"Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano; rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno."
- "Rimettere" si può intendere "perdonare";
- "Debiti" è riferito principalmente a "peccati";
- "nostri" perché si tratta di peccati volontari, che dipendono da noi stessi.
La frase allora, in un linguaggio corrente, sarebbe la seguente: "perdonaci i nostri peccati verso di Te, come noi perdoniamo i peccati degli altri verso di noi"
Il punto centrale della riflessione è Dio che perdona i nostri peccati. Da qui scaturisce in noi la possibilità di risiedere nella grazia e di manifestarla al prossimo.
L'uomo ha un debito verso Dio, che solo Dio può pagare; l'uomo non può perdonarsi da solo perché ogni trasgressione deve essere rimessa tramite un giudizio, un addossamento di una colpa, e quindi una manifestazione di condanna. L'uomo non potrebbe sollevarsi dalla sua colpa che gli ha portato la morte terrena. C'è voluto il Cristo che, tramite la croce, si è addossato della nostra colpa, facendoci ottenere il perdono dal Padre.
La frase ci fa riflettere su questo dono immeritato in cui Dio ci ha tolto la condanna riversandola sul proprio Figlio. IN CONSEGUENZA A QUESTO PERDONO ottenuto senza merito alcuno, anche noi dobbiamo voler perdonare chi ci ha offeso, pure se non lo merita. Noi abbiamo ottenuto il perdono da Dio e non ce lo meritavamo, perché allora non lo vogliamo concedere al prossimo?
Riporto qualche passaggio del commentario (Comment. esegetico-pratico dei quattro Evangeli di R. G. Stewart riveduto da E. Bosio)
«"come noi li rimettiamo ai nostri debitori": non ci facciamo illusione sul senso di queste parole. Non il perdono che concediamo ad altri ci salva, bensì il sangue prezioso di Cristo: e noi non abbiamo in noi stessi alcuna virtù che possa cancellare il nostro debito verso Iddio.
Ma chi serba rancore, o non è disposto a concedere il perdono ai suoi simili, prova in tal modo, che egli non ne ha veramente sentito il bisogno per se stesso, ed in tal caso, chiedendo perdono a Dio, lo schernisce. Nessun uomo che rifletta, s'immaginerà d'avere ottenuto perdono dal Signore, se, per abitudine e deliberatamente, egli lo ricusa al suo prossimo.
Non possiamo dunque domandare con fede il perdono dei nostri peccati, e l'ammissione nel regno di Dio, se non siamo disposti a perdonare ai nostri simili le loro offese, e se non possiamo dichiarare davanti a Colui che investiga i cuori, che lo facciamo sinceramente.»
Il perdono è un atto più complesso di quanto sembri; è semplice ma anche "impossibile" per chi non ha una vera fede. Il cristiano deve allenarsi ogni giorno a perdonare pure se non vi riesce.
Nei suoi fallimenti e nella sua durezza di cuore egli comprenderà sempre più di quanto abbia bisogno del perdono di Dio. Perdonando riceverà anche lui perdono e questa esperienza lo aprirà miracolosamente a perdonare. Le due azioni sono strettamente collegate; non a caso in Matteo 6, alla fine del "Padre nostro" Gesù dice: 14 Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; 15 ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
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