La croce è uno di quei simboli il cui significato è completamente cambiato nel corso della storia. Anticamente era simbolo di terrore perché è uno dei più crudeli strumenti di tortura e di morte che l'uomo, nella sua brutalità, abbia mai escogitato. I Romani appresero questo metodo di esecuzione dai Cartaginesi i quali, considerando sacro il suolo, appendevano i criminali, La morte in croce, unità ad ulteriori torture, era prevista per i peggiori malfattori, i nemici dello stato romano e gli schiavi.
Il condannato veniva in prima istanza frustrato con un flagello munito di oggetti appuntiti; poi, alla mercé del pubblico scherno, costretto a trasportare il legno trasversale della croce fino al luogo dell'esecuzione. Giunti al punto
prestabilito, al condannato a morte venivano strappati di dosso i vestiti e divisi fra i carnefici che successivamente conficcavano al denudato i chiodi nei polsi, causando delle lesioni dei nervi che davano atroci sofferenze; nei piedi sovrapposti uno sull'altro veniva invece conficcato un unico lungo chiodo.
Questa sospensione creava le condizioni per una grave insufficienza respiratoria e il crocifisso poteva solo provvisoriamente sfuggire al soffocamento mentre si sollevava, sorretto solamente dal chiodo che era conficcato nei piedi. Nell'alternarsi dei sollevamenti e dei cedimenti verso il basso subentrava l'agonia. I carnefici, per abbreviarla, con un atto di pietà, spezzavano gli arti inferiori del condannato.
La croce era un terribile strumento di tortura e per gli uomini di 2000 anni fa sarebbe stato assurdo appenderselo al collo come ciondolo quanto lo sarebbe, per le persone religiose al giorno d'oggi, appendersi al collo l'immagine della sedia elettrica!
Oggi la croce evoca quasi esclusivamente il pensiero di Gesù di Nazaret, questo uomo giusto, che fece solo del bene, e che fu giustiziato tramite tale strumento. Il processo che precedette la condanna, così come l'esecuzione, figurano tra gli avvenimenti storici meglio documentati, ed hanno lasciato dietro di sé tracce profonde. La croce si è legata saldamente ad arte, cultura, usi e costumi per i quali riveste ancora grande importanza. Ciò che all'inizio era un sanguinoso simbolo di terrore si è trasformato per milioni di uomini in un simbolo di speranza.
Ma quanticonoscono effettivamente il suo significato? Perché la morte del Messia sulla croce è così importante per i cristiani? Può uno strumento di morte donarci la speranza?
La chiave di questo interrogativo sta nell'andare a ritroso nel tempo per passare in rassegna tutti gli avvenimenti che ruotarono intorno all'esecuzione di Gesù di Nazaret.
I vangeli riportano un dettagliato resoconto della sua condanna e crocifissione; quasi la metà del resoconto vangelico si concentra sulla passione.
Gesù, l'uomo che ha predicato l'amore, fu odiato dagli uomini. L'élite spirituale dell'antico Israele, i dottori della legge, lo vedevano come una minaccia per il loro insegnamento e per la loro condizione privilegiata. Affermare essere il Figlio di Dio rappresentava per loro una provocazione tale da meritare la morte. Perciò lo condussero davanti al sinedrio giudeo e svilupparono un impianto accusatorio comprendente false testimonianze in modo da Il imputargli dei presunti passi falsi. Gesù tacque durante il processo. Le prove addotte si contraddicevano tra loro; le accuse divergevano talmente le une dalle altre da non risultare affatto probatorie, e le argomentazioni non stavano in piedi, sebbene l'accusato non avesse pronunciato una sola parola a sua difesa.
Il processo divenne imbarazzante: Caiafa, il sommo sacerdote e sommo giudice, perse le staffe e, contrariamente al diretto processuale, interrogò Gesù personalmente, ma non ottenne alcuna risposta. La situazione cambiò del tutto quando chiese a Gesù: "Sei tu il messia, il Figlio del Dio vivente?" Gesù rispose: "Io lo sono." Per 'indignazione e lo sgomento il sommo sacerdote si stracciò le vesti e così tutti gli altri giudici; poi tennero consiglio e all'unanimità condannarono a morte l'imputato per bestemmia. I vangeli riportano chiaramente che Gesù non fu condannato sulla base di una qualche azione ma in base a ciò che Lui era: il Figlio di Dio.
Secondo il diritto allora vigente, per poter uccidere Gesù non bastava la condanna del sommo consiglio dei capi giudei. Era necessario il verdetto del governatore romano, Pilato, davanti al quale Gesù fu accusato di alto tradimento e di istigazione del popolo alla sommossa.
Pilato indugiò e decise di trattare il caso personalmente.
È probabile che l'esitazione iniziale di Pilato fosse dovuta alla moglie Claudia Procula, nipote di Augusto, la quale gli consigliò di non caricarsi di nessuna colpa per il caso giusto Gesù. Pilato stesso lo interrogò addentrandosi in una delicata questione politica e andando ad impelagarsi in uno "scontro diplomatico" con Caiafa. Anche durante questo processo Gesù non pronunciò alcuna parola in sua difesa e Pilato non fu in grado di rilevare alcuna colpa: "Io non trovo nessuna colpa in lui". Fu allora colto da un conflitto interiore: Gesù era senza colpa, ma nello stesso momento era suo compito assicurare l'ordine pubblico; assolvendolo, avrebbe dovuto fare i conti con una rivolta popolare giudea. Dopo aver soppesato i vari aspetti politici della questione, decise di a consegnare Gesù ai Giudei per crocifiggerlo.
A vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridavano: "Crocifiggilo."'. E Pilato disse loro: "Prendetelo e crocifiggetelo voi, io non trovo in lui nessuna colpa" (Giovanni 19:6).
Così Gesù fu portato via e giustiziato in una maniera spietata.
I fatti evidenziano chiaramente che chi teneva le fila di questo assassinio legalizzato non avrebbe potuto condannare Gesù e se egli stesso non lo avesse permesso. Gesù non si difese. Come riporta Matteo, già molto tempo prima della sua condanna egli sapeva che sarebbe ucciso. Disse ai suoi discepoli:
"Il Figlio dell'Uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno. Ma dopo tre giorni risusciterà."
Ed essi diventarono molto tristi (Matteo 17:22-23 ).
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