Che cosa hai imparato dalla tua sofferenza? Prima di tutto a conoscere te stesso. Fintanto che tu non avevi sofferto, vivevi alla superficie di te stesso. Tu t'ignoravi completamente. La sofferenza ha rivelato il tuo carattere. Allora ti sei visto com'eri, miserabile e meschino, ingrato e pieno di esigenze, cieco, indifferente alle vere gioie.
Tu che ti credevi erede per diritto del regno dei cieli, perché come ripetevi spesso, non hai ucciso né rubato, adesso hai ravvisato in te, una sporca creatura, afflitta da una insospettata debolezza e da una incredibile presunzione; un ribelle ostinato, un debole che senza batter ciglio manda gli altri alla geenna ma che sviene dinanzi al dentista; un credente dei giorni facili, che la prova fa cadere; un indeciso, un buono a nulla. Un perduto finché, spaventato del proprio stato, non supplichi Iddio.
Volete ancora una bella tristezza: la tristezza dei miei peccati. Una sera, ho sentito il peso enorme dei miei errori. Allorché ho visto comparire il mio «io», sono stato preso dall'angoscia, e quest'angoscia talvolta la provo ancora...
Ho ricevuto l'Evangelo, e la mia condotta smentisce il Vangelo; amo Dio e gli disubbidisco. Lo conosco, so ch'Egli è la risposta a tutte le mie aspettative, ma sto lontano da lui. Aspiro alla vita eterna ma mi sento indegno di essa. Desidero vivere come cristiano ma disonoro questo nome. La mia fede la mia pietà, le esigenze della mia anima m'attirano verso l'alto; i miei dubbi, i miei sbagli mi precipitano a terra. E sento che, nonostante le mie più belle aspirazioni, le mie belle parole, le mie belle risoluzioni, la minima tentazione che s'avvicina, trova in me un complice. Proprio così; chiamo aiuto e ho paura che l'aiuto arrivi. Voglio che Tu mi aiuti e quando Tu vieni, ti affliggo. Languisco, diviso e combattuto, triste, infinitamente triste. [...]
Ho ricevuto l'Evangelo, e la mia condotta smentisce il Vangelo; amo Dio e gli disubbidisco. Lo conosco, so ch'Egli è la risposta a tutte le mie aspettative, ma sto lontano da lui. Aspiro alla vita eterna ma mi sento indegno di essa. Desidero vivere come cristiano ma disonoro questo nome. La mia fede la mia pietà, le esigenze della mia anima m'attirano verso l'alto; i miei dubbi, i miei sbagli mi precipitano a terra. E sento che, nonostante le mie più belle aspirazioni, le mie belle parole, le mie belle risoluzioni, la minima tentazione che s'avvicina, trova in me un complice. Proprio così; chiamo aiuto e ho paura che l'aiuto arrivi. Voglio che Tu mi aiuti e quando Tu vieni, ti affliggo. Languisco, diviso e combattuto, triste, infinitamente triste. [...]
La Scrittura parla di questi momenti in cui l'anima languente dopo aver perso ogni speranza di liberazione, esclama all'improvviso: «Grazie siano rese a Dio per Gesù Cristo Nostro Signore!» [Romani 7:25].
Ecco già una prima risposta ai nostri interrogativi. Ve ne sono altre.
Ho parlato soltanto di me stesso. Senza dubbio la salvezza è individuale, e io non posso salvare quelli che mi circondano. Tuttavia non posso disinteressarmi della loro anima.
Li amo abbastanza per guardare soltanto alla loro esistenza terrena. Sono abbastanza pazzo per desiderare che al di là della morte i miei cari vengano con me. Il pensiero dei miei affetti spezzati sulle soglie del Paradiso, mi fa rabbrividire di spavento.
Lo sento bene, non posso essere felice oggi se questa felicità non è eterna. Vorrei dunque che le potenze incrollabili della fede possano anche fortificare coloro che amo; che quest'anima debole e tentata come la mia, divenga forte con la preghiera; ch'essa abbia tanto orrore di se stessa da scoprire il Salvatore.
Chi non ha conosciuto questo straziante dolore per guadagnare delle anime? Questa moglie in ginocchio che prega piangendo affinché il suo amato sposo scopra la vera vita; questa madre che supplica: «Oh! Che io muoia ma che mio figlio sia salvato!». Quante angosce in quelle mani tese, in quegli occhi pieni di lacrime!
Ma chi dunque potrebbe sottrarsi alla forza della preghiera e dormire tranquillo?
Credetemi, se potessimo, come ai raggi X, vedere una sera le preghiere che salgono verso il cielo, la terra sarebbe per un istante illuminata dalle suppliche addolorate di coloro che vogliono guadagnare a Cristo altre creature.
E non è tutto.
Non avete mai incontrato sul vostro cammino una di quelle povere creature, amareggiate, stanche per le pene e gli affanni della vita, sfruttate dai potenti, affaticate dal faticoso lavoro quotidiano; o vedere ancora, errando per le strade, quest'uomo inconsolabile, perseguitato dall'immagine dell'agonia dei suoi, ebbro di dolore, un relitto dimenticato di un tragico naufragio... Mettetevi in disparte voi che godete buona salute, che vi sentite bene e avete un gran coraggio: non riuscirete a sopportare la presenza delle umane debolezze. Scostatevi da loro, voi che siete felici, giovani, ricchi e belli, voi ai quali tutto sorride: il vostro aspetto li esaspera. La vostra bella prestanza, i vostri occhi che non hanno mai pianto, la vostra gioia di vivere, l'incantesimo delle vostre illusioni, anche questo sguardo di pietà che caritatevolmente offrite, tutto ciò è per loro un insulto.
Non ve ne meravigliate; c'è un linguaggio che voi ignorate ancora, parole che non saprete capire fintanto che esse non saranno impresse nella vostra carne. Ma tu che hai sofferto, che hai visto crollare attorno a te i tuoi affetti, le speranze, la tua esistenza, tu sì, tu saprai trovare il linguaggio del loro cuore.
Avvicinati, prendi la loro mano, prova a sostenerli e cerca di condurli al di fuori dei sentieri ove passano i perfetti, i potenti. Adesso ogni loro gemito esprime il tuo stesso dolore; tu non dici nulla, ma piangi con loro.
Insieme, piano piano, voi provate a rialzarvi; forse la vostra comune debolezza diventerà una forza! Con passo malfermo, ritroverete il sentiero che sale. Ora essi soffrono di meno, non è vero? Ci voleva proprio un fratello per loro.
Consolare! Era dunque per questo che abbiamo sofferto tanto! È dunque per questo che camminiamo curvi, in preda al dubbio, alla disperazione, alla rivolta, all'angoscia delle tenebre!
Sì, è vero, ho conosciuto tutto ciò. Ero sul punto di perire, ma ora posso dire la presenza invisibile che mi ha subito attorniato, la grande consolazione della Scrittura, come parola venuta dal cielo che, nel momento in cui tutto sembrava sprofondarsi, m'ha ridato vita e coraggio.
Il nemico che era sul punto di abbattermi, è fuggito furioso per aver contribuito alla mia salvezza. La mia sconfitta era divenuta una vittoria, la mia debolezza è stata una vera forza.
Nel momento in cui la morte mi raggiungeva e mi privava dei miei cari, nel momento in cui ero sul punto di far naufragio nell'abisso senza fondo delle grandi distrette, ho subito realizzato che niente era perduto e che tutto era guadagnato, preservato e custodito in luogo sicuro.
Posso dire tutto questo a quanti soffrono e, piangendo con loro indurii a guardare verso il cielo. «Se siamo afflitti - così l'apostolo Paolo consolava i cristiani del suo tempo - è per la nostra consolazione e salvezza» [2 corinzi 1:6]. Bella e nobile sofferenza! Di colpo la luce rischiara questo sentiero tenebroso attraverso il quale io sono passato. Le sofferenze non sono più pesanti, dal momento in cui esse hanno un senso!
Oggi per me s'è compiuto il miracolo: la valle delle lacrime si è trasformata in un luogo di benedizioni.
Aver qualcuno al quale confidare le proprie sventure, qualcuno che capisca, perché come te ha sofferto, è già essere a metà consolato. Vi sono degli atteggiamenti, degli sguardi che ridanno coraggio. Il grande Consolatore, l'amico pieno di compassione, comprensivo è Gesù; il mio libro prediletto è la Bibbia, dove Egli mi parla. «Venite a me voi tutti 'che siete travagliati e aggravati e io vi darò riposo» [Matteo 11:28].
Se un angelo avesse pronunciato queste parole, nessuno l'avrebbe seguito; non avendo sofferto, con il suo invito, avrebbe infastidito i cuori feriti e abbattuti. Gesù sapeva che per compatire gli uomini tormentati, bisognava essere passati attraverso i tormenti. Egli ha conosciuto le oscure angosce della miseria umana. Per questo Egli sa consolarmi.
Adesso Egli mi affida un compito simile; mi offre di soffrire come lui, con lui, per consolare come lui solo consola. Per mezzo del potere ineffabile e celeste della consolazione, Egli mi associa alla sua opera di salvezza. Divento collaboratore di Dio. So valutare bene quest'immenso privilegio?
N. Hugedé – Cristo questo sconosciuto
Autori
Argomenti
- Accedi per commentare
- 2673 viste