Voi dunque pregate cosi:
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;
Venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra com 'è
fatta nel cielo.
Dacci oggi il nostro pane cotidiano;
E rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai
nostri debitori;
E non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno, poiché a
te appartengono il regno, la potenza e la gloria, in sempiterno!
Amen.
1 - Non recitare ma pregare
Un giorno erano sul ponte di una barca nel bel mezzo del mare in tempesta. Lo udirono mentre diceva tranquillamente, ma con autorità: "Taci! Calmati!" e con loro sorpresa videro che vento e onde obbedivano alla Sua voce. Furono testimoni mentre Lui parlava ad uno
che da anni era paralizzato: questi si alzò e si mise a camminare.
Raccolsero dodici ceste di avanzi dopo che una folla di 5000 persone era stata sfamata, eppure all'inizio Lui aveva a disposizione solo la merenda di un ragazzo: cinque panini e due pescétti. Videro ciechi, epilettici, perfino degli schizofrenici guarire con una semplice parola uscita dalle Sue labbra. Videro le espressioni di colpevolezza sparire dal volto di coloro cui Lui perdonava. Lo ascoltarono mentre parlava come nessun altro aveva mai fatto prima. Sperimentarono l'attrazione. esercitata dalla Sua vita.
Ma la loro sorpresa e meraviglia mutò in timorosa responsabilità mentre diceva loro: "Come il Padre mi ha mandato, così anch'io mando voi". Non potevano certamente aspettarsi di compiere gli stessi Suoi miracoli, sarebbe stato chiedere troppo. Ma mentre Lui diceva: "Ve lo assicuro: chi ha fede in me farà ch'egli le opere che faccio io, e ne farà di maggiori, perchè io ritorno al Padre" (Giovanni 14: 12, Tilc), furono presi da un timoroso e allo stesso tempo ispirato senso di possibilità.
Avrebbero dawero potuto avere un simile potere? Lui t'aveva detto, perciò doveva essere così. Ma come? Avrebbe insegnato loro i Suoi segreti? Un giorno un pensiero che forse poteva essere la risposta a questi interrogativi li folgorò: c'era una chiave d'oro che permetteva di aprire la porta della potenza di Dio. Pieni di desiderio chiesero: "Signore, insegnaci a pregare" (Luca 11:1). Imparare apregare, ecco il segreto, l'unico, che dovevano conoscere.
Per tutta risposta Gesù suggerì loro una preghiera (Matteo 6:9-13). Può essere detta in appena 15, massimo 20 secondi. Perfino una grande congregazione per ripeterla lentamente non impiega più di mezzo minuto: solo trenta secondi. Eppure Gesù era capace di passare una mezza nottata a pregare con qu'èlte parole. Oggi ci sono almeno 500 milioni di persone che recitano questa preghiera, ma molto pochi hanno imparato a pregare con quelle parole. La potenza non sta nel recitare la preghiera, ma nel pregare con quelle parole.
Pregare non è pronunziare, ripetere parole. Le parole sono semplicemente la struttura nella quale si forma il tempio del pensiero. La potenza della preghiera insegnata da Gesù non sta nelle parole in sè ma piuttosto nel considerare quelle parole come il modello nel quale
la nostra mente viene modellata. La Bibbia ci dice: "Lasciatevi trasformare da Dio con un completo mutamento della vostra mente" (Romani 12:2, Tilc). Quando i nostri pensieri cominciano a fluire nei canali del "Padre nostro" (la preghiera del Signore), la nostra mente muta, si rinnova e noi siamo trasformati.
Nella stessa maniera in cui pensiamo i pensieri di Cristo, sperimentiamo la potenza di Cristo. Ricordiamoci del misero fallimento
del re nel!' Amleto di Shakespeare quando voleva pregare. Per spiegarsi dice:
Le mie parole volano alte, ma
I miei pensieri rimangono in basso;
Parole senza pensiero
Mai raggiungono il cielo!
E' proprio così I Anche noi falliamo quando le nostre preghiere
sono "parole senza pensiero".
2 - Padre nostro che sei nei cieli
Gesù ci dice di rivolgerci in preghiera al "Padre nostro che" è "nei cieli". Se avessimo solo queste parole, avremmo già la preghiera di Gesù. Le altre 60 parole che ha aggiunto sono a mo' di spiegazione. Imparate a pregare realmente questa prima frase, e non avrete bisogno di andare avanti.
La parola "padre" è una definizione di Dio. Per noi è una definizione imperfetta, perché come padri siamo imperfetti. Un pastore che lavorava tra i ragazzi dei bassifondi diceva che non poteva riferirsi a Dio come ad un padre. Quando quei ragazzi pensavano ad un padre, immaginavano un uomo quasi sempre ubriaco che picchiava la loro madre. Noi tutti mettiamo in questa parola le imperfezioni dei nostri padri.
Così Gesù non potè usare solo la parola "Padre". Dovette aggiungere
"che sei nei cieli". Questa frase non sta lì per localizzare Dio o per dirci dove Dio abiti. Attraverso il tempo ci siamo fatti l'idea che il cielo è un luogo remoto. In uno dei nostri inni, "Sopra un colle lontano", noi cantiamo: "Ed un giorno dal cielo una voce chiamar udirò: Sali in gloria al Signori" E' un concetto sbagliato, non conforme agli insegnamenti di Gesù. Non è necessario salire in nessun posto, Dio è vicino come l'aria che si respira.
Il "che sei nei cieli" è piuttosto una descrizione di Dio. Cielo è sinonimo di perfezione. Gesù avrebbe potuto dire: "Padre nostro perfetto" e sarebbe stata la stessa cosa. Pensando alla parola "padre" il pensiero corre subito non alla facile indulgenza, ma all'autorità. Nello stesso atto di riconoscere un padre, ci si fa figli. E il padre ha il diritto di dare ordini ai suoi figli. E' per questo che sottomettiamo la nostra volontà alla Sua volontà. Non quello che vogliamo, ma quello che Lui vuole diventa il pensiero che ci controlla. Riconosciamo che Dio ha stabilito un codice morale. L'uomo non ha creato le proprie leggi, ha semplicemente scoperto le leggi di Dio. Obbedendo a queste leggi sperimentiamo, come dice Dante, che "in sua volontade è nostra pace".
D'altra parte, il non riconoscere la sovranità di Dio porta al fallimento di tutta la vita. L'antico siggillo di una delle chiese valdesi reca incisa un'incudine con alcuni martelli rotti e il motto: "Insistete pure, mani ostili! I vostri martelli si spezzano, l'incudine di Dio resiste".
Così, finché potete dire "Padre", non avete bisogno di provare a dire altro. Il significato della parola "padre" è qualcosa di più di governatore o legislatore o giudice. Padre significa una legge d'amore, mette la misericordia al centro d'ogni giudizio, e siccome l'amore genera amore, la nostra risposta a Dio si fonda non sulla paura ma su un rapporto di vera figliolanza. L'apostolo Paolo diceva bene: "Voi non avete ricevuto in dono uno spirito che vi rende schiavi o vi fa di nuovo vivere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di Dio che vi fa diventare figli di Dio e vi permette di gridare Ab?à, che vuol dire Padre, quando vi rivolgete a Dio" (Romani 8:15, Tifc).
"Padre celeste" (o "Padre che sei nei cieli") significa non solo autorità
e amore, ma anche santità. Una volta Isaia, mentre entrava nel tempio, udì i serafini cantare: "Santo, santo, santo è l'Eterno degli eserciti". Quando vide l'immacolata purezza di Dio, sentì il peso della sua colpevolezza fino al punto di gridare: "Ahi, lasso me, ch'io son perduto! Poiché io sono un uomo dalle labbra impure ... " e si prostrò davanti a Dio con sentimenti di pentimento e consacrazione (Isaia 6:5).
Perchè chiudiamo gli occhi quando preghiamo? Forse per separarci dal mondo in modo da concentrare la nostra attenzione su Dio. La preghiera vera, però, apre i nostri occhi. Un grande indù disse: "Perché siete così desiderosi di vedere Dio ad occhi chiusi? Guardatelo ad occhi aperti: nel povero, nell'affamato, nell'analfabeta, nell'afflitto".
Pregare "Padre" vuol dire riconoscere la nostra figliolanza, ma vuol dire anche riconoscere il nostro rapporto di fratellanza. Recentemente è venuto a trovarmi un giovane. Aveva passato due anni in carcere. Qualche volta non ci rendiamo conto della benedizione che rappresenta l'avere rapporti con altri, il vivere in una società, finchè non ne veniamo separati. Quel giovane mi disse: "Non voglio molto dalla vita, voglio soltanto ritrovare il senso di appartenere alla società". "Appartenere" era tutto quel che voleva. Pregare "Padre nostro" vuol dire rimuovere tutti i confini e le barriere ed essere, ognuno di noi, un figlio di Dio.
In questa prima parte della preghiera del Signore è riassunta la vita cristiana. La parola "Padre" esprime la nostra fede. Non vuol soltanto dire che crediamo in un Dio, ma con quelle parole Lo definiamo. "In cielo" include tutte le nostre speranze. Vuol dire perfezione. La parola "cielo" significa la qualità di vita per la quale i cristiani sinceri lottano. "Siate perfetti," diceva Gesù, "com'è perfetto il Padre vostro" che è nei cieli (Matteo 5:48).
L'uomo non è mai soddisfatto di se stesso. Lotta sempre per andare avanti e salire più in alto. Può sopportare i fallimenti del passato e del presente, perchè spera di far meglio domani. Mentre il famoso scultore William W. Story era al lavoro, un amico che lo stava osservando
gli chiese:
"Per quale delle tue sculture hai più cura?"
Al che lo scultore rispose:
"La scultura per la quale ho più cura è quella che scolpirò prossimamente".
La parola "nostro" significa un amore che include tutti. Senza quell'aggettivo la preghiera diventa futile. Non esiste una religione solitaria, perchè se non diciamo "fratello", non possiamo neppure dire "Padre". Ernest Crosby, nella sua poesia "The Search" (La ricerca),
dice:
Nessuno può dirmi dov'è l'anima mia;
Ho cercato Dio, ma Lui mi sfugge;
Ho cercato mio fratello:
Ho trovato tutti e tre.
Fede, speranza, amore sono tutti inclusi.
Come cambierebbe la mia vita se d.avvero pregassi: "Padre nostro che sei nei cieli". Mi farebbe inginocchiare in qualche Getsemani in completa obbedienza alla Sua volontà. Mi porterebbe a sacrificare la mia vita per servire e cercare di salvare l'uomo che mi sta accanto.
Meglio ancora, porterebbe Dio dentro la mia anima.
Poi, indipendentemente da quanto potrebbe succedermi, con piena fiducia potrei pregare come lo stesso mio Signore pregò: "Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio" (Luca 23:46). Così avrei la certezza di poter lasciare i risultati della mia vita nelle mani di Dio, sapendo che anche dalle apparenti sconfitte della mia vita verrebbe un trionfo glorioso. Che fuori dalla tomba della mia vita uscirebbero resurrezioni e io potrei cantare, insieme con l'apostolo: "O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo? ... Ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo" (1 Corinzi 15:55,57).
E' raro che passi una settimana senza che debba tenere un servizio funebre al cimitero West View di Atlanta. Dieci anni fa vi seppellimmo mio padre e, prima di andarmene, vado vicino alla sua tomba e mi fermo muto a pensare a lui. Mi sento sollevato. Penso a quanto fu buono con me, come dette ai suoi figli, in senso materiale, tutto quel che aveva: non solo cibo, abiti e altre cose necessarie per la vita, ma anche palline e racchette e le altre cose con le quali i ragazzi giocano.
Era felice nel farci felici. Mi torna in rtiente come ogni sera pregava per noi individualmente. Nella mia mente è registrata la sua voce mentre prega: "Signore, benedici Charles, che possa crescere ed essere un uomo onesto". E continua: "Benedici Stanley ... e John ... e Grace ... e Bianche . ., e Sarah ... e Frances ... " Aveva una preghiera speciale per ciascuno di noi.
Stando in piedi là, davanti alla sua tomba, ripenso alla sua profonda onestà e ai suoi ideali. Ripenso alla sua umiltà. Non era affatto pretenzioso, non cercava molto per se stesso. Generalmente abitavamo accanto alla chiesa dove la gente veniva ogni giorno per cercare aiuto. Penso a come faceva sempre parte ad altri di quello che aveva, non mandava mai via nessuno. Mentre sto là pensando a lui, qualche volta mi dimentico che il tempo passa.
Penso così di comprendere, sia pure in minima parte, qualcosa di quanto voleva dire Gesù quando ci disse di pregare "Padre nostro".
Il nostro Signore andava sovente sui monti da solo a pregare. Spesso vi si fermava tutta la notte. Una volta vi rimase per quaranta giorni dimenticando il tempo, dimenticando perfino di mangiare. Là, dove tutto era tranquillo, pensava a Suo Padre.
Lui ci dice in qual modo pregare: "Padre nostro che sei nei cieli". Non chiediamo qualcosa a Dio, anzi apriamo la strada per l'influsso di Dio in noi. Norman Vincent Peale racconta della sua prima visita al Grand Canyon. Incontrò un uomo che aveva passato lì molto tempo, così chiese che giro avrebbe dovuto fare per vedere quanto più possibile del canyon.
Quel vecchio saggio gli rispose che se davvero voleva vedere il canyon non avrebbe dovuto fare alcun giro. Avrebbe dovuto, invece, alzarsi al mattino prestissimo e sedersi sul bordo ad osservare il mattino trasformarsi in mezzodì e il mezzodì in meriggio con quei colori sempre cangianti risplendere attraverso il grande canyon: Andare poi a mangiare velocemente e tornare ad osservare il purpureo crepuscolo arrivare sul vasto abisso. Il vecchio disse che se uno va in giro si stanca e perde la bellezza e la grandezza del tutto.
E' proprio questo quel che diceva di Dio il profeta antico molto tempo fa: "Quelli che sperano nell'Eterno acquistan nuove forze" (Isaia 40:31 ). Che significa "sperare nell'Eterno"? Significa pensare a Dio, anche se "pensare" non è proprio il termine migliore. Meditare esprime meglio il concetto, contemplare ancora di più, oppure, come disse il salmista, "fermatevi ... e riconoscete che io sono Dio" (Salmo 46:10).
H. C. Wells disse: "Finché l'uomo non trova Dio, non trova il bandolo della matassa e la sua attività è senza scopo". Cosi per essere pronti a pregare, la mente deve essere prima permeata da pensieri di Dio. Per molti anni ho osservato centinaia di persone inginocchiarsi in preghiera attorno al pulpito alla fine del culto della domenica sera.
Molti mi hanno parlato degli straordinari risultati di quelle preghiere.
La ragione per la quale quelle preghiere sono particolarmente significative per molti, è perché essi pregano alla fine del culto. Per un'ora, o più, l'edificio ha ricordato loro la persona di Dio. Gli inni, la lettura della Bibbia, il sermone, la presenza di altra gente che adora, tutto ha cooperato a rendere reale la presenza di Dio. Quando uno s'inginocchia per pregare, la sua mente è già nella giusta condizione, è già rivolta a Dio. Cosi la sua preghiera è naturale e reale. Le sue parole e i I suo pensiero concordano.
"Padre nostro che sei nei cieli": quando queste parole diventano reali per noi, ci tranquillizziamo e siamo pieni di fiducia. Proprio com'è espresso in questa poesiola:
Disse il pettirosso al passero:
"Vorrei proprio sapere
Perchè questi uomini ansiosi
Corrono e si preoccupano cosi".
Rispose il passero al pettirosso:
"Amico, credo sia perchè
Non hanno un Padre Celeste
Come quello che cura te e me".
Elizabeth Cheney
3 - Sia santificato il tuo nome
Gesù c'insegna che ci sono sei soggetti di preghiera. Ma prima di passare alle altre cinque richieste, l'uomo deve pregare così: "Sia santificato il tuo nome". Mosè stava pascolando il gregge su un colle quando vide un cespuglio che bruciava senza consumarsi. Dopo un po', incuriosito, andò a vedere che cosa succedeva.
Dio era nel cespuglio pronto a rivelare la Sua volontà per la vita di Mosè, ma mentre si avvicinava questi udi una voce che diceva:
"Togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro" I Esodo 3:5). Questo episodio è significativo: prima che Dio parli all'uomo, l'uomo deve avere un atteggiamento di rispetto e reverenza.
Molti non pensano a pregare che nei momenti di crisi, quando cioè hanno qualche necessità che da soli non possono soddisfare. In questo caso le preghiere si riferiscono solo a noi stessi e a quello che vogliamo che Dio faccia per noi. Questo è il motivo per cui sono poche le persone che veramente pregano con potenza. Gesù dice che dobbiamo avere Dio nella nostra mente. "Santificare" significa avere rispetto e reverenza.
Ma notate, Gesù non dice che dobbiamo santificare il nome di Dio. E' una preghiera, una richiesta che dobbiamo fare, il che significa domandare a Dio di fare qualcosa che non siamo capaci di fare. Cosi chiediamo a Dio di santificare il Suo nome. L'uomo non può far nulla per Dio prima che Dio stesso abbia fatto qualcosa per lui. Supponete che un grande pittore, il più grande di tutti i tempi, dica: "Voglio andare a pitturare il cielo". Ci prenderemmo beffe di lui. Così l'uomo non può santificare il nome di Dio. Se provaste a dipingere il cielo di nero con un pennello intinto di catrame, riuscireste soltanto a sporcarvi col catrame mentre il cielo rimarrebbe com'è. Ma allora che cosa vuol dire Gesù con questa preghiera?
L'enfasi non è sul verbo "santificare", ma sulla parola "nome". La Bibbia è un libro pieno di nomi e ognuno ha un significato che rivela il carattere della persona. Il nome di "Gesù", per esempio, significa "Dio salva". L'angelo disse a Giuseppe: "Tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati" (Matteo 1:21).
Quando Andrea portò suo fratello a Gesù, questi gli disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni"; questo nome significa "sabbia instabile", e ben descrive il suo carattere. Ma sotto l'influenza di Gesù sarebbe diventato una persona diversa. Così Gesù disse che gli avrebbe cambiato nome: "Ora il tuo nome sarà Cefa (in ebraico 'Cefa' è lo stesso che 'Pietro' e vuol dire pietra)" (Giovanni 1 :42,Tilc), qualcosa di forte e duro.
Conoscere il nome di una persona era come conoscere la persona stessa. Così il "nome" di Dio significa la Sua natura rivelata. Così "santificato sia il tuo nome" realmente significa: "Rivelati a me, o Dio". Molto tempo fa Giobbe disse: "Puoi tu scandagliare le profondità di Dio? Arrivare a conoscere appieno l'Onnipotente?" (Giobbe 11 :7). La risposta è no. Di Dio l'uomo può conoscere soltanto quanto Dio decide di rivelare.
Walter De La Mare (scrittore inglese, 1873-1956, noto soprattutto per un volume di deliziose poesie per bambini - N.d.T.) pone una domanda che noi tutti qualche volta poniamo. Pregando si chiede: "C'è qualcuno là?"
Prima che si possa pregare bisogna essere ben sicuri che c'è Qualcuno che ascolta ed essere coscienti della Sua presenza.
Ci sono tre modi - forse quattro - coi quali Dio rivela Se stesso.
Primo: nella meraviglia del Suo creato.
"I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l'opera delle sue mani" (Salmo 19: 1). Questa è la prima rivelazione che Dio fa di Sè. Sulla spiaggia del mare rimaniamo ammirati dello spazio senza fine che ci sta davanti. Quando ci ricordiamo che Egli può tenere tutti i mari "nel cavo della sua mano" (Isaia 40: 12), allora vediamo una parte della Sua potenza. Stando fra i picchi delle grandi montagne, rimaniamo impressionati dalla Sua maestosità.
Gesù considerò con reverenza un fiore selvatico, "un giglio della campagna", e vide la gloria di Dio (Matteo 6:28-29). Guardando i cie·
li vediamo l'infinità di Dio; in un fiocco di neve ammiriamo la Sua
perfezione. Il tramonto ci parla della Sua bellezza.
Eppure l'uomo moderno corre il rischio di far svanire, con la sua
presunzione, questa rivelazione di Dio. Invece di pregare per la pioggia, parla di produrre la pioggia. Vediamo le nuvole, ma chi le ha fatte?
Gesù ci presenta un uomo col carattere molto simile al nostro. "La campagna d'un certo uomo ricco fruttò copiosamente; ed egli ragionava così fra sè medesimo: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Questo farò: demolirò i miei granai e ne fabbricherò di più vasti, e vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni" (Luca 12: 16-18). lo, io, io; miei, miei, mio. Manca assolutamente il senso di Dio. Ha perso di vista Dio, il Creatore.
Secondo: Dio rivela Se stesso per mezzo di altre persone.
In Mosè abbiamo una visione della legge di Dio; Amos ci mostra la Sua giustizia;
Osea il Suo amore e Michea il Suo modo di agire. Qualcuno è stato gentile quando eravamo malati, ci ha aiutato nel bisogno, ci è stato amico quando eravamo nella solitudine. Qualcuno al quale abbiamo fatto torto ci ha perdonato con uno spirito d'amore. In tutti questi atti ci viene rivelato un po' di Dio. Vi riesce meglio di comprendere Dio per l'amore di vostra madre, la vita consacrata di qualche amico, l'eroismo di qualche Giovanna d'Arco.
L'adorazione comunitaria gratifica molto di più perchè impariamo gli uni dagli altri.
La suprema rivelazione che Dio fa di Se stesso è in Cristo. "Chi
ha visto me ha visto il Padre". Harry Webb Carrington dice in un suo inno:
Non so come di Betleem il bimbo
Dio è.
So che per quella mangiatoia
La vita di Dio è venuta a me.
Non so come del Calvario la croce
Un mondo dal peccato liberar po tè.
So che per quella tortura atroce
L'amor di Dio è venuto a me.
Non so come di Giuseppe la tomba
n mistero della morte risolvere potè.
So che per un vivente Cristo
La nostra immortalità compiuta è
Leggendo i quattro Vangeli e osservando Gesù, cominciamo a renderci conto che in realtà stiamo vedendo Dio. Un altro modo col quale.Dio rivela Se stesso: non ho un termine per definirlo nè una spiegazione da dare; lo possiamo chiamare "un suono dolce e sommesso", o l'impronta del Suo Spirito in noi. Ma posso testimoniare che ci sono occasioni, forse rare, quando si sente di aver ricevuto una parola direttamente da Lui. Samuele udì Dio che gli parlava direttamente.
Tanto conosciamo Dio, tanto possiamo pregare: "Sia santificato il tuo nome", cioè: "Facci più certi di Te, o Dio, che possiamo capirti più pienamente". E mentre la nostra mente è piena di Dio, mentre più stabilmente Lo contempliamo, i piccoli peccati che così facilmente ci assalgono perdono il loro potere su di noi e diventiamo capaci e desiderosi di ascoltarlo e obbedirgli. E' questa la condizione che dobbiamo soddisfare per pregare con potenza.
4 - Il tuo regna vengo
"Il tuo regno venga" è il secondo suggerimento di preghiera indicato da Gesù. La sola parola "regno" è offensiva per molti. "Democrazia" è la parola oggi più usata. Vogliamo il diritto all'autogoverno.
Parlando degli americani, Kipling diceva che sono un popolo in cui ogni uomo "chiama re i fratelli noiosi". Al giorno d'oggi ci si ribella contro dittatori e totalitarismo. Di fatto sono parecchi ad asserire di avere il diritto all'autogoverno fino al punto di detronizzare Diò.
Dobbiamo però ricordarci che in un certo senso il regno di Dio è già venuto. Le Sue leggi governano l'universo con autorità assoluta.
Lo scienziato conosce la legge di Dio, la osserva nella precisione del cosmo. Il medico dice che ci sono regole per mantenersi in salute, seguirle vuol dire continuare a stare sani, violarle è la morte. Lo psichiatra sa che la formazione del pensiero deve seguire linee fisse; uscire da questo binario è perdere l'equilibrio. Perfino i sociologi c'insegnano che il bene di uno è il bene di tutti. Siamo legati assieme in
una comune fratellanza: è la legge di Dio. Dio stabilì il Suo regno sulla terra, cioè la Sua legge e le Sue regole.
E' già qui ora. Che ci piaccia o no, la Sua regola è su di noi come disse il profeta molto tempo fa: "L'uomo che pecca sarà quello che morrà" (Ezechiele 18:4).
Sappiamo che ci sono il Parlamento e i Consigli regionali. Qualcuno conosce dei deputati, senatori e anche dei ministri. Sappiamo come si fanno le leggi. Ma ogni legge può essere emanata o annullata. Ci sarà un'altra legislatura e un altro governo.
Non così è delle leggi di Dio. Posso ribellarmi finchè voglio contro la legge di gravità stabilita da Dio e saltare dalla finestra di un grattacielo. Mi distruggerei, ma non potrei cambiare quella legge. Così uso l'ascensore. Ma non è superare ra legge di Dio con un meccanismo frutto dell'ingegno umano? No. Supponete che i cavi dell'ascensore si rompano. E' accaduto. Ma il semplice fatto che i fabbricanti d'ascensori usino cavi così forti e li controllino periodicamente, è un riconoscimento della legge di Dio e seguirla.
Questo mondo è il regno di Dio. E' sotto il Suo potere e governo sovrano, controllato dalle Sue leggi. Ma con pazza disobbedienza l'uomo corre a distruggersi. Riacquisteremo mai il senno? Arriveremo mai a riconoscere la legge di Dio fino a cedere e obbedire ad essa?
Molti rispondono: no. Sono così depravati, così corrotti dall'egoismo e accecati dall'orgoglio che non possono vedere la giusta via e avere la volontà di obbedire, neppure se volessero. In ogni angolo sentiamo predire la distruzione del mondo. La dannazione eterna è predicata come la punizione alla quale non si può sfuggire. Sedicenti profeti gridano che non vedono speranza, ma solo il terrore del giudizio di un
Dio irritato. Ma Gesù disse di pregare: "Il tuo regno venga".
Certamente Egli credeva non solo alla possibilità che ciò avvenisse, ma anche nell'evento reale.
Una sera Gesù chiuse la porta del suo laboratorio di falegname per l'ultima volta. Doveva cominciare a lavorare per Suo Padre. Il lavoro consisteva nel portare il regno di Dio sulla terra. Il testo del Suo primo sermone fu: " ... il regno dei cieli è vicino" (Matteo 4: 17).
E quello fu il tema centrale di tutta la Sua predicazione. Non perse mai la fede. Dopo la resurrezione, ancora parlava ai Suoi discepoli del regno di Dio (Atti 1 :3).
Nel pregare "il tuo regno venga" è bene sottolineare la parola "venga". E' molto più facile pregare: "il tuo regno vada". Non è così difficile pregare per la conversione dell'Africa e fare offerte alle missioni quanto affrontare onestamente i peccati della nostra vita, pentirsi e cambiare strada.
E' più facile fare una crociata per la pace nel mondo che non perdonare qualcuno che ci ha fatto un torto o al quale abbiamo fatto un torto. David Livingstone andò a portare ai selvaggi la Parola di Dio, ma prima dedicò se stesso. Ancora l'ultimo giorno della sua vita scriveva nel suo diario: "Mio Gesù, mio re, mia vita, mio tutto, di nuovo dedico me stesso a Te".
C'è un passo della Scrittura che mi assilla. Ho il benedetto privilegio di predicare a molte persone. Proprio mentre sto scrivendo queste righe sono in visita nella città di Columbia, la capitale dello stato della Carolina del Sud, per predicare in una delle chiese più grandi di quello stato. Ogni sera la sala è piena e molte persone non possono entrare. Eppure c'è qualcosa di più difficile che predicare agli altri.
L'apostolo Paolo diceva: "Mi sottopongo a dura disciplina e cerco di dominarmi per non essere squalificato proprio io che ho predicato agli altri" (1 Corinzi 9:27, Tilc). Se il più grande predicatore cristiano di tutti i tempi correva il pericolo di essere squalificato, o riprovato, quanto molto più è vero per me questo pericolo.
"Il tuo regno venga" significa che io esamino il mio cuore e supplico di ricevere la potenza purificatrice di Dio. Significa che m'inchino davanti a Lui con fede e obbedienza.
Archibald Rutledge racconta di aver incontrato un boscaiolo negro il cui fedele cane era morto poco prima in un incendio della foresta perchè non aveva abbandonato il sacchetto del desinare del suo padrone che gli era stato comandato di vigilare. Col volto rigato di lacrime, quel vecchio negro diceva: "Ho sempre dovuto stare attento a dargli ordini, perchè sapevo che obbediva". Ecco quello che significa questa preghiera.
Gesù disse: "Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle, e trovata una perla di gran prezzo se n'è andato, ha venduto tutto quel che aveva, e l'ha comprata" (Matteo 13:45-46).
"Tutto quel che aveva" significava una vita di lavoro. Non gli rimaneva altro. Ma quella perla valeva tutto il resto. Così pregare sinceramente "il tuo regno venga" significa che io sono pronto a cedere ogni cosa che posseggo per avere Dio. Dio ci chiede tutto o nulla.
E' molto più facile per me pregare per i peccati del mondo, la corruzione nel governo, per esempio, o per i danni dell'alcolismo, o per le pubblicazioni e i film pornografici, e per tutti i drogati della città, o per i pagani in Cina. Ma prima di pregare per i posti dove il regno di Dio è necessario, è bene che lo lasci venire in me.
Così pregava Jonathan Edwards, uno dei più grandi predicatori d'America. Egli soleva dire: "Predico avendo in mente due scopi: il primo è che ogni persona dovrebbe dare la propria vita a Cristo. Il secondo è che, ci sia o no qualcuno che gli dà la propria vita, voglio
dargli la mia".
L'apostolo Paolo diceva: "Fate' sparire dalla vostra vita l'amarezza, lo sdegno, la collera. Evitate le urla, la maldicenza e le cattiverie di ogni genere. Siate buoni gli uni con gli altri, pronti sempre ad aiutarvi; perdonatevi a vicenda, come Dio ha perdonato voi, per mezzo di Cristo" (Efesini 4:31-32).
Questo è ciò che la venuta del regno di Dio significa per noi, e quando viene possiamo diffonderlo con potenza. Le persone ingiuste non sono molto potenti per fare crociate per un mondo giusto. Come dice quel coro, "non mio padre, non mia madre, ma son io Signor, che ho bisogno di pregar".
"II tuo regno venga". Quando questa preghiera avrà una risposta, non avremo alcun dubbio che la potenza del regno di Dio riempirà la terra.
5 - Sia fatta la tua volontà anche in terra com'è fatta nel cielo
Gesù c'insegna che per pregare con potenza dobbiamo prima riempire la nostra mente di Dio e riconoscere la Sua sovranità. Dobbiamo pregare: "Sia fatta la tua volontà''. E' proprio Iì che molte persone esitano, s'innervosiscono e lasciano Dio. Credo di sapere perchè. Quando studiavo psicologia all'università, preparai un certo numero di esperimenti su parole che avrei più tardi usato nelle mie congregazioni.
Per esempio, dire ad una persona: "Natale" e chiedere la prima parola che viene in mente. Le risposte che ebbi furono: papà natale, decorazioni, pranzo, doni, eccetera. Cristo fu menzionato raramente.
Arrivai così alla conclusione che avevamo commercializzato e paganizzato la commemorazione della nascita di Gesù. Credo che quella prova, sia pure entro certi limiti, sia valida.
Proviamo ora fra noi. Dirò una breve frase e controllerò il vostro pensiero. "Volontà di Dio''. Che cosa vi viene in mente? La morte di un vostro caro o qualche altro disastro o grande sofferenza per una malattia incurabile o qualche duro sacrificio. Riferendosi alla volontà di Dio, molte persone si formano un'immagine dai colori cupi.
Forse una causa è la preghiera di Gesù nel Getsemani: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice di dolore. Però non sia fatta la mia volontà, ma la tua" (Luca 22:42, Tilc). E nel Suo abbandonarsi alla volontà di Dio, noi vediamo Gesù salire sul Calvario ed essere inchiodato sulla croce. Così "volontà di Dio" e "croce" per noi sono
diventati sinonimi.
Possiamo però risalire ancora più indietro nel tempo. Giobbe perse i suoi beni, i suoi figli furono uccisi, soffriva fisicamente, sua moglie l'abbandonò e lui associò tutti questi guai alla volontà di Dio; perciò disse: "L'Eterno ha dato; l'Eterno ha tolto; sia benedetto il nome dell'Eterno" (Giobbe 1 :21 ). Così quando abbiamo il cuore rotto diciamo: "E' la volontà di Dio". E' naturale tentare di fuggire da una tale volontà.
Sembra credenza generale che volontà di Dio significhi fare cose che non ci piacciono come prendere una medicina dal cattivo gusto quando siamo malati, o andare dal dentista. Perciò pensiamo che saremmo molto più felici se non tenessimo conto della volontà di Dio. Non diciamo mai: "No, mi rivolto per sempre alla volontà di Dio", ma piuttosto: "Per l'awenire seguirò la mia idea e farò di testa mia".
Abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica che anche l'aurora è volontà di Dio. C'è il tempo del raccolto, raccolto che ci fornisce cibo e vestiario senza i quali la vita sulla terra non potrebbe esistere. Dio ha ordinato le stagioni, esse sono manifestazioni della Sua volontà. In realtà, le cose buone della vita superano quelle cattive. Ci sono più aurore che cicloni.
D'inverno sto bene in una casa col risçaldamento automatizzato. Molto tempo prima che fossi nato, Dio immagazzinò nelle viscere della terra il gas che ora arriva in casa per la mia comodità. Posso pure dire che i geli invernali sono volontà di Dio, ma devo riconoscere che anche il riscaldamento per il quale Lui ha proweduto è Sua volontà. Lo sfuggire la volontà di Dio o il cedere ad essa con gratitudine dipende dal modo col quale la consideriamo.
Gesù disse: "Sia fatta la tua volontà in terra com'è fatta nel cielo". "Come in cielo" disse. Che cosa vi viene in mente quando pensate alla parola "cielo"? Pensate a pace, abbondanza, gioia perfetta, assenza di dolore, di sofferenza, di lacrime. Giovanni vide tutto questo e scrisse la sua visione nel capitolo 21 dell'Apocalisse. Questo è proprio quello che vogliamo per la nostra vita.
Gesù disse anche che questa è la volontà di Dio per noi. Prima di poter pregare: "Sia fatta la tua volontà", dovete credere che è la cosa migliore e la più felice. Capita, a volte, che noi cediamo ad una situazione immediata, mentre Dio considera la vita nel suo insieme. Prendete l'esempio di due studenti. E' volontà degli insegnanti che passino ore sui libri a studiare. Uno dei due ragazzi si ribella a questa situazione spiacevole per lui. Vuole essere felice, così va al cinema anzichè studiare. Finisce per abbandonare del tutto gli studi per seguire la sua strada senza preoccuparsi di nulla.
L'altro ragazzo continua a studiare per quanto duro sia. Guardate a questi due ragazzi dieci o venti anni dopo. Il ragazzo senza preoccupazioni è ora prigioniero e limitato dalla sua stessa ignoranza.
E' costretto a privazioni e a imbarazzi a causa della sua scarsa cultura. L'altro è più libero, più felice, e trova la vita più facile e più remunerativa perchè vi si è preparato adeguatamente.
Ecco Giuseppe, il prediletto di Giacobbe. Per lui la casa è il luogo di gioia. Ma la gelosia offuscò il cuore dei suoi fratelli che prima lo misero in una cisterna e poi lo vendettero come schiavo. Qualche anno più tardi quegli stessi fratelli gli stavano davanti in bisogno. Giuseppe disse: "Non vi contristate, nè vi dolga d'avermi venduto .. ., poichè
lddio m'ha mandato innanzi a voi per conservarvi in vita" (Genesi 45:5).
La via percorsa da Giuseppe fu certamente dura, ma mantenne la sua fede, non si arrese mai ed alla fine potè guardare indietro e dire con Amleto: "C'è un Dio che forma i nostri fini". All'abbandonarsi di Gesù nel Getsemani seguì la croce, ma alla croce seguirono una tomba vuota e un mondo redento.
Qualche volta non è Dio a condurci per valli tenebrose e acque pericolose. Può essere l'ignoranza o la pazzia dell'uomo. Ma anche allora possiamo percepire la Sua presenza, perchè dal nostro cuore Dio può trarre qualcosa di buono. Non fu Dio a procurare a Giobbe le sue tragedie. Ma per la fede di Giobbe, Dio potè trasformare quelle tragedie in un bene finale. E' meraviglioso quel che Dio può fare con un cuore rotto quando i vari pezzi vengono messi nelle Sue mani.
La via di Dio non è solo la migliore e la più felice, è anche alla nostra portata. Molti sfuggono alla volontà di Dio, perchè temono che Dio chieda di più di quanto possiamo fare. Ci fu l'uomo che seppellì l'unico talento che aveva. Per spiegare il suo fallimento, il non aver neppure provato, disse al suo padrone: "Signore, io sapevo che tu sei uomo duro ... , ebbi paura e andai a nascondere il tuo talento sotterra"
(Matteo 25:24-25).
Temeva richieste irragionevoli da parte del suo padrone. Pensava che anche se avesse fatto del suo meglio il padrone non sarebbe stato contento di lui. Non molti fra noi sono grandi artisti. L'essere un buon capo non è cosa da tutti. Potremmo elencare migliaia di cose che non sappiamo fare. Ma d'una cosa possiamo essere sicuri: possiamo fare la volontà di Dio.
Mosè pensò che non ce l'avrebbe fatta. Quando Dio gli disse di guidare i figli d'Israele fuori dal paese della schiavitù, trovò delle scuse. Credeva sinceramente che una tale impresa fosse al di là delle sue capacità. Ma ce la fece. Con fede e confidanza voi potete pregare: "Sia fatta la tua volontà", perchè Dio è un padre affettuoso che conosce i Suoi figli più di quanto loro conoscano se stessi. Egli vuole il nostro meglio, ma non si aspetta di più ..
Pregare: "Sia fatta la tua volontà" è un vero incitamento all'azione.
Nel 1792 William Carey predicò un sermone sul testo: "Allarga il luogo della tua tenda, e si spieghino le tele delle tue dimore, senza risparmio; allunga i tuoi cordami, rafforza i tuoi pioli" (Isaia 54:2).
Fu uno dei sermoni che hanno avuto maggior influenza sulla terra, perchè il risultato fu la nascita della Società Missionaria Battista, la cui storia non potrebbe essere neppure cominciata a raccontare in cento libri. Fu durante quel sermone che Carey fece la sua famosa dichiarazione: "Aspettati grandi cose da Dio, compi grandi cose per Dio". Ma il fatto più importante è che non solo predicò sulle missioni, ma rinunciò a tutto quel che aveva e andò lui stesso missionario in India. Pregando: "In terra com'è fatta in cielo" egli prese alla lettera quelle parole. Egli intendeva dire tutta la terra e in risposta alla sua preghiera dedicò tutta la sua vita.
Recentemente ho ricevuto una lettera nella quale mi si chiedeva di pregare perchè nessun bambino potesse rimanere più paralizzato dalla poliomielite. Nella lettera era citato il versetto: "E' volere del Padre vostro che è nei cieli che neppure uno solo di questi piccoli perisca" (Matteo 18:14). Avendo tre figli io stesso, potete immaginare
se non sia pronto a pregare perchè la polio sia eliminata. E sono anche sicuro che quella preghiera possa essere esaudita in qualunque momento vogliamo. Ma nel nostro·bilancio nazionale abbiamo previsto 50 miliardi per armamenti, mentre considerando la polio parliamo della "marcia delle centolire". Chissà che, se la metà del denaro speso per la bomba atomica fosse stata investita in ricerche mediche, non avremmo ora la soluzione non solo per la polio, ma anche per il cancro, l'artrite e molte altre malattie.
Sentiamo l'obbligo di tenere in piedi il nostro vasto programma di difesa. Ma di chi è la colpa? Se avessimo speso in attività missionarie in Giappone quanto è costata una sola delle corazzate affondate dai giapponesi a Pearl Harbor, forse non avremmo mai avuto quella guerra. Se avessimo avuto uno spirito cristiano con la Germania dopo la prima guerra mondiale, forse non si sarebbe mai sentito parlare di Hitler.
Attualmente la volontà di Dio è sulla terra. E' all'opera proprio nella vostra vita. Per esempio, non siete stati voi a decidere in quale secolo nascere. Non siete stati liberi di scegliere i genitori che avreste voluto. il colore della vostra pelle, il vostro sesso, il vostro aspetto, tutto fu deciso da una volontà più alta: la volontà di Dio.
La volontà di Dio agisce nella vostra vita. C'è uno scopo per ciascuno di voi. Non credo che nessuna persona sia qui per caso. Prima che nasceste sulla terra, già esistevate nella mente di Dio. Vi potete ribellare contro Dio, ma alla fine sarete sconfitti completamente. Potete sopportare la vita come viene e non trovarvi nè gioia nè pace.
Oppure potete scegliere la volontà di Dio e fare vostra la Sua volontà. Alfred Tennyson (1809-1892, uno dei massimi poeti inglesi del secolo
scorso - N.d.T.) diceva: "Le nostre volontà sono nostre, non sappiamo come; le nostre volontà sono nostre, per farle Tue''.
Come posso conoscere la volontà di Dio per la mia vita? Molti non lo sapranno mai, perchè Dio non rivela la Sua volontà a chi ci scherza sopra. Nessuno può stare alla Sua santa presenza avendo fretta.
Non potete semplicemente pregare: "Signore, questa è la mia volontà,
spero che tu l'approverai"; perdereste il vostro tempo. Soro chi sinceramente vuole la volontà di Dio ed ha fede in Lui a sufficienza per dedicare se stesso alla Sua volontà, potrà conoscerla.
Pregare: "Signore, mostrami la Tua volontà, se mi piace l'accetterò", è una preghiera inutile. Dovete accettarla prima di conoscerla. Se ci riuscite o no, dipende dall'opinione che avete di Dio.
A chi è sincero Dio rivela la Sua volontà in molti modi. Sovente l'apprendiamo per quel processo chiamato perspicacia. Una volta uno psichiatra mi disse: "Una persona ha perspicacia o non l'ha. Non è qualcosa che si può imparare". Ma è qualcosa che Dio può dare.
Ho parlato con molte persone che hanno problemi sconcertanti. Magari si sono agitate per molte ore provando a donnire, ma non ci sono riuscite a causa del loro problema. Nella quiete dello studio del pastore abbiamo parlato di Dio e del Suo amore e preoccupazione per noi. Dopo aver pregato, abbiamo parlato del problema. Non una volta sola, ma molte volte, ho visto una luce sui loro volti mentre all'improvviso una risposta, una soluzione, si presentava nella loro mente.
lo dico che Dio ha dato loro perspicacia. Qualche volta viene definita
"luce interiore". Dio rivela la Sua volontà attraverso il consiglio degli altri, nelle circostanze, scoprendo le Sue leggi con ricerche scientifiche. Di certo vediamo la Sua volontà studiando la vita e gli insegnamenti di Gesù.
Ho una radiolina che tengo nella mia borsa. Quando sono a casa sento qualunque stazione di Atlanta sulla quale mi sintonizzo. Ma se vado molto lontano, il segnale della stazione sparisce. E' la stessa radiolina, la stazione continua a trasmettere con la stessa potenza. Ma io sono andato troppo lontano. Molti non sentono la voce di Dio, perchè sono andati troppo lontano da Lui.
La certezza che voi camminiate nella volontà di Dio elimina le paure e le preoccupazioni della vita più di ogni altra cosa. Cito Dante: "In sua volontade è nostra pace". Il cedere, alla Sua volontà fa sparire i timori del domani. Sappiamo con assoluta certezza che se facciamo la Sua volontà oggi, il domani sarà secondo la Sua volontà.
Non sono un fatalista, perchè posso dire col salmista: "Non ho visto il giusto abbandonato" (Salmo 37:25). Obbedire alla Sua volontà significa che Dio si assume la responsabilità del nostro domani.
Così Gesù c'insegna che le prime tre richieste della nostra preghiera dovranno essere fatte coi nostri occhi fissi con fermezza su Dio. Nella preghiera c'è posto per parlare dei nostri bisogni, il nostro Signore ci assicura il diritto di pregare per noi stessi, ma Dio deve riempire la nostra mente prima che noi gli parliamo dei nostri problemi. Allora siamo pronti per parlare di quello che vogliamo che Lui faccia per noi.
6 - Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Nel bel mezzo della preghiera insegnataci da Gesù c'è una divisione netta. Ci se ne accorge dai pronomi. Nelle prime tre richieste ci viene insegnato a dire "tuo": "il tuo nome - il tuo regno - la tua volontà". Nelle ultime tre richieste i pronomi sono "noi" e "nostro".
Prima pensiamo a Dio, poi, a diritto, possiamo pensare a noi.
La prima richiesta che il Signore ci permette di fare per noi stessi è proprio quella che veramente vogliamo fare. Difatti, è la richiesta per la quale è opportuno pregare se vogliamo rimanere in vita. "Dacci oggi il nostro pane cotidiano". Con queste parole Egli intende parlare, molto semplicemente, delle necessità fisiche della vita.
Molti padri della Chiesa primitiva come Gerolamo, Origene e Agostino insegnarono che questa richiesta era per lo stesso pane al quale si riferiva Gesù quando disse: "lo sono il pane della vita" (Giovanni 6:35). Pensavano che fosse sbagliato pregare per benedizioni materiali. E questa idea persiste ancora oggi.
Ma perchè provare a spiritualizzare questa richiesta? Dopo tutto anche i santi devono mangiare. Perfino le preghiere morirebbero sulle nostre labbra se non avessimo cibo per sostenere i nostri corpi. Gesù predicò alla gente, guarì i malati, perdonò i loro peccati e usò il Suo meraviglioso potere anche per nutrire con del pane reale.
Studiate la vita del nostro Signore. Vi accorgerete che conosceva il problema giornaliero di mettere insieme il pranzo con la cena. Conosceva il significato dei due soldi della vedova, che guaio poteva essere la perdita di una moneta, indossare abiti con toppe. Conosceva il problema di far la spesa studiando il bilancio per nutrire la famiglia.
Parlò della donna che doveva comprare i due uccelli che si vendevano per un soldo. Anche dopo la resurrezione il nostro Signore era interessato al pane. Lo vediamo in quella prima Pasqua mentre con qùei Suoi amici cammina verso casa. Parlò ai loro cuori di speranza, ma trovò anche il tempo di sedersi a tavola con loro. La Bibbia dice infatti: "Quando si
fu messo a tavola con loro, prese il pane, lo benedisse, e spezzatolo lo
dette loro" (Luca 24: 30).
Nell'alba grigia lo vediamo sulla riva del mare. I Suoi discepoli erano stati a pescare tutta la notte. Ora stavano per tornare e il Signore ha preparato l'incontro.
Che cosa ha preparato?
Una riunione di preghiera? Avevano bisogno di pregare, eccome.
Una maestosa rivelazione di Se stesso per sopraffarli? Avevano perso la fede in Lui.
Nulla di tutto questo: aveva preparato la colazione. V'immaginate il Cristo risorto, risplendente ... che cucina?!?
Benchè avesse i piedi feriti, aveva camminato sulla riva pietrosa per raccogliere legna per il fuoco. Benchè avesse nelle mani i buchi dei chiodi, pulì il pesce. Sapeva che i pescatori avrebbero avuto fame ...
Egli sa che dobbiamo comperare il cibo, che abbiamo l'affitto o la rata del mutuo da pagare per la nostra casa, gli abiti che sono necessari, le spese di scuola per i bimbi, conti di ogni sorta da saldare. E non solo questo, Egli sa che abbiamo desideri e bisogni che vanno al di là dello stretto necessario. Non siamo bestie selvatiche. Desideriamo qualcuna delle cose belle della vita.
Molto meglio di noi, Egli sa che il corpo e l'anima sono un'entità inseparabile. Proprio come le preoccupazioni e le paure possono avere influenza sul corpo e farlo ammalare, cosi le condizioni fisiche di una persona possono influire sul suo modo di vedere la vita, sulla sua vita religiosa, sulla condotta morale. Il Dio che ci ha dato i nostri corpi è interessato ai bisogni dei nostri corpi e vuole che parliamo con Lui delle nostre necessità fisiche.
Ogni mattina il sole sorge per scaldare la terra. Se dovesse smettere di risplendere anche solo per un minuto, tutta la vita sulla terra morrebbe. La pioggia viene per annaffiare la terra. C'è fertilità nel suolo, vita nei semi, ossigeno nell'aria. La provvidenza di Dio è intorno a noi ogni momento in un'abbondanza incredibile. Ma troppo spesso diamo tutto ciò per scontato.
Il dottor Witherspoon fu un grande patriota e un uomo di Dio.
Fu uno dei firmatari della "Dichiarazione d'Indipendenza" e preside dell'Università del New Jersey che più tardi si chiamò Princeton.
Abitava a circa tre chilometri dall'Università e ogni giorno vi andava in calesse. Una mattina un vicino entrò nel suo studio tutto eccitato e disse:
"Dottor Witherspoon, si unisca a me in preghiera per ringraziare Dio per la Sua provvidenza nel salvarmi la vita. Ero sul mio calesse, stamane, quando il cavallo mi ha preso la mano e s'è messo a correre all'impazzata. Il calesse stesso è andato in pezzi sbattendo sulle rocce, ma io ne sono uscito illeso".
"Va bene," rispose il dottor Witherspoon. "Posso dirle però di una provvidenza ancor più notevole. Ho fatto quella strada centinaia di volte, il mio cavallo non m'ha mai preso la mano, il calesse non s'è mai sfasciato e io non sono mai stato in pericolo. Ringraziamo il Signore anche per la Sua provvidenza nei miei confronti".
E' ben nota quetla poesiola di Maltbie D. Babcock:
Dietro ogni panino c'è la nivea farina;
E dietro la farina il mulino;
E dietro il mulino il grano e la pioggia
E il sale e la volontà del Padre.
E' lo stesso per ogni cosa che avete: la nuova televisione che vi piace tanto, e la bella auto della quale siete così orgogliosi, o la casa nella quale abitate, o gli abiti che indossate in questo momento. Tutte queste cose, in un modo o nell'altro, vengono dalla terra che Dio ha creata. Egli ha messo tutte queste cose· a portata di mano, perché sapeva che le avremmo desiderate e che ci avrebbero fatto piacere.
Molto tempo prima che foste nati, Dio rispose alle vostre preghiere di benedizioni materiali. "Dacci oggi il nostro pane cotidiano" è una preghiera veramente esaudita. E' anche un riconoscimento di quello che Lui ha già fatto. Mi piace leggere il racconto di Gesù nel deserto. Matteo ci dice che c'erano 5000 persone con Lui (14:2).
Avevano fame e il Signore voleva che avessero da mangiare. I discepoli fecero una ricerca e tutto quello che trovarono fu la merenda di un ragazzino: 5 panini e 2 pescetti.
I discepoli pensavano che fosse troppo poco per preoccuparsene.
Con risorse così scarse non valeva neanche la pena di provare. Ma osservate le azioni di Gesù. Nessuna lagnanza da parte Sua per avere qualcosa di più. Invece, la prima cosa che fa è ringraziare. Poi comincia a usare quello che ha. Comincia col dividere il cibo e passarlo.
Fra la sorpresa di tutti, quello che aveva fu sufficiente per dar da mangiare a tutti. E più ancora di quanto non fosse necessario, perchè ci furono 12 ceste di avanzi. La gente fu così sbalordita che provarono immediatamente a prenderlo con la forza per farlo re (Giovanni 6:5-15).
Se oggi cominciassimo con l'essere grati per ciò che abbiamo ed usarlo nel migliore dei modi, Dio ci darebbe perspicacia per capire come moltiplicare quel che abbiamo per soddisfare ogni bisogno della nostra vita e avere ancora molti avanzi. Saremmo così benedetti da cadere davanti a Lui riconoscendolo come nostro Signore e Re.
7 - E rimetti i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori
Gesù ci ha indicato sei richieste da fare. Tre riguardano Dio e tre sono per noi stessi. Tutte e sei sono di suprema importanza, ma su una vuole attirare la nostra attenzione. Non ha ritenuto necessario porre una particolare enfasi perchè pregassimo che il nome di Dio fosse santificato, o perchè il regno di Dio venga, o perchè la Sua volontà sia fatta, per quanto queste richieste siano vitali.
Non ha neppure posto l'accento sul nostro bisogno per il pane; eppure senz'esso noi tutti morremmo. Dopo che la preghiera del Signore è completata, Gesù sente il bisogno di tornare indietro e sottolineare una richiesta con un commento speciale. "E rimetti i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori" è la preghiera sulla quale Egli vuole attirare la nostra attenzione. Egli commenta: "Ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà i vostri falli" (Matteo 6: 15).
Non è che Dio perdoni su una base di scambio. Il fatto che noi perdoniamo ad altri non è una condizione perchè Dio perdoni a noi. E' piuttosto una condizione della nostr~ capacità di ricevere il perdono di Dio. Shakespeare ci ha lasciato scritto: "La qualità della misericordia non è forzata, cade come una gentile pioggerella dal cielo".
Ma io potrei coprire una pianta così che non sia raggiunta dalla pioggia. Nello stesso modo potrei coprire la mia anima con uno spirito
implacabile e bloccare completamente la misericordia indulgente
di Dio.
Un atteggiamento errato nei cònfronti di un'altra persona può
ferirla o no, ma certamente porta la mia anima alla distruzione. Booker
T. Washington (educatore americano negro, 1856-1915. Si occupò
soprattutto del problema dell'educazione dei negri d' America
- N.d.T.) capì questo fatto quando disse: "Non permetterò a nessun
uomo di immiserire o degradare la mia anima col costringermi ad
odiarlo".
Ricordo una scena da "Amos e Andy". C'era un omone che colpiva Andy sul petto ogni volta che l'incontrava. Alla fine Andy si seccò e disse ad Amos: "Sono stufo di questa situazione. Metterò una carica d.i dinamite sotto il maglione e la prossima volta che mi darà una botta sul petto vedrà quel che succederà alla sua mano". Andy non si era reso conto che anche il suo cuore sarebbe stato coinvolto nell'esplosione che avrebbe mozzato la mano a quel tale. La dinamite dell'odio può infliggere ferite su altri, ma colpire anche il nostro cuore.
Le parole "perdonare" e "perdonato" sono gemelle inseparabili.
Stanno assieme, non si separano mai. Al letto di morte della regina
Carolina (regina di Gran Bretagna e Irlanda, 1683-1737 - N.d.T.),
Lord Chesterfield fece una triste affermazione: "Muore non perdonata
chi non perdonava".
Sulla croce Gesù prega: "Padre, perdona loro, perchè non sanno quel che fanno" (Luca 23:34). Capita sovente che deploriamo un atto innocente compiuto da altri. Ma noi abbiamo un motivo ancora più importante per non avere rancori: "perchè noi non sappiamo". Se comprendessimo le persone, i nostri giudizi non sarebbero così duri.
Con la comprensione limitata che abbiamo gli uni degli altri, è cosa spaventosa ergersi a giudici. La Bibbia dice: "A me la vendetta; io darò la retribuzione, dice il Signore" (Romani 12: 19·). Se siamo saggi lasciamo questa decisione a Dio. Da qualche parte m'è capitato di leggere:
Ha Dio abbandonato il cielo, e lasciato
A te l'incarico di giudicare
Su ciò che è giusto e
Quel che ciascuno dovrebbe fare?
Credo sia ancora là
E sappia quando usare la verga.
Giudicando gli altri ricorda:
Non sei Dio!
"Come noi li abbiamo rimessi", Egli ci dice di pregare. Una coppia era andata in un orfanotrofio: voleva adottare uno dei bambini che vi erano ricoverati. Uno di loro attrasse l'attenzione in modo particolare. Parlarono con lui di tutte le cose che gli avrebbero date: abiti, giocattoli, una bella casa. Ma nessuna di queste cose sembrava interessare quel bambino, cosi alla fine gli chiesero: "Che cosa vuoi più di tutto?"
Il bimbo rispose: "Solo qualcuno che mi voglia bene".
Questo è quello che tutti noi vogliamo.
Nel profondo di ogni cuore umano c'è fame di amore. La solitudine è un peso per un numero di persone maggiore di quanto non immaginiamo.
Eppure le persone sono difficili da amare. Commettono così tanti errori, dicono cose che non dovrebbero dire, molti hanno un atteggiamento ostile e poco attraente. Ciò nonostante Gesù ci disse di pregare: "Rimetti come noi abbiamo rimesso". Questa è la sola richiesta che ha sottolineato. Si può dire che è la più difficile.
"Se voi non perdonerete agli altri" le loro colpe, debiti, peccati. .. Si può usare una qualunque di queste parole, forse tutte e tre insieme esprimono meglio quello che il nostro Signore aveva in mente.
"Debito" dà l'idea del mancare di adempiere ad un obbligo non solo finanziario. Ci sono anche debiti di amicizia, di cittadinanza, ecc.
Con "colpa" (cioè offesa, violazione) si suole indicare l'uso illegittimo di ciò che è d'altri. "Vietato l'ingresso" (in inglese "no trespassing", letteralmente: "non violare" - N.d.T.). per esempio, è un avvviso che ben conosciamo; ci dice che non dobbiamo violare la proprietà degli altri. I nostri amici violano il nostro tempo, il nostro nome e ci feriscono quando parlano male di noi. Gli amici ci fanno violenza in mille modi.
Per "peccato" s'intende un vizio o una condotta errata. Ne vediamo molti nei nostri amici. In realtà, più studiate gli sbagli dei vostri amici, più difficile diventa pregare "come li abbiamo rimessi" agli altri.
E qualche volta il nostro affettp per un amico viene amaramente
ricompensato. ·
Può capitare di essere nella situazione di Sir Walter Railegh (navigatore e scrittore inglese, 1552-1616- N.d.T.) che poche ore prima
di essere decapitato scriveva alla moglie: "A quale amico raccomandarti non so, i miei mi hanno abbandonato proprio nel momento della prova". Alcuni sono stati colpiti così profondamente che non possono credere che Tennyson fosse nel giusto quando scrisse:
Sono nel vero,
Qualunque cosa accade,
Lo sento,
E' meglio aver amato
E perduto,
Che non aver amato mai
Ponete attenzione a quanto diceva Gesù: "Rimetti i nostri debiti". Egli attira la nostra attenzione prima sui nostri debiti, colpe, peccati.
Le colpe che vediamo in chi ci sta attorno sono anche in noi. Forse non proprio le stesse, ma più probabilmente le nostre sono peggiori. Gesù non ci ha detto di pregare: "Perdonaci se abbiamo peccato".
Non c'è nessun se da mettere di mezzo. Poniamoci qualche domanda e rispondiamo onestamente: "Qual è il mio peggior difetto? Cioè, in che cosa ho mancato di adempiere ai miei obblighi?"
Secondo: "In quale modo mi sono comportato male verso un'altra persona?"
Terzo: "Quale peccato ho commesso?"
Ognuno di noi ha più risposte per ciascuna di queste domande.
Tutti ci sentiamo colpevoli.
E i nostri amici hanno anche loro una risposta per queste domande?
Anche loro sono colpevoli.
Ora, il punto importante è questo: se sarete pronti a perdonare, allora sarete in grado di ricevere il perdono di Dio per voi.
A me pare una buona, occasione. E a voi?
8 - E non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno
Gesù ci ha dato tre richieste da fare per noi stessi. Una è per il presente: "Dacci oggi il nostro pane cotidiano". Una si riferisce sia al passato che al presente: "Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori". La terza richiesta riguarda il futuro.
Circa la necessità di pregare per il pane e per il perdono siamo tutti d'accordo, ma molti hanno un punto di vista diverso da quello del nostro Signore per quanto si riferisce a ciò per cui dovremmo pregare per il domani.
Riguardo il futuro, per cosa dobbiamo pregare? Che cosa temiamo, che cosa cerchiamo di sfuggire il più possibile? Per alcuni la risposta è la malattia, così preghiamo Dio di farci star bene, siamo tutti interessati alla medicina preventiva; c'è chi, oltre ad essere a posto con la mutua, stipula anche un'assicurazione privata per il caso di malattia e di ricovero in ospedale. C'è chi ha timore della povertà, e così risparmia in vista dei giorni di carestia. Altri temono la sofferenza.
Ci preoccupiamo della possibilità di venire offesi.
Temiamo l'impopolarità e la critica, temiamo la vecchiaia, temiamo la morte. Ma quando Gesù ci dice di pregare per il futuro, non parla neppure di uno solo di questi eventi. L'unico soggetto di preghiera per il futuro è la possibilità di agire male. Più di ogni altra cosa dovremmo temere l'eventualità che nel bel mezzo della tentazione possiamo scivolare e cadere.
In realtà noi consideriamo la richiesta indicata da Gesù per il futuro meno seriamente di quanto non facciamo con le altre cinque.
Non abbiamo per niente paura della tentazione. Abbiamo difatti così tanta certezza di poter dominare noi stessi che facciamo della tentazione una compagnia costante.
C'è una vecchia storia di un tale che era diventato alcolizzato, ma era stato curato e apparentemente aveva vinto l'abitudine di bere.
Ogni volta che andava in città, però, continuava a parcheggiare davanti all'osteria. Finì per cadere di nuovo nella vecchia abitudine. Se
avesse avuto una salutare paura della tentazione, avrebbe cambiato parcheggio e forse non sarebbe ricaduto.
Quasi sempre la tentazione si forma in noi come pensiero. Nei segreti
recessi della nostra mente immaginiamo di compiere quanto pensiamo. Leggiamo libri che descrivono la malvagità, giochiamo con della dinamite emotiva come se fosse un giocattolo inoffensivo. Ci lasciamo trasportare in situazioni pericolose e ne siamo contenti. Frequentiamo cattive compagnie. Quando lavoriamo o ci prendiamo un po' di svago, può essere che una voce seducente ci sussurri: "Prestami la tua anlma". Può darsi che esitiamo a tirar fuori cento I ire anche se abbiamo il portafoglio ben fornito, ma corriamo rischi con la nostra anima anche se sappiamo che potrebbe essere per l'eternità. Quando
dobbiamo affrontare la tentazione diventiamo pazzamente coraggiosi.
Non così Gesù. Egli ci dice di temere la tentazione di domani più di ogni altra cosa. La nostra vera forza è la nostra debolezza, perchè la troppa fiducia nelle nostre forze porta inevitabilmente ad una caduta.
Quando temiamo la nostra debolezza stiamo in guardia, ma corriamo rischi quando ci sentiamo forti, ed è così che perdiamo: "Perciò, chi pensa di stare ritto, guardi di non cadere" (1Corinzi10:12).
Che cos'è la tentazione?
Primo, è l'attrazione per il male.
Nel terzo capitolo della Genesi potete leggere una storia che si è ripetuta, in un modo o nell'altro, nella vita di tutti coloro che sono venuti dopo Adamo ed Eva. Il serpente dice a Eva: "Come! Dio v'ha detto: 'Non mangiate del frutto di tutti gli alberi del giardino'?" Ed Eva risponde: "Tutti eccetto uno. Se mangiamo quello, morremo". Il serpente dice che non le farà affatto male: "Infatti, se mangiate il frutto di quell'albero avrete una conoscenza maggiore, avrete una vita più bella e più libera". A questo punto le inclinazioni di Eva cominciarono a lottare con la sua ragione e la sua coscienza. Il "non-ne-mangiare" di Dio e la luminosa e attraente promessa del sentiero proibito vengono in conflitto. Così la tentazione è pronta. E' una trappola innescata.
Secondo, la tentazione è un esame o una prova.
E' come una biforcazione nella strada della vita, e uno deve decidere in quale direzione .andare, quale azione seguire, come agire. Una madre alla quale è stato ucciso il figlio può diventare dura e crudele. Uno che sta affrontando una difficile situazione della vita può essere tentato di sfuggirla ubriacandosi o drogandosi.
Una persona che ha davanti a sè un letto di sofferenze o la seggiola a rotelle dell'invalido può essere tentata dall'autocommiserazione.
Quando qualcuno ci tratta male siamo tentati di odiarlo, aver rancore, essere risentiti. Chi ha raggiunto la prosperità è tentato dalla vanità e dall'autocompiacimento. Chi ha successo è tentato dalla ricerca del potere, anche se illecito.
Quando era ancora uno studente, Napoleone scrisse un saggio sui pericoli dell'ambizione. Eppure fu l'ambizione a portarlo alla rovina.
Mosè era noto per la sua mansuetudine. La Bibbia dièe infatti che era la persona più mansueta della terra (Numeri 12:3), eppure, in un momento, quando provò ad usurpare la potenza di Dio battendo sulla roccia, perse la sua opportunità di entrare nella terra promessa. Simon Pietro era noto per il suo coraggio impulsivo, eppure fu a causa di un codardo timore che rinnegò il suo Signore.
Come la forza di una catena è data dal suo anello più debole, cosi ogni uomo non è più forte del suo momento di maggior debolezza, ogni uomo ha il suo tallone di Achille, un punto di vulnerabilità. Non possiamo sfuggire alla tentazione perchè siamo dotati della libertà di scelta, abbiamo il libero arbitrio, e poichè nessuna persona ha una volontà di ferro, ognuno è in pericolo di cadere. Possiamo scegliere fra
il bene e il male, fra l'ess.ere sinceri o falsi, coraggiosi o codardi, generosi o egoisti. Anche la libertà di scelta in se stessa è una tentazione.
Molti inciampano nell'interpretare questa richiesta, ritenendo che Dio non condurrebbe un Suo figliuolo nella tentazione. Ma Dio ha interesse al la formazione del nostro carattere, e per formare il carattere ci ha dato la libertà di scegliere. Saremmo, altrimenti, delle semplici marionette.
La vita sarebbe molto più semplice se non avessimo questa libertà. Thomas Henry Huxley (medico e zoologo inglese, 1825-1895 - N.d.T.) dichiarò una volta: "Se qualche grande Potere mi conferisse la possibilità di pensare sempre il bene e fare sempre il giusto alla condizione di essere trasformato in una sorta di orologio, concluderei l'affare immediatamente.
La sola libertà che voglio è di agire bene. Sono pronto a rinunciare alla libertà di fare il male". Ma una libertà comporta l'altra, e così la tentazione.
Dio ha dato a ciascuno di noi una libera volontà, eppure il fatto stesso di possedere questa libertà piena dovrebbe impaurirci al punto di usare qualunque mezzo pur di salvaguardarla. Dovremmo guardare con timore ad ogni circostanza che anche minimamente possa farci cadere.
Gesù ci dice: "Se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, mozzala" (Matteo 5:30). Può darsi che volesse intendere alla lettera queste parole, perchè è certamente meglio perdere una mano che non l'anima. Credo, però, che per mano intendesse dire quello che si fa con le mani, cioè: "Qualunque cosa la tua mano fa ... ". Se il tuo lavoro quotidiano comporta il dover affrontare tentazioni, è meglio rinunciare a quel lavoro anche a costo di sacrifici.
Gesù dice anche: "Se il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo" (Matteo 5:29). Probabilmente per il "tuo occhio" Egli intende dire le cose sulle quali hai messo gli occhi: le tue mete, le tue ambizioni.
Uno può essere così deciso a raggiungere il successo sociale o materiale, che giunge al punto di volerlo "a qualunque costo". Se la direzione che la vostra vita ha preso è un pericolo per la vostra anima, è meglio cambiare strada.
Elizabeth Barrett Browning (poetessa inglese, 1806-1861 N.d.T) capì bene questo concetto e scrisse in proposito:
Ero cosi' ambiziosa nella mia azione
Che pensai di distanziare tutti gli altri nel successo.
Finchè Dio mi si fece vicino,
mi fece rallentare il passo e disse:
"Tu che fai il male, d'ora in avanti
non oltrepassare questa linea;
Tenta meno degli altri". Io mi fermai
E lavorai fra i minimi di Cristo,
contenta.
"Non ci esporre alla tentazione" è una preghiera che ci fa riflettere sulle nostre scelte, che.ci fa guardare al di là delle nostre mete, alla destinazione finale della strada che vorremmo percorrere.
Questa è. una preghiera che può essere esaudita, e lo è in molti casi. Qualche volta è esaudita dalla diretta provvidenza di Dio, da quelle che noi chiamiamo "coincidenze". Com'è che avete perduto quel certo lavoro o quella opportunità? Può essere stato l'intervento di Dio. Qualche volta questa preghiera è esaudita da quella che chiamiamo "ispirazione". In particolari momenti di difficili decisioni sentiamo dentro di noi qual è la via da prendere.
Più frequentemente questa preghiera è esaudita per mezzo di quella forza interiore che Dio dà a tutti quelli che sinceramente la desiderano. Nella disperazione capita che alziamo le mani al cielo: ci sentiamo presi da un complesso di circostanze, da una catena di abitudini, o dalla debolezza che è in noi, e diciamo: "Ma a che cosa serve? Non ce la faccio!" Ma quando sinceramente desideriamo innalzarci al di sopra delle nostre tentazioni e guardare a Dio per liberazione, riceviamo una nuova forza interiore, in noi sorge un nuovo spirito di fiducia.
Uno dei versetti più sublimi della Bibbia è nascosto nella breve lettera di Giuda: "Colui che è potente da preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria irreprensibili" (versetto 24).
Cominciate a rendervi conto che siete fatti per la vittoria, non per la sconfitta, che dovete vincere il male e non esserne vinti, e allora trionfalmente dichiarate con l'apostolo: "lo posso ogni cosa in Colui che mi fortifica" (Filippesi 4:13).
La bugia più grande del demonio è che noi dobbiamo peccare: "Dopo tutto sei un essere umano ... " ci dice, e con questo distrugge le nostre più serie risoluzioni. Ci arrendiamo e abbandoniamo la lotta.
Uno acquista un punto di vista totalmente diverso quando impara a conoscere quella forza che va al di là della forza umana. "lo posso ogni cosa in Colui che mi fortifica" è una meravigliosa e potente verità, una volta che la facciamo nostra.
Da bambini abbiamo letto la storiella di quella macchinetta che scalava la collina. Sbuffava e si sforzava dicendo: "Ce la faccio, ce la faccio, ce la faccio ... ". Nulla viene mai portato a termine dalle persone che pensano: "Non ci riesco", oppure: "E' troppo difficile per me". Si acquista immediatamente forza dicendo: "Ce la faccio"; ma aggiungendo solo due parolette e dicendo: "Ce la faccio in Lui, ce la faccio in Lui, ce la faccio in Lui", la forza viene moltiplicata molte volte.
Recentemente ho letto di un esperimento fatto da uno psicologo.
Abbiamo visto tutti quelle macchine per misurare la forza: mettete una moneta, provate a spostare un manubrio, un indice dichiara la forza in chili. Tre uomini misurarono la loro forza senza essere influenzati dallo psicologo: la media raggiunta fu di 50 chilogrammi. I tre furono poi ipnotizzati e lo psicologo disse a ciascuno: "Non riuscirà a spostare il manubrio perchè lei è debole". Così suggestionati la media scese da 50 a 15 chilogrammi.
Sempre sotto ipnosi, lo psicologo disse loro di riprovare, che questa volta sarebbero riusciti molto bene. La loro forza fu di cinque volte maggiore di quando erano stati influenzati negativamente.
Studiate la vita di coloro che noi chiamiamo santi, di coloro che hanno raggiunto una notevole forza spirituale, e scoprirete che il loro
segreto è proprio in questo punto.
Anch'essi peccarono, ma non si arresero mai al peccato. Non accettarono mai i loro fallimenti come un punto di arrivo, uno stato finale. Non cessarono mai di guardare avanti con fiducia. Dicevano continuamente: "Ce la faccio in Lui". E all'estremo limite delle loro forze fu aggiunta la Sua potenza.
La stessa potenza è a disposizione di ciascuno di noi. Guardando indietro vedrete forse un passato di vergogna e di sconfitta, ma vi dico che potete guardare ad un futuro di pace e di vittoria. "Solo in Lui spera; fa' il Suo voler, se pace vera vuoi ottener" è più di un coro, è la fede cristiana.
Che fiducia sorprendente aveva in noi il nostro Signore!
C. F. Andrews ci ricorda una vecchia leggenda che racconta che
quando Gesù tornò in cielo un angelo gli chiese:
"Che cos'hai lasciato sulla terra per continuare la tua opera?"
Gesù rispose: "Un gruppetto di uomini e donne che mi amano".
"Ma che succederà se non ce la faranno quando arriverà la prova?
Tutto quello che hai fatto non sarà servito a nulla?"
"E' proprio così!" rispose Gesù. "Se non ce la faranno tutto quel
che ho fatto non sarà servito a nulla".
"Non c'è nient'altro che si possa fare?"
"No," disse Gesù, "non c'è nient'altro".
"E allora?"
Tranquillamente Gesù rispose: "Ce la faranno!"
Con una fiducia di questo genere nell'affrontare il futuro noi possiamo tranquillamente affermare: "Poichè a Te appartengono il regno, la potenza e la gloria, in sempiterno! Amen". Vediamo così la vittoria di Dio nella nostra vita e nel nostro mondo.
Dal libro: La pschiatria di Dio
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