Mai negli annali delle didascalie missionarie un uomo è stato tanto celebrato quanto Livingstone. Egli era l'eroe di cui aveva disperatamente bisogno l'Inghilterra vittoriana, e il riconoscimento che gli fu concesso suscitò l'entusiasmo delle missioni africane per più di un secolo. Diventò l'eroe di tutte le generazioni successive e dopo la sua morte e la sua sepoltura a Westminster Abbey, la reputazione di David Livingstone era al sicuro dall'attacco di chiunque non fosse un eretico temerario. Anche nella metà del XX secolo, gli storici l'avrebbero riconosciuto ancora come il più grande missionario di tutti i tempi. Per quasi cento anni Livingstone prese posto nel panteon dei cristiani di lingua inglese come figura di chi ispirava santità e devozione, paragonabile a quella di san Francesco d'Assisi e di santa Giovanna d'Arco. Senza dubbio nessuno seppe esercitare tanta influenza sulle missioni d'Africa quanta ne esercitò Livingstone, ma per quanto riguarda il suo lavoro missionario permane qualche dubbio. Livingstone non era quel supersanto che molti suoi primi biografi dipingevano. Era invece un uomo fragile, emotivo, con gravi difetti di personalità che ne ostacolarono il ministero per tutta In sua vita. Ma, nonostante le sue debolezze, egli fu l'uomo che Dio utilizzò più di ogni altro per focalizzare l'attenzione del mondo sui gravi bisogni dell'Africa.
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