Chi perdona confonde gli equilibri della terra in cui vive.
Anzi, se perdonare qualcuno non confonde l'universo stesso, non lo si può chiamare veramente perdono.
Purtroppo quello che si offre di solito non è perdono. Assomiglia piuttosto ad una marmellata insipida di buonismo. È l'ennesima forma di codardia immorale e prevedibile che spesso vive del ricatto dei propri sensi di colpa. O peggio, spesso è un'imposizione religiosa che aggiunge al torto subito anche un'ingiuria crudele.
Il perdono dovrebbe invece sorprendere lo squatter, sconvolgere il nemico, far rinsavire il beffardo. Perché quello vero stupisce gli angeli, ma svilisce gli spiriti del male.
Il perdono non dimentica mai, perché è la fibra delle storie più belle. È reso facile perché rimanda la vendetta perfetta a un'autorità più alta.
Secondo te, chi di queste tre persone ha capito il perdono?
- Una vecchina che rimane in fila all'ufficio postale, richiamando alla pazienza un giovane che sbuffa per quanto sono lenti gli impiegati?
- La giovane mamma che, durante il pranzo della domenica, si sforza a dimenticare che la persona che sta a capotavola l'ha abusata quando era bambina?
- La zia che fa entrare dal giardino la nipote per farla giocare con la cuginetta, ma insiste che si tolga alla porta le scarpe sporche di terra?
Nella prima scena c'è solo debolezza mescolata a odore di naftalina.
Nella seconda, c'è un dramma irrisolto, tenuto nascosto ad un gruppo in cui tutti fanno finta di star bene.
Nella terza scena vedo il calore di un legame che ha cura di superare una mancanza del passato. La scena delle bambine che giocano sotto l'occhio vigile della zia offre una fotografia del perdono che non dimentica.
È un'illustrazione su come Dio attiva la sua grazia verso gli uomini.
Come nel caso della terra portata per sbaglio nella camera dei giochi il giorno prima, il perdono succede solo quando si manifesta un torto. Certo, ci sono torti peggiori dello sporcare il pavimento, ma scoprire qualsiasi violazione provoca dolore.
Il perdono affronta a viso scoperto l'impatto del male. Non trascura o minimizza il danno provocato da chi ha sbagliato. Senza una denuncia, il perdono è solo una fuga dalla realtà.
Dio, infatti, definisce il problema dell'uomo come peccato. Senza minimizzarlo,
Dio insiste sulla gravità del male, anche se l'uomo si mostra spesso distratto come la bambina sbadata, presa dal pensiero del gioco.
Il perdono è poi fatto di un confronto chiaro tra chi ha subìto un torto e chi lo ha causato. La zia dice: "No, mi dispiace, con le scarpe sporche non entri. Se dovete giocare sul pavimento, lo si deve tenere pulito!"
Il perdono vero si svolge di fronte ad un colpevole il cui misfatto è chiaro e le conseguenze del male sono ovvie. Un torto causa sempre un distacco, il perdono affronta a viso scoperto la realtà di una rottura da risanare.
Dio non trascura un confronto con chi gli ha fatto del male. Anzi, ci dice che il divario è assolutamente incolmabile, e che siamo spacciati rispetto ad un rapporto reale con Lui.
Il vero perdono solleva poi un'altra questione, forse la più importante.
Si occupa di come promuovere un giusto e completo risarcimento.
Detto così sembra strano. Ma ogni violazione provoca un debito, e
propone le responsabilità innegabili del debitore.
Se, con una sigaretta, faccio un buco nella tela della Monna Lisa al Louvre di Parigi, provoco un danno indicibile contro il museo e l'intero mondo dell'arte.
È così anche per chi viola l'innocenza di una bambina, toglie del denaro al vicino, o corrode la reputazione di un amico con una bugia.
Egli aggredisce sia la bellezza del prossimo che quella di tutto il Creato. Ma chi può restituire un ammanco di questo tipo, e poi cancellare il ricordo di una ferita nella memoria di una persona e nella storia dell'uomo?
Chi perdona, lavora in modo che il colpevole si confronti con il debito incorso, con la parte che si può saldare e quella che non può essere risarcita. E l'ingiustizia insita in qualsiasi ammanco ci dovrebbe fare impazzire.
Gesù diceva: "Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia,
perché essi saranno saziati" (Matteo 5:6). Non cercare soddisfazione dell'offesa ricevuta rivela poco coraggio. L'agonia di un torto rimasto "scoperto" produce un trauma che qualcuno deve pur affrontare.
Dio ha fatto ricadere su suo Figlio i debiti di chi lo invoca. Lui porterà i suoi figli in un Paradiso che cancellerà tutte le lacrime. E stritolerà, con gusto, Satana che ha terrorizzato il Creato dall'inizio.
Sarà guerra aperta contro chi non ha pagato il suo debito.
In tutto questo non c'è niente di banale. Infatti siamo chiamati a perdonare gli altri come Dio ci ha perdonato. Al bando sanatorie e colpi di spugna codardi! Dio, quando perdona, infonde stupore in chi è invitato a far parte del suo progetto.
E le bambine possono giocare felici e scalze.
Daniele STANDRIDGE
Da: Punti Fermi
Rivista trimestrale di informazione cultura evangelica
Anno II n. 2 - Aprile Giugno 2001
- Accedi per commentare
- 732 viste