Nel 1970, dopo un controverso iter parlamentare, veniva approvata la legge n. 898 che ha introdotto nell’ordinamento italiano la disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio. In altre parole, da trent’anni a questa parte anche in Italia è consentito separarsi dal coniuge e divorziare, con la successiva opportunità di convolare a nuove nozze.

Il referendum popolare del 12 e 13 maggio 1974 si è concluso con la conferma della legge sul divorzio, malgrado la chiesa cattolica abbia impegnato le sue migliori energie per indirizzare il voto popolare verso l’abrogazione di questa normativa. Successivamente, nel 1985 è stata resa esecutiva anche in Italia la Convenzione Europea del 1970 sul riconoscimento dei divorzi e delle separazioni personali, mentre nel 1987 la legge n. 74 ha introdotto delle modifiche alla normativa sul divorzio, senza però intaccarne la struttura e gli obiettivi principali.

Anche in Italia, dunque, la società riconosce ormai il pieno diritto di separarsi dal coniuge e di far dichiarare lo scioglimento del legame matrimoniale. Se sussistono le condizioni di legge, nei tempi ed i modi previsti dalla disciplina normativa vigente, qualsiasi cittadino italiano può divorziare e risposarsi.

Un tema scottante

L’approvazione della legge sulle separazioni legali ha accellerato il definitivo affermarsi, nel nostro Paese, di una mentalità “divorzista” che era già molto diffusa prima del 1970. Il matrimonio non è più considerato un istituto necessario alla famiglia né tanto meno esso viene ritenuto sacro e inviolabile: in linea con la cultura consumistica, è sempre più convinzione generale che ogni coppia abbia la piena di libertà di porre fine al contratto matrimoniale in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione.

La mentalità “divorzista”, d’altro canto, ha consentito la rivalutazione sociale di fenomeni come i rapporti prematrimoniali, l’adulterio e le cosiddette “unioni di fatto”, che sono ora considerati delle normali alternative al matrimonio. La convinzione generale in ordine alla legittimità delle “unioni di fatto” si è estesa, peraltro, a legami in precedenza reputati illeciti o sconvenienti, come quelli fra persone omosessuali. Oggi anche una coppia di conviventi e persino due gay possono adottare un bambino, a riprova della pari dignità che la legge assegna alle più svariate forme di unione fra due esseri umani. D’altronde, se il vincolo classico del matrimonio può essere sciolto senza grossi problemi, perché non riconoscere la funzione sociale di altri legami provvisori?

Il tema del divorzio continua ad avere un carattere di attualità e di rilevanza sociale, anche se i mass-media tendono a parlarne sempre meno, perchè non fanno più notizia i dati sull’aumento delle separazioni in Italia.

L’EURISPES non ha citato più questi dati nei rapporti degli ultimi anni, eppure nel 1992 nel nostro Paese vi sono stati 25997 divorzi con sentenza passata in giudicato e nel 1995 il numero è salito a 27038. Nel 35-40% dei casi sono stati coinvolti dei minori per i quali si è deciso in merito al loro affidamento. L’età media dei separati varia dai 33 anni delle donne ai 36 degli uomini, mentre per i divorziati si raggiungono rispettivamente i 40 e i 43 anni[1].

I divorzi non fanno più notizia, ma ancora oggi decine di migliaia di persone all’anno rimangono dolorosamente coinvolte in storie di ordinaria separazione coniugale. Spesso i figli sono i soggetti più colpiti dalle separazioni dei genitori. Solo nei primi mesi del 2001 sono apparse, sui principali quotidiani italiani, notizie di adolescenti che sono fuggiti di casa o hanno tentato di uccidersi perché non riuscivano a sopportare l’idea che i loro genitori avevano intenzione di divorziare[2].

I cristiani che si fondano sulla Parola di Dio hanno qualcosa da dire in questa triste situazione sociale? E, ancora di più, hanno qualcosa da fare?

Necessità di un approccio biblico
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[1] Questi dati sono stati tratti da MARTELLA Nicola, “Divorzio e seconde nozze”, in Sesso e affini 2, Editrice PuntoACroce, Roma, 1998, p. 139.

[2] Cfr. ad esempio il quotidiano Metro del 12.01 e del 20.02.2001, che ha riportato queste notizie: la prima riguarda una ragazza quindicenne di Novara e la seconda un ragazzo dodicenne di Lecce.


Giuseppe Martelli
Roma giugno 2001

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Antonello_r

Shalom, purtroppo colgo che anche il fratello Martelli è divorzista, mi spiace. Tutto il suo ragionamento, in certe parti un po' cavilloso, è imperniato sulla cosiddetta "clausola o eccezione matteana"! Ma ci rendiamo conto che, basandosi unicamente su una frase poco chiara (perché si dovrebbe chiarire con piena certezza cosa significa il termine greco PORNEIA, cosa che è lungi dall'essere chiaro in modo inconfutabile!), vengono "adattati" (da sedicenti studiosi) TUTTI i brani chiari ed espliciti che escludono qualsiasi eccezione (Marco 10; Luca 16; Romani 7) ?!? Mi chiedo, quando su di un soggetto biblico ho un brano poco chiaro e uno chiarissimo ed esplicito, dovrei spiegare il brano chiaro alla luce di quello poco chiaro, oppure (com'è giusto che sia) il brano poco chiaro va spiegato alla luce di quello chiaro? Questo è un principio BASILARE di ermeneutica biblica! Ebbene, mi rattrista vedere molte persone che stimo e che sarei pronto a difendere, fare proprio il contrario! Cioè arrampicarsi sugli specchi, per cercare di spiegare/forzare TUTTI I BRANI CHIARI ed espliciti che non contemplano alcuna eccezione, con il verso poco chiaro della cossiddetta "eccezione matteana"! Oltretutto il Vangelo di Marco è più indirizzato all'ambiente romano dove esisteva e si consumava il divorzio e la poligamia (ri-matrimonio), come mai lo Spirito Santo non indirizza loro alcuna eccezione?!?
Non sono quei brani chiari ed espliciti, ANCHE Parola Ispirata e infallibile di Dio, oppure lo è soltanto il passo poco chiaro di Matteo? Tra l’altro, è interessante notare che alcune opere dei primi tempi cristiani – come Il pastore di Erma (IV,1,4-8) – e autori come Clemente di Alessandria (Stromata 2,23), dichiarano che il marito che lascia la sposa adultera non può risposarsi perché permane il precedente legame matrimoniale.
Ciò è PERFETTAMENTE in linea con quanto scrive Paolo in Romani 7:1-3, soltanto chi non vuol vederlo, non lo vede...

Inviato da alex il

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