Quando si riflette sull'uscita del popolo ebraico dall'Egitto, si tende a porre Dio, Mosè e gli ebrei da una parte, e Faraone e gli egiziani dall'altra. Le cose non stanno proprio così. Una schematizzazione più biblica sarebbe questa: Dio da una parte; ebrei ed egiziani dall'altra, ma in posizioni diverse; Mosè (col supporto di Aaronne) strumento scelto da Dio fra gli ebrei per svolgere la sua politica all'interno e per mezzo di Israele.  

Nella storia dell'esodo biblico non c'è nulla che assomigli alle altre lotte di liberazione di popoli oppressi. Mosè non è il capo riconosciuto e acclamato di un popolo che vede in lui l'espressione e lo strumento della sua battaglia. Il popolo non è artefice della sua politica, ma subisce la politica di Dio. 

In Esodo 4:27-31 Mosè ed Aaronne comunicano agli anziani il progetto di liberazione che Dio, non il popolo, aveva intenzione di compiere,

  • "ed il popolo prestò loro fede. Essi compresero che l'Eterno aveva visitato i figli d'Israele e aveva visto la loro afflizione, e s'inchinarono e adorarono" (Esodo 4:31).

Dopo di che Mosè ed Aaronne si presentano al Faraone con la loro richiesta, ed in questa occasione, e solo in questa, parlano in veste di rappresentanti di tutto il popolo, perché ne hanno ricevuto esplicitamente il consenso. 

• Un modo singolare di procedere 

   Il modo in cui i rappresentanti del popolo formulano la loro richiesta è davvero strano. Dio aveva detto a Mosè di informare il Faraone che Israele è il suo figlio primogenito, e che se non l'avesse lasciato andare, Lui avrebbe ucciso il figlio primogenito suo (Esodo 4:22-23). Mosè ed Aaronne però non presentano subito la loro richiesta in forma di minaccia, non dicono: "Lasciaci andare altrimenti sono guai per te", come si fa, in forma più o meno velata, in certe trattative politiche; dicono invece: "Lasciaci andare altrimenti sono guai per noi".

  • "Essi dissero: «Il Dio degli Ebrei si è presentato a noi; lasciaci andare per tre giornate di cammino nel deserto, per offrire sacrifici all'Eterno, nostro Dio, affinché egli non ci colpisca con la peste o con la spada»" (Esodo 5:3)

Un bel Dio, quello degli ebrei, penserà qualcuno: prima lascia che il suo popolo gema per secoli sotto tiranni stranieri, poi gli ordina di andarlo a festeggiare nel deserto altrimenti li punirà con la peste o con la spada. Com'era prevedibile, il Faraone respinge nettamente la richiesta dei rappresentanti e dice a Mosè che il popolo non stia a preoccuparsi di quello che gli farebbe il suo Dio, ma di preoccuparsi di quello che gli farà lui. E li sbatte fuori in malo modo. 

Le angherie aumentano e i sorveglianti del popolo si scagliano contro Mosè ed Aaronne. Possiamo immaginare che abbiano detto parole come queste: "Al Faraone voi avete detto che se non avessimo ubbidito a Dio, Egli ci avrebbe colpito con la spada, invece è successo che la spada l'ha usata il Faraone, e siete stati voi che gliela avete messa in mano".

"Essi dissero: L'Eterno volga il suo sguardo su voi, e giudichi! poiché ci avete messi in cattiva luce davanti al faraone e davanti ai suoi servi e avete messo nella loro mano la spada per ucciderci» (Esodo 5:21).

Anche Mosè fu fortemente scosso da questo svolgersi delle cose, ma Dio gli rinnovò la sua promessa di liberazione facendo riferimento al patto con Abramo, Isacco e Giacobbe (Esodo 6:2-8). Mosè si lasciò convincere e ripeté al popolo le promesse di Dio, ma questa volta il popolo non credette alle sue parole e si rifiutò di seguirlo.

  • "Mosè parlò così ai figli d'Israele; ma essi non dettero ascolto a Mosè, a motivo dell'angoscia dello spirito loro e della loro dura schiavitù" (Esodo 6:9).

Questa fu la prima, determinante ribellione del popolo d'Israele contro il suo Signore. 

• Mosè si presenta al Faraone a nome di Dio, non del popolo 


   Il rifiuto del popolo a credere alle parole di Dio è un fatto grave, e Mosè fa presente all'Eterno questa situazione:

  • "Ecco, i figli d'Israele non mi hanno dato ascolto" (Esodo 6:12).

Come farà dunque Mosè a presentarsi al Faraone senza avere il consenso del popolo e il sostegno di un mandato popolare? Questo si direbbe oggi, e forse qualcosa del genere deve aver detto anche Mosè al Signore. Dio però tagliò corto:

  • "Ma l'Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne e comandò loro di andare dai figli d'Israele e dal Faraone re d'Egitto, per far uscire i figli d'Israele dal paese d'Egitto" (Esodo 6:13).

Da questo momento Mosè agisce soltanto come strumento della volontà di Dio e non come espressione della volontà del popolo, anzi in opposizione diretta a questa volontà. C'è da immaginare il terrore con cui gli ebrei avranno saputo che "quei due pazzi forsennati" di Mosè ed Aaronne si sono presentati un'altra volta davanti al Faraone a fare le loro richieste. Se si è così arrabbiato la prima volta - avranno pensato - chissà che cosa succederà le prossime. 

Invece poi vengono a sapere che chi si arrabbia è Dio. Certo, gli ebrei vedono avvenire cose grandiose: l'acqua mutata in sangue, le rane, le zanzare. Le prime calamità che devastano l'Egitto sono segni davvero potenti. Ma il fatto è che dentro all'Egitto ci sono anche loro, e nella posizione peggiore che si possa immaginare, perché certamente il Faraone non li avrà esentati dai loro lavori a causa dello stato di emergenza in cui si era venuto a trovare il paese. Quindi ad essere colpiti sono tutti, anche gli ebrei, che si saranno chiesti: ma sarebbe questa la nostra liberazione? 

Soltanto alla quarta piaga, le mosche velenose, Dio avvisa che farà una distinzione:

  • "In quel giorno io risparmierò il paese di Goscen, dove abita il mio popolo; lì non ci saranno mosche, affinché tu sappia che io, l'Eterno, sono in mezzo al paese. Io farò una distinzione fra il mio popolo e il tuo popolo" (Esodo 8:22-23).

Alla fine il popolo d'Israele uscirà dall'Egitto, ma questo avverrà per l'opera di Dio con la mediazione di Mosè, e senza il consenso e l'appoggio del popolo, il quale subisce l'azione di Dio senza parteciparvi con la sua volontà. 

• Il passaggio dell'angelo. Che significa? 
 

Quanto detto fin qui sembra essere fuori tema rispetto al contenuto della parashà di oggi, che ha come oggetto la pasqua. Vuol essere invece una premessa necessaria per cominciare ad inquadrare quello strano fatto del passaggio dell'angelo che colpisce i primogeniti egiziani ma risparmia gli ebrei che hanno osservato le disposizioni di Dio: uccidere un agnello per casa e spargere il suo sangue sugli stipiti della porta. 

Egiziani ed ebrei sono entrambi in posizione di peccato rispetto a Dio, ma in modi diversi. Il Faraone e il suo popolo giacciono nel peccato perché vivono nelle tenebre dell'idolatria pagana; il popolo d'Israele invece no, perché è stato visitato da Dio e lo ha adorato (Esodo 4:31). Il suo peccato però è di tipo diverso: ha rigettato la parola di Dio ricevuta attraverso Mosè. L'angelo è stato mandato per colpire tutti coloro che sono ribelli alla volontà di Dio, e tra questi ci sono anche gli ebrei. Ma gli ebrei sono il popolo che Dio ha promesso ad Abramo, ed ecco allora che, dopo aver manifestato la potenza della sua sovranità, Dio adesso manifesta una cosa nuova: la grandezza della sua grazia. Gli ebrei ricevono l'ordine di uccidere l'agnello nella forma prestabilita, e con questo Dio dice loro due cose: 1) voi siete peccatori della stessa pasta degli egiziani e meritate la stessa fine; 2) voi siete parte di un popolo con il quale ho deciso di portare a compimento un'opera di redenzione a cui parteciperanno tutti coloro che avranno accolto la mia parola nella forma in cui l'avranno ricevuta. Voi siete il primo popolo che ha commesso un peccato di incredulità, avendo respinto la parola di liberazione che vi era stata annunciata; voi siete il primo popolo che ha fatto l'esperienza della grazia di Dio, avendo creduto nella sua parola che vi offriva la possibilità di evitare giudizio di Dio attraverso l'offerta di un sostituto innocente e privo di difetti. 

Il significato profondo di quell'agnello si trova nelle parole del profeta Isaia:

  • "Noi tutti eravamo erranti come pecore, ognuno di noi seguiva la sua propria via; e l'Eterno ha fatto cadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, umiliò se stesso e non aperse la bocca. Come l'agnello menato allo scannatoio, come la pecora muta dinanzi a chi la tosa, egli non aperse la bocca" (Isaia 53:6-7).

E nelle parole dell'evangelista Giovanni:

  • Il giorno seguente Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo! (Giovanni 1:29).

(da "Sta scritto") 


 

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Inviato da alex il

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