Dio stesso si fa uomo, egli stesso si incarna in Gesù Cristo, suo Figlio, porta sul suo corpo la nostra carne nella morte sulla croce. Dio uccide suo Figlio che si è incarnato, e con suo Figlio uccide tutto ciò che è carne sulla terra. Ora è manifesto che nessuno è buono tranne Dio, che nessuno è giusto tranne Dio solo. Così Dio ha dato la terribile dimostrazione della sua propria giustizia (endeixis tes dikaiosunes autou Rom. 3,26) mediante la morte di suo Figlio. Dio dovette mettere a morte l’umanità tutta condannandola alla pena della croce, perché lui solo potesse essere giusto. La giustizia di Dio è manifesta nella morte di Cristo Gesù. La morte di Gesù Cristo è il luogo dove Dio dà la benevola prova della sua giustizia, dove dimora solo la giustizia di Dio.
Chi potesse divenire partecipe di questa morte, sarebbe anche partecipe della giustizia di Dio. Ora Cristo portò la nostra carne e i nostri peccati nel proprio corpo sul legno (1 Pt. 2,24). Ciò che è stato fatto a lui è stato fatto a noi tutti. Egli prese parte alla nostra vita e alla nostra morte, e così noi divenimmo partecipi della sua vita e della sua morte. Se la giustizia di Dio dovette essere dimostrata con la morte di Cristo, noi ci troviamo con lui lì dove dimora la giustizia di Dio sulla sua croce, perché egli portò la nostra carne. Così in quanto morti diveniamo partecipi della giustizia di Dio nella morte di Gesù. La giustizia di Dio stesso che uccide noi peccatori, nella morte di Gesù, è la sua giustizia per noi. Essendo la giustizia di Dio ristabilita con la morte di Gesù, anche per noi che siamo inclusi nella morte di Gesù, è ristabilita la giustizia di Dio. Dio dimostra la sua giustizia «in modo da essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù» (Rom. 3,26). In questo sta la giustificazione del peccatore che Dio solo è giusto e l’uomo è assolutamente ingiusto, non che egli pure sia giusto accanto a Dio. Ogni volontà di essere noi pure giusti ci separa completamente dalla giustificazione per opera della sola giustificazione di Dio.
Dio solo è giusto. Questo, nella croce, viene riconosciuto come giudizio su di noi in quanto peccatori. Ma chi si ritrova per fede nella morte di Gesù sulla croce, riceve proprio lì, dov’è condannato a morte perché peccatore, la giustizia di Dio che trionfa sulla croce.
Egli viene giustificato proprio perché non può e non vuole mai essere giusto lui stesso, ma accetta che Dio solo sia giusto. Perché l’uomo davanti a Dio non può mai essere fatto giusto, se non nel momento in cui riconosce che Dio solo è giusto, e lui, uomo, è del tutto peccatore. Se domandiamo, come noi peccatori possiamo essere giusti davanti a Dio, in fondo, domandiamo come Dio può essere giusto solo verso di noi. La nostra giustificazione trova la sua ragione solo nella giustificazione di Dio, «affinché tu (Dio) sia riconosciuto giusto nelle tue parole e trionfi dovunque ti si mette in giudizio» (Rom. 3.4).
Si tratta solo della vittoria di Dio sulla nostra ingiustizia, che Dio resti giusto di fronte a se stesso, che sia giusto lui solo. Questa vittoria di Dio è stata conquistata sulla croce. Perciò questa croce non è solo giudizio, ma anche riconciliazione (ilasterion v. 25) per tutti quelli che credono che nella morte di Gesù Dio solo è giusto e che riconoscono i propri peccati. La giustizia di Dio crea essa stessa la riconciliazione (proetheto v. 25). «Dio in Cristo si riconciliava il mondo non imputando ad esso i suoi errori» - li portò lui stesso e subì perciò la morte del peccatore «affidando a noi la parola della riconciliazione» (2 Cor. 5,19 ss.). Questa parola vuol essere creduta: Dio solo è giusto e la nostra giustizia è nata in Gesù.
Ma tra la morte di Cristo e l’annunzio della croce sta la sua resurrezione. Solo in quanto risorto egli è colui la cui croce ha potere su di noi. L’annunzio di Gesù crocifisso è sempre già l’annunzio di colui che non è stato trattenuto dalla morte. «Noi dunque siamo ambasciatori di Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: riconciliatevi con Dio». L’annunzio della riconciliazione è la Parola stessa di Cristo. Egli è il risorto, che si mostra a noi come il crocifisso, nelle parole dell’apostolo: ritrovatevi nella morte di Gesù Cristo nella giustizia di Dio, che in essa ci viene donata. Chi si ritroverà nella morte di Gesù si ritrova nella giustizia di Dio solo. «Colui che non conobbe il peccato, egli lo ha fatto diventare peccatore per noi, affinché noi diventassimo in lui giustizia di Dio». L’innocente viene ucciso, perché porta la nostra carne peccaminosa, è odiato e maledetto da Dio e dal mondo, fatto peccato a cagione della nostra carne. Noi, invece, troviamo nella sua morte la giustizia di Dio. In lui noi usufruiamo del potere della sua incarnazione. Egli morì per noi, perché noi, che siamo peccatori, in lui divenissimo giustizia di Dio, in quanto peccatori che mediante la giustizia di Dio solo siamo affrancati dal peccato. Se Cristo davanti a Dio è il nostro peccato che dev’essere condannato, noi siamo in lui la giustizia, ma non certo la nostra propria giustizia (idia dikaiosune Rom. 10,3; Fil. 3,9), ma appunto, nel senso più stretto, solo giustizia di Dio. Questo dunque è la giustizia di Dio, che noi peccatori diveniamo i suoi giustificati, e questa è la nostra, cioè la sua giustizia (Is. 54,7), che Dio solo è giusto e noi siamo peccatori accettati da lui. La giustizia di Dio è Cristo stesso (1 Cor. 1,30). Ma Cristo è il «Dio con noi» l’Emmanuele (Is. 7,14).
Dio la nostra giustizia (Ger. 33,16). L’annunzio della morte di Cristo è per noi la predicazione della giustificazione. Il battesimo è l’inserimento nel corpo di Cristo, cioè nella sua morte e risurrezione. Cristo è morto una volta, perciò anche battesimo e giustificazione vengono concessi una volta per sempre. Sono irripetibili nel senso più vero della parola. Ripetere si può solo il ricordo di ciò che è accaduto in noi una volta per sempre; e non solo lo si può, ma lo si deve ripetere. Ciononostante il ricordo è cosa ben diversa dal fatto stesso. Chi perde questo fatto non può più ripeterlo. In questo ha ragione l’epistola agli Ebrei (6,5 s. e 10,26 s.). Se il sale diviene insipido con che lo si salerà? Per chi è battezzato vale: «Non sapete...?» (Rom. 6,3; 1 Cor. 3,16 e 6,19) e: «Considerate voi stessi come morti al peccato, ma viventi a Dio in Gesù Cristo» (Rom. 6,11). È tutto compiuto, non solo sulla croce di Gesù, ma anche in voi. Voi siete affrancati dal peccato, morti, giustificati.
Con ciò Dio ha compiuto la sua opera. Egli ha fondato il suo santuario in terra mediante la giustizia. Il santuario si chiama Cristo, corpo di Cristo. L’affrancamento dal peccato è stato effettuato mediante la morte del peccatore in Gesù Cristo. Dio ha una comunità affrancata dal peccato. È la comunità dei discepoli di Gesù, la comunità dei santi. Essi sono accolti nel suo santuario, essi stessi sono il suo santuario, il suo tempio. Essi sono stati presi fuori dal mondo e vivono in una sfera nuova, loro propria, in mezzo al mondo.
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