--- Emigranti italiani in Belgio, lavoratori nelle miniere ---
E' vero qualcuno di loro avrà portato delinquenza e il peggio di se, in fondo il cuore che batte nei nostri cuori è quello. Nonostante questo la maggior parte di loro era li per dare futuro alla propria vita e della famiglia. Da compatire? Probabilmente no.
Rital è un termine dell’argot popolare francese che indicava gli italiani immigrati in Francia e Belgio prima e dopo la seconda guerra mondiale. Possiede una connotazione ingiuriosa nei confronti dei nostri connazionali che lavoravano nelle miniere di carbone e il cui reclutamento venne favorito da un accordo concluso nel 1922 fra il Governo italiano e la Federazione Carbonifera belga che consentiva a quest’ultima di reclutare ufficialmente in Italia.
Appena dopo la Seconda Guerra Mondiale l’emigrazione italiana verso il Belgio, in particolare verso le miniere di carbone, assume dimensioni consistenti, favorita anche dal “Protocollo Italo-Belga” firmato a Roma il 23 Giugno 1946 e aggiornato il 26 aprile 1947” per il trasferimento di 50.000 minatori italiani in Belgio” al ritmo di 2000 a settimana. In cambio il Governo belga si impegna a vendere mensilmente all’Italia un minimo di 2.500 t. di carbone ogni 1.000 minatori immigrati. Quell’accordo fu chiamato “UOMO -CARBONE”. Il contratto prevede 5 anni di miniera, con l’obbligo tassativo, pena l’arresto,di farne almeno uno.
Nei comuni italiani iniziarono a comparire dei manifesti che informavano della possibilità di questo lavoro ma per quanto riguarda le mansioni effettive, diceva molto poco. Il viaggio in treno verso il Belgio durava tre giorni e tre notti. Non c’erano vagoni degni di tale nome, né servizi igienici. Arrivati a destinazione gli alloggiati si trovavano in ex campi di concentramento: baracche di legno, di lamiere ondulate, letti a castello, materassi di paglia e biancheria sudicia.
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