Bonhoeffer Felicità e infelicità (Glück und Unglück) una delle sue dieci poesie, scritte nella prigione nazista e nell’ultimo anno della sua breve vita. Questa poesia potrebbe essere la seconda che scrisse, in ordine cronologico; di certo viene dopo quella intitolata Passato. E in questa sua prima composizione, il tema di Bonhoeffer è appunto il passato, che nella sua condizione di prigioniero, con pochissime possibilità di salvarsi, gli viene sottratto; o meglio, il tema è la vita passata, pienamente vissuta, se non addirittura felice, che ora gli è stata sequestrata, espropriata. Quella vita passata che ritorna con i volti e le parole delle persone care – i genitori, la giovane fidanzata, il suo amico fraterno e interlocutore teologico Eberhard Bethge, che aveva sposato una sua nipote; torna nelle brevi e rare visite che sono loro concesse e negli scambi epistolari. Il problema di Bonhoeffer non è solo quello che avrebbe afflitto ogni uomo nella sua situazione – come vivere questa devastazione della propria esistenza, come sopportarla – ma è il problema dell’uomo Bonhoeffer che è inseparabile dal credente e dal teologo: come interpretare e come vivere teologicamente la sua tragica condizione, ossia come viverla in relazione con Dio. Che parte aveva avuto il Signore nella vita pienamente vissuta fino al giorno dell’arresto e che parte aveva ora nella sua esistenza di carcerato, forse prossimo alla morte? Ecco la poesia che non ci fornisce la risposta ma interessanti spunti di riflessione.
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