Che cos’è la felicità, e che cos’è l’infelicità?
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Caro Eberhard, questo tuo compleanno sarà caratterizzato solo dalle lettere: è la prima volta che ti capita. In questi giorni varie lettere viaggeranno verso di te lungo molte strade, e speriamo che possano raggiungerti per tempo, o quasi; tu stesso forse, durante qualche momento di tranquillità, quel giorno scriverai a casa. Epistula non erubescit – dunque talvolta si apprendono più cose attraverso le lettere di quante non ce ne diciamo nel corso di un normale incontro in occasione di un compleanno. Dalle lettere che riceverai saprai così quante persone ti vedono di buon occhio, partecipano alle vicende della tua vita, e ti sono legate. Non c’è praticamente sensazione che renda più felice dell’intuire che si è qualcosa per altre persone. In questo, ciò che conta non è il numero, ma l’intensità. Alla fine, le relazioni interpersonali sono senz’altro la cosa più importante della vita. Nemmeno il moderno “uomo della prestazione” può modificare questo fatto, e neppure i semidei o i folli che nulla sanno delle relazioni interpersonali.
L’esperienza del male e della sofferenza diventa in Bonhoeffer una sorta di “luogo teologico”, dove Dio ci fa sapere che nessuno può strapparci dalle sue mani: «[…] non solo l’azione, ma anche la sofferenza è una via verso la libertà. La liberazione nella sofferenza consiste in questo, che all’uomo è possibile rinunciare totalmente a tenere la propria causa nelle proprie mani, e riporla in quelle di Dio.
In questo senso la morte è il coronamento della libertà umana» [61].
Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione,
piangono per aiuto, chiedono felicità e pane,
salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.
Così fanno tutti, tutti, cristiani e pagani.
Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione,
lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane,
lo vedono consunto da peccati, debolezza e morte.
I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza.
Dio va a tutti gli uomini nella loro tribolazione,
sazia il corpo e l'anima del suo pane,
muore in croce per cristiani e pagani
e a questi e a quelli perdona.
L'Uomo ha imparato, e continua in questo esercizio, a bastare a se stesso. In tante questioni l'ausilio dell'ipotesi di lavoro "Dio", non risponde più alle innumerevoli domande che egli si è posto nel corso della sua esistenza.
In ogni ambito scientifico, culturale, etico, Dio è lentamente "sparito". Tale processo è così avanzato che anche in ambito religioso questo pare paradossalmente essere avvenuto. Si tratta di un ateismo di fatto.
Che non sia proprio questo il profetico ammonimento che Gesù rivolge alla chiesa in Apocalisse 3:20: "io sono alla porta è busso"?
Spesso il modo più energico per combattere i nostri pensieri malvagi è il vietar loro in assoluto di prender la parola.
[Tegel] 2 giugno [1944]
Caro Hans-Walter, ho saputo da Eberhard della tua inattesa licenza; ne sono molto felice, per te e per voi tutti, che possiate trascorrere una settimana insieme come gli anni scorsi. Ci sono ancora, insomma, delle liete sorprese! È davvero un bel pensiero da parte tua quello di farmi visita, nonostante il poco tempo che hai! Anch’io sarei naturalmente molto felice di vederti.
PASSATO Poesia
Tu vai, amata felicità, e dolore duramente amato.
Che nome ti darò? Tribolazione, vita, beatitudine, parte di me stesso, mio cuore – passato?
Da sola si chiude la porta,
odo i tuoi passi allontanarsi lentamente e svanire.
Che mi resta? Gioia, tormento, desiderio?
Questo soltanto so: tu vai – e tutto è passato.
Senti tu come ora io tenda la mano verso di te,
A Eberhard Bethge [Tegel] 29 maggio 1944
Caro Eberhard, spero che tu possa gustare appieno nonostante gli allarmi la tranquillità e la bellezza di questi caldi giorni preestivi di Pentecoste. In realtà, un po’ alla volta si impara ad assumere interiormente una posizione distaccata nei confronti degli affanni della vita; cioè, “assumere una posizione distaccata” ha in effetti un suono troppo negativo, troppo formale, troppo artificioso, troppo stoico.
È senz’altro meglio dire: questi affanni quotidiani li accogliamo nel contesto della vita nel suo complesso. Qui osservo continuamente come siano pochi gli uomini capaci di albergare in se stessi molte cose contemporaneamente. Quando arrivano gli aeroplani, sono solo paura; quando c’è qualcosa di buono da mangiare, sono solo avidità; quando un loro desiderio non si realizza, sono solo disperati; quando qualcosa gli riesce, non sono più capaci di vedere nient’altro.
Interessante riflessione sulla necessità di "mondanizzare" Dio, oppure "declerizzarlo" in un mondo non più religioso, o spesso solo per quanto riguarda la facciata, o gli estremismi, vuoti anch'essi se non di fanatismo.
Sono appunti presi dalle lettere in carcere, datate 1944, Bonhoeffer non potrà concludere in futuro questo sviluppo di pensiero.
E, seppur solo a tratti condivisibile, o quantomeno difficilmente afferrabile, apre lo spunto ad altre riflessioni ed applicazioni possibili.
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