“Nella nostra Bibbia leggiamo questa parola, ma in realtà nell’originale greco essa ha un altro significato ...“ : sempre più spesso capita di ascoltare dal pulpito frasi di questo tenore che implicitamente denunciano l’errata traduzione di un testo.

Purtroppo è spesso capitato anche a me di sentire questo genere di affermazioni e non posso nascondere il disagio che ho provato, dal momento che la prima domanda che ti viene istintivamente in mente è: “Ma allora la traduzione della Bibbia che ho in mano e che leggo da anni è ... imperfetta?! E, se è vero che contiene degli errori, come posso fidarmi?”. Ma viene anche da chiedermi: “Con quale competenza chi sta parlando contraddice la traduzione che leggo qui nella mia Bibbia? La sua conoscenza del greco e dell’ebraico è frutto di una supponente infarinatura o di una seria preparazione accademica?”.

Sinceramente non capisco questo modo di fare (anzi di parlare!) perché non aiuta a comprendere meglio il testo biblico, ma piuttosto getta discredito sul testo che abbiamo fra le mani e che normalmente leggiamo.

Alcuni anni fa ho avuto modo di parlare con Alfred Kuen, noto nel mondo evangelico di lingua francese per il suo lavoro, certosino e scrupoloso, di analisi del testo biblico che gli ha permesso nel tempo di dare alle stampe le “trascrizioni” del Nuovo Testamento e di alcuni libri dell’Antico Testamento (i salmi, i proverbi, i profeti). Parlandomi di questo suo lavoro, che personalmente ho molto apprezzato ed utilizzato, mi ha spiegato che il suo punto di partenza è stata la riconoscenza a Dio per i traduttori eccellenti e linguisticamente ultra preparati che Egli ha donato alla Chiesa e al mondo per poter rendere disponibile a tanti popoli il testo biblico nella loro lingua. Il suo lavoro è perciò consistito in una sorta di sintesi delle migliori traduzioni. Il risultato di questa sintesi è stato un arricchimento di significati non certo una loro smentita!

Con modalità diverse lo stesso servizio viene egregiamente svolto in Italia nel periodico “Parola e azioni” edito dall’Associazione Italiana Traduttori della Bibbia (www.aitb.it) nella rubrica “L’angolo del traduttore”. In questa pagina in ogni numero viene offerta l’analisi di una parola (ma anche dell’uso della punteggiatura) per favorire una migliore comprensione del testo.

Quindi è evidente che affermare “questa parola può avere un più ampio significato” è ben diverso dal dire “questa parola ha un diverso significato”.

Il Signore ci ha fatto dono, ormai da 412 anni, dell’eccellente traduzione di Giovanni Diodati, riveduta più volte nel tempo, per un necessario adeguamento alla lingua corrente, da persone linguisticamente esperte e preparate.

Impariamo ad essere riconoscenti di questo dono rispettando chi è stato usato da Dio per trasmettercelo in modo altamente qualificato.

Sicuramente ogni traduzione è perfettibile, ma la sua perfettibilità non può essere certo perseguita da “traduttori” improvvisati e dilettanti.

L’aspetto indubbiamente più triste delle “correzioni” fatte al testo biblico dal pulpito è che esse, nella quasi totalità dei casi, sono frutto di ostentazione “culturale” e non di umile ricerca di una comprensione migliore, di strumentalizzazione personale del testo biblico a sostegno delle proprie idee e non di disponibilità ad essere strumentalizzati e orientati dalla Parola. Appaiono quindi come frutto di presunzione e non di preparazione.

Il fatto che oggi vi sia un livello culturale generalmente più diffuso è senza dubbio positivo, ma la maggior conoscenza va vissuta senza supponenza e orgoglio, ricordando che il Signore ci ha posto in un “corpo” che si sviluppa grazie al “vigore di ogni singola parte” (Efesini 4:16). Dimostriamo allora, senza riserve o pregiudizi, la nostra riconoscenza per “il vigore” portato alla Chiesa da chi Dio ha usato nel tempo, perché oggi potessimo leggere la Sua Parola nella nostra lingua!

 

Paolo Moretti

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