Ho ricevuto, recentemente, una interessante email dal fratello Filippo B., si tratta di una testimonianza molto toccante, la riporto integralmente.
Mi chiamo D*****, vivo a Manfredonia in provincia di Foggia, ho 35 anni, sono sposato e ho due figli. Oggi la mia è una vita normale, ma non è stato sempre così. Sono cresciuto con l'etichetta del bravo ragazzo che andava a scuola, lavorava, aveva un ottimo stipendio e una vita agiata, tornava a casa presto la sera. Cio nonostante ero insoddisfatto, non mi mancava nulla, ma non ero sereno.
Stufo della vita che conducevo, ho deciso di cambiare e cercare non so cosa. Ho stravolto la mia esistenza, iniziando a frequentare pub, discoteche, locali notturni, la notte mi divertivo andando in giro e il giorno dormivo.
Stavo bene, mi distraevo, per me era tutto nuovo, quella vita mi piaceva. Sono sempre stato un ragazzo emotivo, un po' insicuro, incapace di fare grandi discorsi, così ho iniziato a fare uso di cocaina, che mi faceva sentire ed apparire più brillante. Ne facevo ormai un uso sistematico, ma ero convinto di poterne uscire quando volevo: più questa convinzione diventava grande, più sprofondavo in una dipendenza assoluta. Un giorno nel negozio di ricambi per imbarcazioni che gestivo in un grande parcheggio di fronte al mare è entrata una ragazza della quale mi sono innamorato. Ho voluto di tenerle nascosta la mia dipendenza anche quando abbiamo deciso di sposarci.
Quando mia moglie ha scoperto la mia dipendenza era in attesa del nostro primo figlio e si è sentita crollare il mondo addosso. In un istante ho realizzato di essere inutile, tutto era diventato insignificante e quello che avevo fatto a me e a mia moglie iniziava a darmi il tormento. Volevo aiutare almeno lei, ma non ero in grado di farlo, schiavo com'ero della cocaina. Uscivo di casa alle due del pomeriggio per tornare alle quattro del mattino completamene ubriaco e drogato.
Mi sono ritrovato con responsabilità che non ero in grado di affrontare. Quando tornavo, trovavo mia moglie sul letto o sul divano, con il piccolo Francesco tra le braccia, ogni giorno sempre più distrutta, sempre più depressa. Alla vista di quelle scene desideravo cambiare vita, ma non sapevo come. Dopo qualche tempo mia moglie, ormai stanca di quella situazione, mi ha cacciato di casa ed io mi sono gettato a capofitto nella droga, che mi ha trasformato in una larva.
Avevo perso la mia famiglia, mia moglie, mio figlio e stavo perdendo anche la vita. Nella disperazione, ho trovato la forza di chiedere aiuto ai miei genitori, che un giorno mi hanno portato a casa di una persona che riconobbi essere la stessa che avevo chiamato per le pulizie del mio negozio. L'avevo contattata per caso, aprendo le pagine gialle alla voce "imprese di pulizia", e ricordo che dopo aver finito il suo lavoro aveva iniziato a parlarmi del Signore e del Suo infinito amore. Allora non avevo voluto ascoltare, ma questa volta, in preda alla disperazione, ho lasciato che mi parlasse di Gesù, di un Gesù vivente e potente, capace di risolvere tutti i miei problemi, anche quelli della droga.
Non ho creduto ad una sola delle sue parole, pensavo che volesse prendersi gioco di me come facevano tanti altri, tuttavia ascoltandolo mi sentivo meglio e non riuscivo a capire. In un'occasione, mentre facevamo una passeggiata, arrivati alla sua auto gli ho visto prendere la Bibbia e leggere un verso: "Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne" (Ezechiele 36:26). Io avevo davvero un cuore di pietra. Nel frattempo avevo riallacciato i rapporti con mia moglie, che mi stava permettendo di vedere mio figlio perché da mesi non mi drogavo più. Sono riuscito a non drogarmi per altri sette mesi, ma quando mi sembrava di aver raggiunto un'apparente tranquillità, ho ricominciato. Mia moglie non ha tardato molto a scoprirlo e a ributtarmi fuori di casa, questa volta con l'intento di chiedere il divorzio. Sempre più disperato, sono tornato dai miei genitori e, piangendo, ho detto loro che avevo intenzione di andar via, lo sconforto era tale che cominciava ad affiorare seriamente in me l'idea di farla finita.
È stato in quel momento che mi sono ricordato di Gesù, del Gesù che poteva risolvere i miei problemi, e mi sono rivolto a Lui, sebbene con parole di sfida. Dio nella Sua grandezza, nel Suo infinito amore, invece di badare alle mie parole di sfida, ha guardato direttamente al bisogno del mio cuore e da quella preghiera qualcosa in me è cambiato, ho provato una pace che non avevo mai conosciuto. Quella sera stessa ho chiamato mia moglie al telefono e le ho detto che avevo bisogno di parlarle. Ci siamo incontrati a casa e le ho spiegato che avevo intenzione di cambiare vita e che sapevo anche come. La persona che mi aveva parlato di Gesù mi aveva anche invitato a trascorrere un po' di tempo in un centro evangelico di recupero dalla tossicodipendenza, ma io non solo non l'avevo ascoltata, avevo persino smesso di incontrarla. Ho subito scritto una lettera a quella comunità, il Centro Kades di Acqui Terme (AL), quindi l'ho contattata telefonicamente e ho fissato un appuntamento per un colloquio, che ha avuto esito positivo.
Guidato ed aiutato dai credenti dello staff del centro, nonché dai ragazzi che avevano avuto il mio stesso problema, ma che erano più avanti nel programma, ho iniziato a pregare il Signore e a chiedergli di liberarmi dalle mie catene.
Dopo qualche mese ho fatto una grande scoperta, il mio problema non era la droga ma il peccato, così ho chiesto perdono a Dio e ho fatto l'esperienza della "nuova nascita": "Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove" (II Corinzi 5:17).
Ho concluso il programma e sono ritornato a casa dalla mia famiglia, a Manfredonia, con il desiderio nel cuore di servire il Signore. Voglio lasciare ai lettori questa promessa del Signore: "...ho questa fiducia: che Colui che ha cominciato in voi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (Filippesi 1:6). Damiano Castigliego
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