L'umile coscienza di sè

L'uomo, per sua natura, anela a sapere; ma che importa il sapere se non si ha il timor di Dio? Certamente un umile contadino che serva il Signore è più apprezzabile di un sapiente che, montato in superbia e dimentico di ciò che egli è veramente, vada studiando i movimenti del cielo. Colui che si conosce a fondo sente di valere ben poco in se stesso e non cerca l'approvazione degli uomini. Dinanzi a Dio, il quale mi giudicherà per le mie azioni, che mi gioverebbe se io anche possedessi tutta la scienza del mondo, ma non avessi l'amore? Datti pace da una smania eccessiva di sapere: in essa, infatti, non troverai che sviamento grande ed inganno. Coloro che sanno desiderano apparire ed essere chiamati sapienti. Ma vi sono molte cose, la cui conoscenza giova ben poco, o non giova affatto, all'anima. Ed è tutt'altro che sapiente colui che attende a cose diverse da quelle che servono alla sua salvezza.

Prima di servire gli altri

La preoccupazione di molti è cosa possono fare per il Signore, laddove dovrebbero studiarsi di capire cosa voglia il Signore da loro; perché, solo in tale maniera possono meglio servirLo nel prossimo. Abbiamo udito da alcuni che nel leggere le Scritture, e meditare sui Misteri di Dio amerebbero ritenere le impressioni dello spirito per passarle ad altri. Tanti leggono, in vista di quello che possono predicare, e così non crescono mai nella vera conoscenza. L'uomo che davvero vuol servire Iddio, deve dimenticare il servire, ma deve approfondire la comunione con Lui. Il cibo che mangiamo è prima digerito, poi assimilato, e dopo diviene parte dell'organismo, senza che possiamo indicare da quale porzione venga la forza. Lo stesso è nel campo dello spirito: quando siamo nutriti da Lui, e come a Lui piace, a tempo, abbiamo la forza per ogni cosa che Egli comanda. L'acqua che scende dal cielo ritorna in fonti, ma prima si sperde nelle viscere della terra, senza che possiamo distinguere quale speciale porzione d'acqua sia quella che beviamo.

Essere in Cristo

Nell'Antico Testamento chi fa ciò che non deve farsi, o non fa quello che deve farsi, muore.

Nel Nuovo Patto la morte e la vita dipendono dall'essere o non essere in Cristo.

Chi dimora in Lui non pecca, non vive peccando, perchè è impossibile dimorare in Cristo, e, nello stesso tempo, peccare.

Se alcuno ha peccato, torna subito al Signore, suo centro. Contro l'uomo che vive in Cristo, il peccato non ha forza! L'uomo, nel Nuovo Patto, attende tutto dalla Grazia di Dio. E dipende dalla Grazia colui che si confessa continuamente debole; il tale è continuamente forte. Si noti la trionfale affermazione: "Perciocchè il peccato non vi signoreggerà; conciossiacchè non siate sotto la legge, ma sotto la Grazia " (Romani 6:14).

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