Altri ancora cercano di rivolgersi a Dio-Spirito Santo. Si guardano dentro per vedere se provano determinate sensazioni e, in questo caso, la loro fede si rafforza; ma se quelle sensazioni non ci sono o svaniscono, la loro fede s'indebolisce. Perciò ricercano l'intervento interiore dello Spirito Santo, ma anche questo non è il corretto oggetto della fede del peccatore. Non è sbagliato confidare nel Padre e nello Spirito Santo, ma, per la specifica grazia della giustificazione e del perdono, l'unica soluzione è nel sangue dell'unico Mediatore: Gesù Cristo.
E soprattutto, se vuoi essere salvato considera Cristo nella Sua perfetta giustizia. Guarda come osserva la Legge divina in modo irreprensibile, come ubbidisce al Padre senza mai sbagliare, come mantiene la Sua integrità senza mai cadere in difetto.
Ma fai particolare attenzione perché la tua fede contempli soprattutto la morte espiatoria di Gesù Cristo. Guarda l'Agnello di Dio muto davanti a chi lo tosa; contempla questo uomo di dolore, familiare col patire; seguiLo nel Getsemani e guarda come versa gocce di sangue e sudore.
Poi lascia che la tua fede consideri Cristo risorto dai morti. GuardaLo, ha portato su di Sé la maledizione ed ora, risuscitando, riceve la giustificazione.
Gesù, dunque, è il perfetto sostituto, che ha preso il tuo posto per vivere in osservanza alla legge divina, per pagare con la morte i tuoi peccati, per risorgere a nuova vita e per ascendere al Cielo.
Sostituzione
- Dio è giusto, perciò deve punire il peccato;
- Dio è misericordioso, perciò vuole perdonare coloro che credono in Gesù.
- Come può fare entrambe le cose?
- Come può essere, nello stesso tempo, un Dio giusto che infligge la punizione e un Dio misericordioso che accoglie il peccatore?
Infine, quando Lo vedi seduto alla destra del Padre, devi considerare che sta intercedendo affinché tutti quelli per cui è morto possano arrivare a sedere anch'essi alla destra del Padre. Impara a considerare Cristo come se, agli occhi di Dio, fosse Lui il peccatore. "In Lui non c'era peccato", Egli era "il Giusto", ma Dio "l'ha fatto esser peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui" (2Corinzi 5:21).
- "Ebbene, crederei se avessi la forza di farlo, se fossi io ad agire" ma io ti dico che non potresti credere in Gesù se te la sentissi e se fossi tu ad agire, perché in tal caso crederesti in te stesso e non in Cristo.
Fede non significa dedurre, sulla base di qualcosa di buono che c'è dentro di me, che sarò salvato; significa ammettere, tra i denti e anche a dispetto dei fatti, che sono colpevole agli occhi di Dio e che merito la Sua condanna. Significa credere che il sangue del Suo Figliuolo Gesù Cristo mi purifica da ogni peccato, e anche se la mia stessa coscienza mi condanna, io credo che Egli salva "perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio" (Ebrei 7:25).
Venire a Cristo come santi è facile. Anche confidare nelle cure del dottore quando stai bene è facile; ma mantenere la stessa fiducia in Lui quando ti senti morire e senti la malattia avanzare sotto pelle, nonostante che tu abbia preso le medicine che ti ha prescritto: questa è fede!
Quando il peccato ti vince
L'oggetto della fede, quindi, è Cristo come perfetto sostituto per ogni peccatore. Non l'Iddio Creatore o lo Spirito Santo, né tanto meno quel che sentiamo o meritiamo, ma solo ed unicamente il sacrificio espiatorio di Gesù Cristo va considerato come il vero fondamento della fede e della speranza di ogni credente.
PERCHÉ CREDERE E DOVE NASCE LA FEDE?
La fede viene dall'udire... la parola di Cristo" (Romani 10:17). Ma come mai non tutti gli uomini ascoltano e, pur udendo, molti rimangono increduli? Da dove nasce la fede nell'uomo?
Dal punto di vista umano, la fede nasce come risultato di un senso di necessità. Una persona avverte l'urgente necessità di un Salvatore, scopre che Cristo è proprio il Salvatore di cui ha bisogno e perciò, non potendo farcela da sola, crede in Gesù.
L'uomo non trova via di scampo in sé stesso, sente che se non accetterà Cristo perirà eternamente, quindi lo fa perché non ha alternativa; si sente stretto in un angolo a causa del peccato e l'unica via d'uscita è accettare la giustizia di un Altro. Ha capito che non può salvarsi con le proprie buone opere o le proprie sofferenze; perciò si umilia e fa l'unica cosa che gli rimane per non essere condannato: accogliere la salvezza offertagli da Gesù.
Ma facciamo un passo indietro. Da dove nasce questo senso di necessità nell'uomo? Come mai alcuni avvertono il bisogno di conoscere Cristo, mentre tanti altri sembrano non avvertirlo? Di sicuro gli altri ne hanno altrettanto bisogno, ma come mai solo alcuni si sentono peccatori, perduti e spinti verso Cristo?
La risposta è che questo è il dono di Dio, come conseguenza della convinzione dello Spirito Santo che attira gli uomini a Cristo servendosi della Parola di Dio, della legge divina, la quale mette a nudo ogni peccatore e Io convince di peccato.
L'opera combinata della Parola e dello Spirito Santo produce la profonda certezza di peccato, di giustizia e di giudizio (cfr. Giovanni 16:8). A questo punto, il peccatore si sente come una nave in balia della tempesta e non ci pensa due volte a correre al sicuro in questo porto celeste.
La salvezza in Cristo è così antitetica alla nostra mente carnale, così opposta all'idea umana che vorrebbe meritarsela con le proprie opere, che non ci rivolgeremmo mai a Gesù se lo Spirito Santo e la Parola di Dio non ci convincessero che noi siamo nulla e che l'unica soluzione è Cristo.
Ma facciamo un altro passo indietro. Come mai, però, alcuni avvertono la necessità della salvezza ed altri no?
L'adesione alla grazia non sarà, né potrà essere, una conclusione logica, perché le dottrine che ci vengono dall'alto, non essendo frutto della sapienza umana, non possono affatto essere adeguatamente ridotte alla nostra misura terrena.
La redenzione, infatti, è d'ispirazione soprannaturale. Essa non consiste solamente nel liberare l'uomo da quello che quaggiù l'opprime, nel fargli superare i suoi limiti personali, o anche nel condurlo ad una certa elevazione morale o spirituale, pur grande e sublime che sia, ma soprattutto nel ricondurlo gradito alla presenza di Dio. Grazie ad essa, una nuova vita inizia per l'uomo.
Per ritrovare la via abbandonata, ogni individuo dovrà entrare in contatto vitale con Cristo, nel Quale si trova inesauribile la grazia di Dio, perduta o rifiutata. La restituzione dell'uomo - caduto nel peccato - al favore di Dio si compie solo "per" e "in" Cristo Redentore.
Il potere di conoscere Dio appartiene all'uomo, non secondo ciò che egli è in sé stesso, ma secondo ciò che ha compiuto Gesù Cristo.
Soltanto l'uomo che risponde affermativamente alla chiamata divina, attuata per mezzo del Suo Unigenito Figliuolo, può conoscere Dio. Solo da Lui l'uomo può ricevere l'elevazione e l'energia soprannaturale, senza la quale tutti gli atti personali espiatori e riparatori non avrebbero alcun valore.
D'altra parte, concludere che l'efficacia della redenzione consista unicamente nel costituire un dono oggettivo fatto a tutti gli uomini indipendentemente dalla loro autonoma e libera scelta, significherebbe svalutare la dignità donataci da Dio stesso. La redenzione in Cristo, nel momento in cui viene accettata, diventa una realtà interiore di ciascuno di noi. Essa lavora le anime, illumina le intelligenze, stimola la volontà; più che un esempio ed una realtà morale, essa è una realtà divina: è Cristo presente in noi mediante la Sua grazia salvifica.
Vita nuova
E' una vita nuova perché l'uomo l'affronta con una nuova prospettiva. Se prima, essendo nel peccato e perciò separato da Dio, viveva concependo la vita come la realizzazione dei propri desideri carnali, ora, avendo realizzato la salvezza in Cristo, comincia a viverla in funzione del traguardo celeste.
La fede che salva non è un principio scoperto nel corso di un'analisi descrittiva e nemmeno è individuato in un processo di astrazione, ma è colto per riflessione: "Ma rientrato in sé... si alzò" (cfr. la parabola del Figlio Prodigo in Luca 15:11-32).
Noi comprendiamo la necessità di rispondere alla chiamata divina, quando lo Spirito di Cristo fa brillare ai nostri occhi le qualità divine, tra le quali splende in un modo specialissimo l'amore incommensurabile di Dio.
L'opera della redenzione ci scandalizza, ci lascia perplessi, perché l'uomo naturale conosce il Dio astratto dei filosofi, non il Dio concreto e vivente dell'Evangelo. I preconcetti della nostra natura umana conducono soltanto ad una falsa redenzione, spogliando l'atto salvifico della grazia del suo carattere soprannaturale, del suo valore divino, della sua vera efficacia.
La grazia rivelatrice di Dio, in primo luogo, si rivolge alla nostra fede, poi e soltanto allora, alla nostra ragione. Il paradosso è questo: molti uomini non rispondono positivamente alla chiamata di Dio perché troppo occupati a conoscerLo. Sopprimere la fede nella redenzione di Cristo, significa annullare la reale efficacia della grazia divina.
Tuttavia, noi non siamo capaci di penetrarvi con le nostre forze. Infatti, l'uomo naturale lotta contro la grazia. La sua apparente apertura alla grazia molto spesso maschera una censura. Uno slancio ineluttabile porta l'uomo ad affermarsi, a comprendersi, ad auto-giustificarsi e lo porta ad affermare che può fare a meno della grazia di Dio.
Tuttavia, Cristo non è soltanto "la Via, la Verità e la Vita" in quanto è l'uomo perfetto - l'esempio unico per tutti gli uomini - lo è soprattutto in quanto è Dio;
- è la Vita perché è la sorgente vera di una nuova vita per l'umanità;
- è la Via da seguire, perché nel nostro sforzo verso Dio dobbiamo assolutamente passare attraverso di Lui, affinché l'atto compiuto abbia il suo valore;
- è la Verità, perché dobbiamo imparare da Lui quello che dobbiamo fare nell'ordine soprannaturale.
Quindi, se rimangono il peccato e la possibilità della perdizione per alcuni, non è già per una carenza dell'opera redentrice compiuta da Cristo sulla croce, ma dal segreto della responsabilità personale, della libera determinazione lasciata all'uomo perché decida egli stesso della sua salvezza.
Dio vuole farci Suoi figli e per questo comunica una nuova natura, ci rende partecipi della Sua stessa vita. L'opera di Cristo non ha altro scopo se non quello di recarci questo dono divino, questa vita nuova. Ma è soltanto con una vita arresa al Maestro divino che questo dono si custodisce (cfr. Giovanni 15:5). Soltanto dalla Sua grazia prorompente possono scaturire le necessarie energie per rimanere perseveranti sino alla fine.
Allora, alla domanda che ci eravamo posti all'inizio di questo capitolo, potremo rispondere così: la conoscenza di Dio per fede indica una doppia possibilità: da un lato quella della rivelazione e dell'illuminazione divina, mentre dall'altro quella dell'accettazione umana della grazia divina.
Tuttavia, queste due possibilità non vengono giustapposte sullo stesso piano; non si afferma che la seconda supplisce ad un'inefficienza della prima.
- Il primo atto è la rivelazione di Dio in Cristo Gesù;
- il secondo è la capacità dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, di dire "sì" all'invito divino.
In altri termini, la conoscenza della rivelazione divina ci permette di confessare che Dio si è rivelato in Gesù Cristo. Quella naturale ci permette di affermare che la Parola di Dio, il Verbo fatto carne, ha un valore personale, proprio per noi.
L'uomo non può credere in Dio se non per mezzo di Dio, ma è pur sempre l'uomo a credere, e non qualcun altro che decide per lui. La salvezza implica necessariamente una fede ed una scelta personale in un Dio che si rivela personalmente nella vita dell'uomo.
È dunque evidente che la redenzione cristiana in ognuno di noi è un'opera che comprende due aspetti,
- quella di Dio che la procura
- e quella dell'uomo, che la riceve.
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