Oggi mi ha ben colpito la lucidità e chiarezza di un post di Lorenzo Tosa che riporto integralmente appena sotto alcune mie considerazioni dal valore di 50 cents. E' da qualche giorno che riflettevo di come sia diventato inutile impegnarsi in processi di Fact-checking. Ovvero quel processo che vorrebbe smascherare con dati, verifiche, logica, la validità di una notizia.
Sembra che se qualcuno vuole credere ad una bugia continuerà a farlo, anche davanti alla dimostrazione del contrario.
Si veda l'interessante: Bufale, il debunking fa più danni che altro. E le fake resiste
Siamo arrivati ad un tale livello di polarizzazione, condizionamento e deculturizzazione che non si ha più voglia ne desiderio di verificare se quello in cui si crede sia realmente giusto. Come presi al lazzo, la rabbia e la faziosità diventano più importanti della verità. Verità, che cos'è verità?
E già perchè è in un misto di verità e panzane grossolane che l'Umanità sembra ritrovarsi impaludata, persa. Proprio come ai tempi dell'atavico serpente: "ma davvero Dio ha detto?..."
Divergenze avvolte esasperate con lucido e cinico calcolo politico al fine di guadagnare consensi, anche inquinando i pozzi della verità, ignorando che questi poi abbeverano tutti. E così in ogni ambito, anche in quello cristiano praticante, tutti i buoni principi, l'equilibrio, spesso la compassione, sembrano spazzati via, come mai prima.
La lamentala prende sempre e comunque il posto del ringraziamento. Il "benessere" perso, colpa di un nemico da individuare.
Nuovi messia sembrano essere acclamati ed accolti, il loro "vangelo" accettato e promulgato. "Prima noi" ha sostituito: "Amatevi gli uni altri come io ho amato voi".
No mask, no vax, Terra piatta, Trumpismo, scie chimiche, negazionismo che poi si trasforma nell'accusa: "ma il Governo cosa ha fatto?" - Un bailamme incredibile, una confusione totale.
Anche il cristiano che dovrebbe tenere issata la bandiera di Gesù Cristo troppo spesso l'ammaina per farsi portavoce di chissà quali altri capitani, uomini di cui appena poco tempo fa dicevamo: "non c'è nessun giusto, neppure uno"...
--- rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole ---
E se fossimo nel tempo di cui si dice?:
2 Tessalonicesi
3 Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l'apostasia e non sia stato manifestato l'uomo del peccato, il figlio della perdizione,
4 l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e proclamandosi Dio.
5 Non vi ricordate che quand'ero ancora con voi vi dicevo queste cose?
6 Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo.
7 Infatti il mistero dell'empietà è già in atto, soltanto c'è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo.
8 E allora sarà manifestato l'empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l'apparizione della sua venuta.
9 La venuta di quell'empio avrà luogo, per l'azione efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi,
10 con ogni tipo d'inganno e d'iniquità a danno di quelli che periscono perché non hanno aperto il cuore all'amore della verità per essere salvati.
11 Perciò Dio manda loro una potenza d'errore perché credano alla menzogna;
12 affinché tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nell'iniquità, siano giudicati.
Ed ancora:
2 TImoteo 4
1 Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno:
2 annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina.
3 Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie,
4 rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole.
5 Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero.
--- Lorenzo Tosa ---
Potrei parlarvi di Luciano, 2 metri e 48 anni, stroncato da un virus mentre faceva il suo lavoro di infermiere al San Filippo Neri di Roma.
Potrei parlarvi di Chiara, morta a 21 anni da sola con un figlio di 13 mesi a casa e un funerale via webcam.
Potrei parlarvi di Francesca, costretta a dormire attaccata all’ossigeno al quinto mese di gravidanza.
Potrei parlarvi di un uomo di 90 anni che chiede di essere lasciato andare e viene salvato da un medico perché qui da noi, nella nostra sanità pubblica, non si lascia andare nessuno.
Potrei passare ore a raccontare storie di dolore e resistenza, di strazi intimi e collettivi che si affastellano uno sull’altro in queste ore, in un bollettino di guerra a cui non si finisce mai fino in fondo per abituarsi.
Ma la verità è che sono troppe. E troppo poche. La verità è che non basta.
Siamo arrivati a un punto tale in cui il dolore altrui non è più una “prova” sufficiente per smuovere le coscienze, non tocca più, non sfiora, non disturba, come se, in attesa del vaccino per il Covid, ci fossimo scoperti immuni alla sofferenza del prossimo.
Possiamo passare ore, giorni a prendercela coi negazionisti, potremmo mostrar loro la gente che muore nei reparti Covid, trascinarli fisicamente tra i malati con la fame d’aria, e non cambierebbe nulla, in quella bolla di negazione della realtà in cui di colpo vale tutto tranne l’evidenza, tutto è ufficialmente rimesso in discussione e tutto si può piegare a una narrazione di comodo: un virus, i morti, i numeri, le ragioni di un naufragio nel Mediterraneo, persino i risultati delle elezioni al di là dell’Oceano.
Abbiamo oltrepassato - da un pezzo - l’era della Post verità per sfondare a testate l’epoca della “Post umanità”: quel gigantesco buco nero dell’empatia che permette a migliaia di persone di ascoltare il grido disperato di una madre mentre suo figlio di 6 mesi viene inghiottito dalle onde senza avere l’istinto - anche solo per un attimo - di vergognarsi di essere umani, ma anzi incolpando lei della sua morte e il figlio del semplice fatto di essere nato.
Guardiamoci negli occhi, cosa volete che freghi a gente così di pazienti pronati attaccati alla vita solo grazie a un tubo infilato nella gola, di medici e infermieri che da otto mesi hanno sospeso le proprie vite a data da destinarsi?
Per mesi abbiamo creduto di combattere un virus.
Poi ci siamo resi conto che la battaglia più dura era quella contro chi lo negava.
Infine, un giorno, abbiamo aperto gli occhi e ci siamo resi conto che quello che stavamo combattendo, il nemico vero, quello che torna sempre, ciclicamente, è l’inumanità, la perdita dell’umano, l’incapacità collettiva da parte di milioni di persone di riconoscere un piccolo pezzo di sé nella sofferenza altrui, o almeno sentirsi abbastanza partecipi da restare in silenzio.
In fondo, è sempre lo stesso orrore contro cui combattiamo da generazioni. I nostri nonni sono dovuti salire sulle montagne e imbracciare i fucili per sconfiggerlo. L’orrore.
Stavolta no, stavolta non basterà. Stavolta è tutto tremendamente più complesso, sfumato, non ci sono guerre, i fronti sono sottili, fragili, franano in un nulla, che manco te ne accorgi bene dove sta il giusto e dove lo sbagliato. Dentro ti resta solo quel senso di impotenza e frustrazione di fronte a chi rifiuta testardamente la complessità, la lotta, il dolore, il sacrificio.
E tutto quello che puoi fare, se ha ancora un senso, se ancora serve a qualcosa, è sforzarti di non rinunciare mai a sorprenderti, a sconvolgerti, a soffrire, di non abbassare mai, per nessuna ragione, l’asticella della nostra sopportazione. Perché è solo così, solo continuando ad avvertirla quella scossa elettrica di umanità e partecipazione, che ne usciremo. Forse peggiori di quando tutto è cominciato, ma in qualche modo vivi.
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