L'apostolo, nei versi che precedono il nostro testo, avverte i Filippesi di guardarsi da quegli insegnanti che cercavano di allontanarli dalla semplicità del vangelo dicendogli che dovevano sottomettersi alla circoncisione e a tutti gli altri precetti imposti dall'Antico Testamento.
 
E, affinché essi non pensassero che parlava così per pregiudizio, o perché egli stesso non rispettava quelle regole, l'apostolo scrive loro che se qualcuno pensa di potersi confidarsi nella propria giustizia, nel rispetto delle leggi e dei precetti ebraici, lui può farlo molto di più: era, infatti, "circonciso l'ottavo giorno, della razza d'Israele, della tribù di Beniamino" (la tribù che aiutò quella di Giuda quando le altre si rivoltarono), "ebreo figlio d'Ebrei; quanto alla legge, fariseo" (la setta che osservava rigidamente la legge mosaica più di ogni altra in Israele), "...quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile" (Filippesi 3:4-6). Egli afferma anche che per il grande, ma fuorviato, zelo che lo animava, aveva in passato perseguitato la vera chiesa di Cristo.

Ma, quando piacque a Dio di rivelare il Suo Figliuolo in lui, "ciò che per me era un guadagno", scrive l'apostolo, quei privilegi dei quali mi vantavo, e per mezzo dei quali cercavo di essere reso giusto, "l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo" (verso 6). E per confermare che non si era mai pentito di quella decisione, aggiunge: "Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale rinunziai a tutte codeste cose e le reputo tanta spazzatura affin di guadagnare Cristo e d'esser trovato in lui avendo non una giustizia mia, derivante dalla legge (cioè non dalla mia appartenenza a un popolo devoto a Dio, o da qualunque opera buona io possa aver fatto), ma quella che si ha mediante la fede in Cristo; la giustizia che vien da Dio, basata sulla fede" (versi 8-9); una giustizia designata da Dio, che Egli mi imputerà se crederò in Cristo: "per conoscere lui, Cristo, e la potenza della sua risurrezione" (verso 10), cioè per conoscere, avendola provata nella mia vita, l'efficacia della Sua risurrezione, mediante l'influenza dello Spirito Santo sulla mia anima. Questi versi implicano che Gesù Cristo è risorto dai morti, e che è di estrema importanza per noi conoscere la potenza della Sua risurrezione.

Cercherò dunque di dimostrare con le Scritture che:
PRIMO, Cristo è davvero risorto dai morti; e che era necessario che lo facesse; e,
SECONDO, che è di estrema importanza per noi conoscere e sperimentare la potenza della Sua risurrezione.

1. Cristo è davvero risorto.

La Sua risurrezione dai morti era assolutamente necessaria per due ragioni:
innanzi tutto era necessaria per lui; infatti, Gesù si riferì spesso ad essa come ultima e più convincente prova del fatto che Egli era il Messia: "Questa malvagia e adultera generazione chiede un segno, ma nessun segno le sarà dato, se non il segno del profeta Giona" (Matteo 12:39). E ancora: "Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere" (Giovanni 2:19). I Suoi nemici ricordarono queste parole; essi dissero a Pilato: "quel seduttore, quando era ancora in vita, disse: 'Dopo tre giorni io risusciterò'" (Matteo 27:63), e lo indussero così a far sorvegliare la tomba di Gesù affinché i discepoli non ne rubassero il corpo per poter dire che era risorto.

Inoltre, la Sua risurrezione era necessaria per noi. Egli, dice l'apostolo, "è stato risuscitato per la nostra giustificazione" (Romani 4:25), cioè affinché il nostro debito verso Dio, il debito dei nostri peccati, potesse essere pagato e cancellato.
Piacque al Padre (per sempre adorato sia il Suo infinito amore e la Sua libera grazia) di colpire il Suo unico Figlio per le nostre trasgressioni, e di farlo morire al posto nostro a causa dei nostri peccati: "Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è caduto su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti" (Isaia 53:5). Ora, se Cristo fosse rimasto nella tomba noi non avremmo potuto avere certezza del perdono dei nostri peccati; ma poiché Egli ha vinto la morte, possiamo essere certi che con il Suo sacrificio Dio è soddisfatto, la nostra espiazione è stata fatta sulla croce, Egli ha fatto un completo, perfetto, e sufficiente sacrificio per i peccati del mondo.

Infine, era necessario che il nostro Signore Gesù risuscitasse dai morti, per assicurarci della certezza della risurrezione dei nostri corpi.
La dottrina della risurrezione del corpo fu derisa tra i Gentili, e in particolare leggiamo che gli Ateniesi chiamavano Paolo "un cianciatore" e "un annunziatore di divinità straniere", perché annunziava loro Gesù e la risurrezione (Atti 17:18). E sebbene in essa credevano anche la maggior parte degli ebrei, come si evince da molti passaggi della Scrittura, l'intera setta dei Sadducei la rinnegava. Ma la risurrezione di Gesù Cristo mise fine alla disputa. Poiché dal momento che è il nostro rappresentante, se Egli, che è il nostro capo, risorse, anche noi, che siamo sue membra, siamo risorti con Lui. E come tutti morirono, in questo senso, nel primo Adamo, così nel secondo Adamo risorgiamo.

Era dunque necessario, per questi motivi, che il nostro benedetto Signore risorgesse dai morti; ed è chiaro e privo di ogni contraddizione il fatto che sia risorto. Mai un fatto fu più chiaramente attestato; mai furono prese più precauzioni per prevenire ogni imbroglio. Egli fu sepolto in un sepolcro scavato nella roccia, in modo che il corpo non potesse essere raggiunto scavando da sotto o dalle pareti, per essere trafugato. Si trattava inoltre di un sepolcro nuovo, dove nessun uomo era stato posto prima: dunque se un corpo risorse da lì, doveva essere il quello di Gesù di Nazareth. Inoltre, il sepolcro era sigillato: una grande pietra fu rotolata sull'entrata in modo da chiuderla; e un gruppo di soldati (composto non da amici, ma quelli che si professavano Suoi nemici, mandati da Pilato) fu messo a guarda del sepolcro. E in quanto ai discepoli, non pensavano a trafugarne il corpo, dato che non molto tempo dopo lo avevano abbandonato, e forse erano tra quelli che più di tutti dubitarono della Sua risurrezione. E quand'anche i soldati si fossero addormentati ed essi fossero venuti per trafugare il corpo, si sarebbe dovuto trattare di un sonno davvero profondo, se nessuno di essi si svegliò mentre veniva rotolata via la grande pietra che bloccava l'entrata del sepolcro!

E il nostro benedetto Signore in seguito apparve diverse volte, e in diverse occasioni, ai Suoi discepoli, come quando essi erano riuniti insieme, e quando stavano andando verso Emmaus, e quando stavano pescando; e quando Egli acconsentì a mostrare loro i fori sulle Sue mani e sui Suoi piedi, e quando apparve a cinquecento fratelli in una sola volta; tutto ciò mette del tutto fuori discussione la certezza della Sua risurrezione.
Certo, si può obiettare che i libri nei quali sono narrati questi fatti sono stati scritti dai Suoi discepoli. Ma quali migliori testimoni di coloro che hanno visto con i loro occhi quello di cui hanno parlato, e che hanno mangiato e bevuto con Lui dopo la Sua risurrezione? Qualcuno dirà che erano uomini illetterati e ignoranti. Eppure, quali testimoni di un semplice dato di fatto valsero quanto i più illustri dottori della legge in tutto Israele. Anzi, queste loro caratteristiche li rese ancora più adatti come testimoni; poiché, essendo persone semplici, non possono essere sospettati di raccontare o inventare menzogne, in particolar modo perché rinnegarono le loro stesse vite per testimoniare la verità.

Leggiamo che Giacobbe raccontò una menzogna a suo padre per ottenere la sua benedizione. Ma da che esiste il mondo, non si è mai sentito di un uomo, e meno che mai di un intero gruppo di uomini, che morissero come martiri dando la propria vita per testimoniare una falsità dalla quale essi stessi non traessero alcun vantaggio.

No, questa circostanza prova agli israeliti che in essi non c'era alcuna colpa; e il meraviglioso successo che Dio diede al loro ministero in seguito, quando tremila persone furono convertite mediante la predicazione di un solo sermone, e dodici poveri pescatori, in pochissimo tempo, divennero "più che vincitori" su qualunque opposizione fatta dagli uomini o dai demoni, sono chiare dimostrazioni che Cristo è risorto, secondo il loro vangelo.
Di quale altra testimonianza abbiamo bisogno? Credete voi nella risurrezione del nostro benedetto Signore? So che voi lo credete, e il fatto che siete qui riuniti insieme in questo primo giorno della settimana nei cortili della casa del Signore lo testimonia abbondantemente.

L'importanza per noi conoscere e sperimentare la potenza della Sua risurrezione.

La seconda cosa di cui intendo parlare, ciò che maggiormente deve interessarci, è se abbiamo sperimentato la potenza della risurrezione di Cristo; cioè, se abbiamo ricevuto o meno lo Spirito Santo, e se per la Sua opera potente nei nostri cuori siamo stati risuscitati dalla morte del peccato, a una vita di giustizia e vera santità.

Era questo che il grande apostolo desiderava maggiormente conoscere. Egli sapeva che la risurrezione del corpo di Cristo non gli sarebbe giovata a nulla a meno che egli non ne avesse sperimentata la potenza mediante la rinascita della sua anima morta nel peccato.
Poiché il motivo più importante per cui il nostro benedetto Signore risorse dai morti fu che Egli doveva entrare nei cieli come nostro rappresentante, e mandare lo Spirito Santo ad applicare nei cuori dei credenti quella redenzione che Egli aveva ottenuto sulla croce, operando un cambiamento radicale in essi.

Senza questo, Cristo sarebbe morto invano. Sarebbe stato inutile che la Sua giustizia esteriore ci fosse imputata, senza che fosse anche prodotta dentro di noi una giustizia interiore. Poiché, essendo stati concepiti e nati nel peccato, e dunque impossibilitati a stare in comunione con un Dio infinitamente puro e santo, non possiamo riuscire a vederLo o a godere della Sua compagnia, fino a quando un profondo rinnovamento non abbia luogo nei nostri cuori.

Diversamente, non permettiamo allo Spirito Santo di portare a compimento la grande opera della nostra redenzione. Ma siamo stati creati per volontà e decisione della benedetta trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, e nel Loro nome siamo stati battezzati; così dunque Essi tutti devono concorrere alla nostra salvezza: poiché quello che il Padre ha creato, e il Figlio ha redento, lo Spirito Santo deve santificare e sigillare in noi, altrimenti avremo creduto invano.

Questo intende l'apostolo quando parla della potenza della risurrezione di Cristo, ed è questo che ci interessa conoscere e sperimentare.
Senza questo, sebbene possiamo essere moralisti, possiamo essere persone civili, di buon carattere, non siamo Cristiani. Poiché non è un Cristiano chi lo è soltanto fuori, né abbiamo alcun diritto presso Dio perché ogni giorno professiamo di credere che Cristo è risorto dai morti il terzo giorno. Il vero Cristiano è colui che lo è dentro; possiamo essere dei veri credenti quando non solo professiamo di credere, ma abbiamo anche sperimentato la potenza della risurrezione del nostro benedetto Signore, essendo vivificati e rinnovati dal Suo Spirito, liberati dalla morte dei nostri peccati, per camminare in novità di cuore e di vita.

I demoni stessi credono nella dottrina della risurrezione di Cristo, e tremano; eppure continuano ad essere demoni, poiché la potenza della risurrezione non si applica loro, né sono stati da essa vivificati per ravvedersi e liberarsi della loro natura diabolica. E così pure, se oltre a professare di conoscere, non sperimentiamo anche la risurrezione di Cristo, nascendo di nuovo da alto (cfr. Giovanni 3:5 e seg.) saremo lontani dal regno di Dio come lo sono loro: la nostra fede sarà inefficace come lo è la fede dei demoni.

Niente ha causato più danni alla Cristianità, niente ha smorzato di più il messaggio della potenza della croce di Cristo, della vana supposizione che la religione è qualcosa in cui noi non partecipiamo. Piuttosto dovremmo considerare che ogni cosa che Cristo ha fatto esteriormente, deve essere rifatta similmente nelle nostre anime; altrimenti, credere che in passato è esistita una persona divina sulla terra, che ha trionfato sull'infermo e sulla morte, non gioverà alle nostre vite più del fatto di sapere che è esistito un grande conquistatore come Alessandro.

Come Cristo nacque dal grembo della Vergine, così deve nascere spiritualmente nei nostri cuori. Come Egli morì per il peccato, così noi dobbiamo morire al peccato. E come Egli risorse dai morti, così anche noi dobbiamo rinascere a nuova vita.

Soltanto quelli che Lo hanno seguito in questa rigenerazione, o nuova nascita, siederanno sui troni in cielo, quando Egli verrà nella Sua tremenda maestà per giudicare il mondo. è vero che il fatto di compiere delle opere esteriori per ottenere la salvezza era un fatto transitorio, ed è terminato definitivamente con la croce, ma l'applicazione di quella redenzione ai nostri cuori è un'opera che continuerà sempre, fino alla fine del mondo.
Fintanto che sulla terra esisteranno uomini eletti a salvezza, come sono appartenuti per natura alla discendenza del primo Adamo, così per la risurrezione del secondo Adamo (cioè il Signore), lo Spirito Santo deve vivificare quelle anime.

Sebbene possiamo esistere per Cristo, non possiamo dire di esistere in Cristo fino a quando non siamo uniti a Lui in uno spirito solo, entrando così in un nuovo stato di cose, così come fece Lui risorgendo dai morti.
Possiamo affollarci presso Cristo e invocarLo dicendo: "Signore, Signore!" quando andiamo ad adorarLo, ma non gli apparteniamo fino a quando per una fede vivente nella Sua risurrezione, sentiamo una virtù divina uscire da Lui e rinnovare e purificare le nostre anime.

Quando è grave l'errore di quelli che riposano su una mera fede storica della risurrezione del nostro Salvatore, e cercano solo prove esteriori della Sua realtà! Quand'anche noi fossimo le persone più istruite di questo mondo, e parlassimo della certezza di queste cose nelle lingue degli uomini e degli angeli, se non abbiamo questa testimonianza interiore nei nostri cuori, sebbene possiamo convincere gli altri, noi non saremo mai salvati. Poiché noi siamo solo uomini morti, come cadaveri nelle tombe, fino a quando lo stesso Gesù che chiamò Lazzaro fuori dalla tomba, e alla cui risurrezione molti morti risorsero, non ci vivifica mediante il Suo Spirito, facendoci passare dalla nostra morte naturale, nella quale per così tanto tempo abbiamo giaciuto, alla vita santa ed eterna.

Possiamo pensare che saremmo stati felici se avessimo veduto il santo Gesù dopo la Sua risurrezione dai morti, e se le nostre mani avessero toccato il Signore della vita. Ma più felici sono coloro che non Lo hanno veduto, eppure hanno sperimentato la potenza della Sua risurrezione, e dunque credono in Lui. Molti videro il nostro divino maestro, eppure non tutti furono salvati da Lui; ma chiunque prova la potenza della Sua risurrezione, ha la caparra della Sua eredità in cielo nel suo cuore, è passato dalla morte alla vita, e non verrà nel giudizio finale.

So bene che queste cose sono pazzia per gli uomini carnali, come lo erano molte verità del nostro Signore per gli stessi discepoli, quando erano ancora deboli nella fede, prima che Egli risorgesse. Ma quando questi uomini carnali, come loro, avranno provato appieno la potenza della Sua risurrezione, allora essi sapranno che questa dottrina è da Dio, e diranno come il Samaritani: ora crediamo, non per le tue parole, ma perché noi stessi l'abbiamo sperimentato nei nostri cuori.

Oh se tutti gli increduli, e i religiosi eruditi di Israele, che considerano la dottrina della potenza della risurrezione di Cristo, la nuova nascita, come una sciocchezza, e condannano coloro che la predicano etichettandoli come pazzi e fanatici, se solo ne sperimentassero la potenza nelle loro anime, smetterebbero di essere increduli! Crederebbero come Tommaso, quando rivide il Signore Gesù, e solo quando Lo ebbe toccato con mano gridò quella santa confessione: "Signor mio e Dio mio!" (Giovanni 20:28).

Ma come farà l'incredulo, come farà il Cristiano formalista a "conoscere lui, Cristo, e la potenza della sua risurrezione" (Filippesi 3:10) ? Il Signore, che non può mentire, ci ha detto: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà" (Giovanni 11:25). E ancora, Egli dice all'apostolo: "è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio" (Efesini 2:8).
Questa, questa è la via, camminate in essa! Credete, e dimorerete in Cristo, e Cristo in voi; sarete uno con Cristo, e Cristo sarà uno con voi. Ma senza questo, la vostra giustizia esteriore e la vostra professione di fede non vi serviranno a nulla.

Ma per questa fede non dobbiamo intendere una spenta fede speculativa, una convinzione intellettuale; bensì essa deve essere un principio vivente generato nel cuore dall'opera potente dello Spirito Santo, una fede che ci renderà capaci di vincere il mondo, e di rinunciare a qualunque cosa per Gesù Cristo. Poiché così dice il nostro benedetto Maestro: "Ognuno di voi che non rinunzia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo" (Luca 14:33).

E così l'apostolo, nelle parole che seguono la parte del testo che abbiamo meditato, dice: "essendo reso conforme alla sua morte" (Filippesi 3:10), implicando dunque che non possiamo conoscere la potenza della risurrezione di Cristo se non siamo resi conformi a Lui nella Sua morte.
Se possiamo riconciliare la luce e le tenebre, il paradiso e l'inferno, allora possiamo sperare di conoscere la potenza della risurrezione di Cristo senza morire a noi stessi e al mondo. Ma se questo fosse possibile, sarebbe come dire che esista comunione tra Cristo e Belial.

Infatti esiste una tale contrarietà tra lo spirito di questo mondo e lo Spirito di Gesù Cristo, che chi è amico dell'uno, deve essere nemico dell'altro: "Nessuno può servire a due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure sarà fedele all'uno e disprezzerà l'altro; voi non potete servire a Dio e a mammona" (Matteo 6:24).

Questo può sembrare un parlare duro: e molti, come fece il giovane di cui si parla nel vangelo, possono essere tentati di andare via addolorati. Ma perché questo dovrebbe offenderli? Poiché cos'altro c'è nel mondo, se non la concupiscenza degli occhi, la concupiscenza della carne, e l'orgoglio della vita (cfr. 1 Giovanni 2:16), la vanità e il tormento di spirito?

Dio è amore; e perciò, se la nostra volontà, o il mondo, potessero renderci felici, Egli non avrebbe mai mandato il Suo caro Figlio Gesù Cristo a morire e a risorgere per liberarci proprio dalla loro influenza. Ma dato che essi causano solo tormento, e non possono soddisfare, Dio ci chiede di rinunciarvi.

Se un uomo avesse cercato di persuadere il profano Esaù a non perdere il suo glorioso privilegio solo per soddisfare un desiderio carnale e temporale, quando vendette la sua primogenitura in cambio di un piatto di minestra, non diremmo forse che quell'uomo si sia comportato da amico verso Esaù? E questo è proprio quello che ha fatto Dio con noi. Mediante la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, noi siamo rinati a un'eredità eterna tra tutti i santificati; ma la nostra volontà corrotta ci tenta affinché vendiamo questo glorioso diritto per le vanità del mondo, che, come la minestra di Esaù, possono soddisfare per un certo tempo, ma presto scompariranno. Dio lo sa, e perciò ci chiede di rinunciare ad esse per un motivo, affinché per godercele non perdiamo il privilegio di quella gloriosa primogenitura, la quale, mediante la conoscenza della potenza della risurrezione di Gesù Cristo, ci è stata data.

Oh la profondità delle ricchezze e l'eccellenza della Cristianità! Bene poteva san Paolo reputare tutte le cose come tanta spazzatura, di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo. Ben poteva desiderare così ardentemente di conoscere Gesù, e la potenza della Sua risurrezione. Poiché anche da questa parte dell'eternità essa ci innalza al di sopra del mondo, e ci fa sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù.
Ben poteva quel glorioso elenco di uomini e donne devote riportato nelle Sacre Scritture (cfr. Ebrei 11:17-38), sostenuti da un profondo senso della loro chiamata divina, disprezzare i piaceri e i guadagni di questa vita, e andare in giro coperti di pelli di pecora e di capra, in spelonche e grotte della terra, bisognosi, afflitti, maltrattati.

Oh se avessimo tutti la loro stessa disposizione d'animo! Che possiamo sentire la potenza della risurrezione di Cristo come fecero loro! Come potremmo allora "reputare tutte le cose come tanta spazzatura affin di guadagnare Cristo"! Come recupereremmo allora la nostra primiera dignità, calpestando le cose del mondo sotto i piedi, e cercando in continuazione con le nostre anime il Signore Iddio!

Cosa ci impedisce di avere questa disposizione d'animo? Gesù Cristo, il nostro Gran Sacerdote, è forse cambiato da come era in passato? No, "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno" (Ebrei 13:8). E sebbene Egli sia esaltato alla destra del Padre, Egli non si vergogna di chiamarci Suoi fratelli e sorelle. La potenza della Sua risurrezione è tanto grande oggi quanto lo era in passato, e lo Spirito Santo, che ci è stato assicurato per la Sua risurrezione, è pronto e potente da vivificare noi che siamo morti nelle nostre trasgressioni e nei nostri peccati, come lo è stato verso ogni santo che è mai vissuto. Solo gridiamo a Lui, adesso, a Colui che è potente e in grado di salvare i peccatori; in sincerità e verità, senza trattenere segretamente per noi l'ultima parte, rinunciamo a noi stessi e al mondo; allora saremo davvero Cristiani. E sebbene il mondo possa rigettarci, e allontanarci dalla sua compagnia,
Gesù Cristo camminerà con noi, e abiterà in noi. E nel giorno della risurrezione finale, quando la voce dell'arcangelo e la tromba di Dio comanderanno al mare e alla terra di restituire i loro morti, e tutte le nazioni appariranno davanti a Lui, allora Egli confesserà i nostri nomi davanti al Padre Suo e davanti ai santi angeli, e noi riceveremo l'invito che Egli pronuncerà verso tutti coloro che Lo amano e Lo temono: "Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo" (Matteo 25:34).

Concedici questo, o Padre, per amore del Tuo amato Figlio, Gesù Cristo il nostro Signore, al quale, con te e con lo Spirito Santo, siano onore e gloria, ora e in eterno.

Amen.

Inviato da alex il

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