nel Nome del Signore, valeva molto di più di tutti i mali che Saul gli aveva fatto. Anche se Saul e Gionatan erano morti da qualche tempo a quell'epoca, il giuramento fatto mentre erano in vita, a rigore non valeva più. Ma per Davide che era vivo, ciò era ancora valido. Senza dubbio, Davide ricordava la norma che Dio aveva dato a proposito del giuramento: «Una persona pecca se, udite le parole di giuramento, quale testimone non dichiara ciò che ha visto o ciò che sa. Porterà la propria colpa» (Levitico 5:1). «Questo è l'ordine dato dal SIGNORE: quando uno avrà fatto un voto al SIGNORE o avrà con giuramento assunto un solenne impegno, non verrà meno alla sua parola, ma metterà in pratica tutto quello che ha promesso» (Numeri 30:2). «Io ti dico: "Osserva gli ordini del re"; e questo, a causa del giuramento che hai fatto davanti a Dio» (Ecclesiaste 8:2).
  • Un giuramento fatto nel Nome del Signore, impegna la persona che lo fa, per tutto il tempo della sua vita.

Ecco, il vero motivo per cui Davide voleva fare del bene alla casa di Saul!

c) Davide benefica il figlio di Gionatan

Il figlio di Gionatan, Mefiboset, è colui al quale Davide fa del bene. 
La storia di Mefiboset, nipote di Saul, è interessante, per i tanti particolari che la Scrittura ci fornisce. 
Comincia a raccontarci che all'età di appena cinque anni, trovandosi sotto la custodia di una balia, quando arrivò in città la notizia della morte di Saul e di Gionatan, quest'ultima prese il fanciullo e fuggì; nella fuga precipitosa, il bambino cadde e rimase zoppo. 
Questa menomazione fisica di Mofiboset, non fu transitoria, ma rimase permanente, durò per tutta la sua vita. 
In conseguenza di ciò, Mefiboset andò a finire in casa di un certo Machir che, con grande bontà, si prese cura di lui fino il giorno in cui Davide lo mandò a chiamare presso di sé per comunicargli la sua intenzione di fargli del bene per amore di Gionatan suo padre.

Certamente, Mefiboset non si aspettava di trovare Davide così benigno verso di lui, dato che lui apparteneva alla casa di Saul. 
Probabilmente pensava che Davide l'aveva mandato a chiare per farlo morire, visto che della casa di Saul era rimasto solo lui. Il fatto che quando arriva alla presenza di Davide, si getta con la faccia a terra, si prostra e dichiara di essere il suo servo, non è solamente un segno di rispetto e di sottomissione a Davide, in veste di re d'Israele, ma vuole essere anche una implorazione taciturna atta a commuovere Davide a risparmiargli la vita.

Davide capì subito che nel gesto di Mefiboset, non solo c'era il rispetto che gli veniva tributato, ma intuì che con quel gesto voleva anche implorare la sua pietà, non tanto per la sua menomazione fisica, quanto piuttosto perché apparteneva alla casa di Saul.

Le parole di Davide: non temere, vogliono dire molto di più di una semplice assicurazione in merito a quello che probabilmente pensava; c'era proprio il sentimento di non preoccuparsi, perché l'intenzione di Davide non era quella di vendicarsi, ma di comunicargli il vero motivo per il quale era stato chiamato a corte. 
Non mancherò di trattarti con bontà per amore di Gionatan tuo padre, ti restituirò tutte le terre di Saul tuo nonno e mangerai sempre alla mia mensa.

A questo punto della narrazione, «i critici osservano che quest'ultimo atto è anche un modo di tenere d'occhio l'erede di Saul». Ma come giustamente fa notare il Brueggemann, «l'accento è posto sulla generosità di Davide e la sua volontà di onorare Mefiboset». (1) 
Tenendo presente che il punto saliente dell'azione di Davide, era quello di trattare con bontà il figlio di Gionatan, non tiene conto della sua menomazione fisica, poiché venne trattato come uno dei figli del re, mangiando tutti i giorni alla sua mensa, nonostante fosse zoppo di entrambi i piedi

APPLICAZIONI PER LA VITA PRATICA

1. L'esempio di Davide 
Davide merita di essere imitato per quello che fece, non solo sotto l'aspetto umano, ma soprattutto per la ripercussione che ha nella vita dello spirito, dal punto di vista cristiano. Infatti, se inquadriamo l'azione che compì nei confronti di Mefiboset, troviamo tanta corrispondenza con gli insegnamenti del Nuovo Testamento, che possono maggiormente farci apprezzare quello che Davide fece. 
Inoltre, Davide fece del bene ad una casa che gli aveva fatto tanto male.

Questo significa che non ricambiò male per male, come la casa di Saul meritava dal punto di vista umano, ma fece del bene in cambio del male. 
Inoltre, bisogna mettere in risalto che Davide non si limitò solamente a parlarne, ad esprimere le sue intenzioni e farle note agli altri; passò dalle parole ai fatti. Non ha nessun'importanza, né davanti agli uomini, e, soprattutto davanti a Dio, parlare di fare del bene, quando non segue l'azione che la convalida. Qualcuno ha detto giustamente che, «le nostre azioni parlano più delle nostre parole».

2. L'insegnamento di Gesù 
Oltre l'insegnamento di Davide dobbiamo tener presente quello di Gesù, che precisa: 
«Voi avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico" 
Ma Io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché Egli fa levare il Suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se, infatti, amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Matteo 5:43-48).

La precisazione che Gesù fa, merita di essere sottolineata, per capirne meglio il valore e la portata. 
Facendo riferimento al detto degli antichi, che prevedeva di amare il prossimo e odiare il nemico, Gesù fa notare ai Suoi ascoltatori che le Sue parole sono di gran lunga superiori, perché prevedono di amare i nemici. 
A parte la differenza nella forma linguistica tra il singolare degli antichi «il nemico» e il plurale di Gesù «i nemici», quello che va messo il risalto è di amare i nemici. 
Si sa che l'amore è un sentimento, e, come tale, non può essere conosciuto ed apprezzato se non c'è l'azione visibile. Questa consiste del donare. 
«Dio ha tanto amato il mondo = (umanità), che ha dato il Suo Unigenito Figlio...» (Giovanni 3:16).

Se Dio non avesse dato Suo Figlio, l'umanità non avrebbe mai saputo del Suo amore; sarebbe rimasto segreto nel Suo sentimento; con il dono del Suo Figliuolo, Dio ha voluto dare la dimostrazione del Suo amore.

Hanno lo stesso significato le parole dell'apostolo Giovanni: «Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la Sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l'amore di Dio essere in lui? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità» (1 Giovanni 3:16-18).

Parafrasando le parole di Gesù, guardandole nell'aspetto pratico, amare i nemici, benedire chi maledice, pregare per quelli che maltrattano, significa fare loro del bene.

Solamente con l'azione visibile, il nemico può capire di essere amato da chi ha ricevuto del male.

La motivazione che Gesù adduce, affinché... serve per far conoscere quali sono i figli del Padre che è nei cieli. Questo significa, in altre parole, che i figli di Dio, non sono quelli che odiano, che ricambiano male per male, ma quelli che fanno del bene.

Fare del bene non significa solamente compiere opere caritatevoli, come:

  • fare l'elemosina al mendicante,
  • procurare del cibo a chi non ne ha, 
  • fornire il vestimento a chi ne è sprovvisto;

significa anche mettersi a disposizione di chi si trova in difficoltà, o in qualche problema che non sa come fare per venirne fuori, senza badare se la persona in questione ne è degna.

Per rafforzare maggiormente l'importanza del vero amore in azione, Gesù fa due paragoni:

  1. se amate quelli che vi amano, non fate niente di particolare da meritare un premio, perché i pubblicani si comportano nella stessa maniera, cioè amano quelli che li amano.
  2. se salutate i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno i pagani altrettanto? I pagani sono tutti quelli che non conoscono il vero Dio e non seguono i Suoi insegnamenti.

Siccome i seguaci di Gesù non devono seguire l'esempio dei pubblicani e dei pagani, il Signore addita ai Suoi, il Padre celeste, affinché imparino da Lui ad essere perfetti com'Egli è perfetto, in quanto Egli ama chi non merita e fa del bene a chi lo bestemmia e lo oltraggia.

3. L'insegnamento dell'apostolo Paolo 
Al pari delle parole di Gesù, vanno ricordate, anche le parole dell'apostolo Paolo: «Abbiate tra voi un medesimo sentimento. Non aspirate alle cose alte, ma lasciatevi attrarre dalle umili. Non vi stimate saggi da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini. Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini. Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all'ira di Dio; poiché sta scritto: "A Me la vendetta; Io darò la retribuzione", dice il Signore. Anzi, "se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché,facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo". Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Romani 12:16-21).

In quest'esortazione dell'apostolo, c'è una parola che particolarmente merita di essere sottolineata "impegnatevi".

In qualsiasi settore della vita associata l'applichiamo, impegnarsi significa fare del tutto perché una promessa sia mantenuta, un dovere sia rispettato, un progetto sia realizzato.

Se non c'è impegno, non sarà possibile superare certi ostacoli che facilmente si presenteranno davanti a una buona iniziativa e portarla a buon fine. Con l'impegno, però, si riuscirà facilmente a superarli, specie quando sembrano insormontabili.

Infine, l'affermazione di Paolo, di non essere vinti dal male ma vincerlo col bene, va messa in pratica per vedere tutta l'efficacia che essa ha sul piano della vita pratica.

Davanti ad un così chiaro insegnamento, non c'è da andare in giro per cercarne uno migliore. Quello che Gesù ha detto e quanto l'apostolo Paolo ha presentato alla cristianità in genere, è più che sufficiente, per manifestare il vero amore verso chiunque, facendo del bene per amore di qualcuno.

Per Davide era per amore di Gionatan, per noi cristiani è per amore di Gesù Cristo, Colui che per il primo andava dappertutto facendo del bene (Atti 10:38) al quale va tutto l'onore e la gloria. 
Amen! 

1. Cfr. Walter Brueggemann, 1 e 2 Samuele, pag. 280; cfr, anche Hans Wilhelm Hertzberg, I libri di Samuele, pag, 380; M. Henry, Commentario Biblico, Vol. 3, pag. 604.

Domenico Barbera

Tutte le citazioni bibliche sono tratte (salvo diversa indicazione) dalla versione "Nuova Riveduta".

Tratto, e liberamente adattato, dal libro «FARE DEL BENE PER AMORE DI QUALCUNO» ed. Cristian Vision Literature e distribuito in Italia da C.L.C. www.clcitaly.com

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