La Parola ci offre innumerevoli occasioni, come persone e come comunità, di verificare il nostro cammino spirituale. Di provare, cioè, se quello che predichiamo lo viviamo, per quanto questo richieda sforzi, che si tratti di abbattere muri o riparare brecce, abbandare peccati, perdonare, aiutare ed avangelizzare, a volte anche con la bocca.
Quello riportato in 2 Corinzi 2:7 (dove il preludio è il perdono) è uno di quei check up comunitari che la Parola offre alla chiesa, intesa come comunità locale.
Come tutte le prove (o tentazioni) che si presentano esse offrono due vie, il superamento con una crescita spirituale oppure il non superamento con una decrescita. Passi che inanellati producono un risveglio spirituale oppure, lentamente ma inesorabilemente, la "perdita" del primo amore. Il discostamento, cioè, da quello che si predica rispetto a quello che si pratica. Il pericolo è che la predicazione rimane fina a se stessa, vuota, ed il vangelo disinnescato da una discrasia tra quello che si crede di essere rispetto a quello che si è, o si sta diventando.
Dio non voglia!
Mentre la Parola ci mette in guardia sui falsi fratelli, i falsi apostoli, le false dottrine, è altresì molto chiara sui sentimenti, anzi sulle scelte di misericordia, compassione e perdono da rivolgere a tutti. Cioè mentre la Parola chiama la chiesa ad attenzionare sul peccato, fino ad allontanare persone (un percorso di disciplina però sempre finalizzato al recupero, se possibile certo, ma mai all'abbandono) qui la chiesa è chiamata a fare anche il contrario, cioè la procedura inversa.
In questo passo la chiesa è chiamata a ricevere un peccatore ravveduto, è difficile perché lo scandalo, alla quale tra l'altro inizialmente erano rimasti colpevolmente insensibili, era enorme. Non si tratta solo di perdonare, ma di accogliere. Perdonare senza accogliere è un pericoloso compromesso, spia di un malessere o di una infezione altrettanto malevola quanto quella che ha contagiato il peccatore ravveduto.
Perdonare senza accogliere (cioè espressione fattuale dell'uso di benevolenza e conforto) significa non perdonare, guai!
Nella mia vita comunitaria o assistito a molte scene e, purtroppo, anche in prima persona. Per esempio:
- Richieste di perdono pubbliche che si sono rivelate poi forzate, non convinte, Dio non permetta!
- Persone che minaccivano di lasciare la comunità se quella sorella o quel fratello sarebbe state accolte. Dio non permetta!
Per la chiesa di Corinto, così ripiena di doni ma anche di errori, e per il peccatore ravveduto si presenta ora, in questo brano, occasione di crescita, di applicazione. Uno sforzo sempre ben ripagato dall'Eterno.
Troppo spesso le chiese dimenticano chi si allontana, chi si perde, chi cade. Relazioni perdute, certo per colpe, raggiungono ragionamenti umani, cessa la grazia prende il posto la logica e, in fondo, "The Show Must Go On". SI dimentica, spesso troppo velocemente, chi Dio non dimenticherà mai. Alleluia!
Ma non sia così. Abbiamo un Dio delle seconde e delle terze occasioni. Abbiamo un Dio che perdona 70 volte 7.
Cosa fa la sua chiesa?
Non dimentichiamoci degli ultimi o saremo dimenticati dal Primo.
Non rimpiagiamo le persone, magari al loro funerale, cerchiamole oggi che sono vive. Manda oggi un messaggio, tu che sei forte, a chi si è perso.
Dio è buono!
-- Chiesa, dovunque ti raduni, non dimenticare le pecore che si sono perse o ti perderai anche tu --
LA PAROLA ALLA PAROLA:
Basta a quel tale la punizione inflittagli dalla maggioranza, ma ora, al contrario, dovreste piuttosto perdonarlo e consolarlo, perché talora quell'uomo non sia sommerso dalla troppa tristezza. Vi prego perciò di confermargli il vostro amore, perché vi ho anche scritto per questo, per sapere alla prova se siete ubbidienti in ogni cosa.
Or a chi voi perdonate qualche cosa, perdono anch'io, perché anch'io se ho perdonato qualcosa a chi ho perdonato, l'ho fatto per amor vostro davanti a Cristo,
affinché non siamo sopraffatti da Satana, perché noi non ignoriamo le sue macchinazioni.
2 Corinzi 2:7
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