Il 7.10 è una data che evoca fantasmi e tenebre. Per esempio è la data di nascita di Putin (era il 1952), ed anche il giorno in cui si regalò l'assassinio di Anna Stepanovna Politkovskaja, uccisa nel pianerottolo di casa a Mosca, proprio nel giorno del compleanno di Putin. Particolarmente attiva sul fronte dei diritti umani, Politkovskaja è nota principalmente per i suoi reportage sulla seconda guerra cecena e per le sue aspre critiche contro le forze armate e i governi russi sotto la presidenza di Vladimir Putin, accusati del mancato rispetto dei diritti civili e dello stato di diritto. Il 7 ottobre 2006 e' stata assassinata a Mosca mentre stava rincasando.

Ma qui ricordiamo il 7 ottobre 2023. Il frutto, premeditato, dell'attacco ad Israele il 7.10 non è stato solo quello di trucidare quanti più ebrei fosse stato possibile e rapirne a centinaia, ma anche e forse soprattutto sfruttare la logica reazione a vantaggio dell'odio verso gli ebrei, nella più grande reminiscenza antiebraica/antisemita che la storia ricorda da dopo  Hitler. Per questo anche i palestinesi sono rimasti ostaggio di questa macchina crudele di Hamas, organizzazione terroristica alimentata dalla dittatura Islamica Iraniana.

E' interessante verificare come anche in questi giorni Israele è impegnata su 7 fronti, circondata da nemici che la vogliono distruggere, come successo già diverse volte nella storai millenaria di questa nazione.
Tornano in mente le parole di:

  • Zaccaria 14 - 2 Il Signore radunerà tutte le genti contro Gerusalemme per la battaglia; la città sarà presa, le case saccheggiate, le donne violate, una metà della cittadinanza partirà per l'esilio, ma il resto del popolo non sarà strappato dalla città. 3 Il Signore uscirà e combatterà contro quelle nazioni, come quando combattè nel giorno della battaglia.
  • Salmo 118: 10 Tutte le nazioni m'avevano circondato; nel nome del SIGNORE, eccole da me sconfitte. 11 M'avevano circondato, sì, m'avevano accerchiato; nel nome del SIGNORE, eccole da me sconfitte. 12 M'avevano circondato come api,
    ma sono state spente come fuoco di spine; nel nome del SIGNORE io le ho sconfitte. 13 Tu mi avevi spinto con violenza per farmi cadere, ma il SIGNORE mi ha soccorso. 14 Il SIGNORE è la mia forza e il mio cantico, egli è stato la mia salvezza.


7 ottobre - Attacco all'occidente - L'antisemitismo nel 2024 - L'audio del Convegno organizzato dall'associazione: "7 ottobre". Registrato da Radio Radicale.

Israele orologio di Dio? Vedi:

Note:
Pogrom = Sommossa sanguinosa contro gli Ebrei, considerati capri espiatori del malcontento popolare (spec. in riferimento alle repressioni antisemite avvenute, talvolta col consenso delle autorità, in Russia tra la fine del sec. XIX e l'inizio del XX).
Sionismo = Il sionismo è un'ideologia politica il cui fine è l'affermazione del diritto alla autodeterminazione del popolo ebraico e il supporto a uno Stato ebraico in quella regione che, dal Tanakh e dalla Bibbia, è definita: "Terra di Israele". Il sionismo emerse alla fine del XIX secolo nell'Europa centrale e orientale come effetto della Haskalah (illuminismo ebraico) e in reazione all'antisemitismo, inserendosi nel più vasto fenomeno del nazionalismo moderno. Il movimento tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo si sviluppò in varie forme, tra le quali il sionismo socialista, quello religioso, quello revisionista e quello di ispirazione liberale dei Sionisti Generali. Esso favorì a partire dalla fine del XIX secolo flussi migratori verso la Palestina, prima sotto l’impero ottomano e dopo la Prima guerra mondiale affidata all’amministrazione britannica dalla Società delle Nazioni, che rafforzarono la presenza ebraica nella regione e contribuirono a formare un Nuovo Yishuv. Il sostegno al sionismo crebbe in particolare nel secondo dopoguerra, successivamente all'Olocausto, e portò allo scadere del mandato britannico della Palestina, alla Dichiarazione d'indipendenza israeliana e alla nascita dello Stato di Israele nel 1948. I conflitti con il mondo arabo e l'esodo palestinese del 1948 provocarono il rafforzamento dell'antisionismo. 

 



 

Tipo di raccolta

alex

L’attacco o pogrom del 7 ottobre è stato per gli israeliani la rivisitazione di un incubo: hanno rivisto degli ebrei, uomini, donne, bambini e anziani, fuggire disperati, hanno rivisto le proprie case bruciate, le proprie madri, mogli, figlie stuprate, hanno rivisto la paura nei propri fratelli. Uno shock che li ha riportati indietro nel tempo, che ha risvegliato un antico sgomento. Riassumendo: un piccolo territorio, un piccolo popolo, con un nemico sulla porta di casa, colpito da un massacro con il sapore di un incubo che si credeva estirpato per sempre. Sono tutti questi elementi ad avere scandito in modo indelebile la data del 7 ottobre nella psiche israeliana.

E per comprendere questa psiche c’è un ultimo aspetto da considerare: la politica o, meglio, la diplomazia. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha dichiarato nei giorni successivi al 7 ottobre che l’aggressione di Hamas non è avvenuta “nel vuoto”. Intendeva dire che è stata l’ultimo atto di un lungo conflitto. In Israele il suo commento è stato interpretato come una giustificazione del massacro: come se Guterres lo presentasse alla stregua di una reazione legittima.

Al di là della polemica che ne è seguita, l’intervento del segretario generale dell’Onu ripropone una vecchia dinamica nel racconto del conflitto israeliano-palestinese: ogni atto di violenza, si ripete spesso, è preceduto da un atto di violenza di segno opposto, e così di violenza in violenza si può risalire alla guerra del 1967, a quella del 1948, al 1917 (data della Balfour Declaration, la dichiarazione dell’allora ministro degli esteri britannico Arthur Balfour sul diritto a un “focolaio nazionale ebraico” nella Palestina all’epoca sotto il dominio del British Empire, che accentuò l’immigrazione ebraica nella Terra Promessa) e di questo passo a ritroso, secondo alcuni, fino alla Bibbia. Non c’è dubbio che le radici del conflitto siano vecchie di più di un secolo. E che Israele, in particolare il suo leader Benjamin Netanyahu, abbia responsabilità per come Hamas ha rafforzato il proprio potere a Gaza; oltre che per non avere previsto, impedito o almeno rapidamente respinto l’attacco del 7 ottobre.

Ma nella mente degli israeliani non è necessario tornare indietro fino ad Abele e Caino nel valutare quello che è successo quel giorno. È sufficiente tornare al 2005. Il 2005 è l’anno in cui Israele si ritirò unilateralmente da Gaza. Da allora, cioè da quasi vent’anni, a Gaza non è rimasto un solo soldato o civile israeliano. Da allora all’interno di Gaza non ci sono più insediamenti ebraici o strade riservate agli israeliani, come è invece il caso in Cisgiordania: la Striscia era tutta dei palestinesi. I palestinesi potevano farne quello che volevano.

L’anno successivo, prendendo il potere a Gaza, Hamas, riconosciuta come un’organizzazione terroristica da Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito e altri Paesi, ne ha fatto un centro di attacchi contro Israele: la base per incursioni, rapimenti di ostaggi, lanci di razzi su obiettivi civili dello Stato ebraico. Da allora, Hamas ha speso centinaia di milioni per creare a Gaza tunnel sotterranei da cui fare entrare armi o da cui attaccare Israele o in cui nascondersi. Da allora, Hamas ha imposto su Gaza un regime islamico fondamentalista e autocratico, senza tenere una singola elezione. È vero che Israele controllava i confini di Gaza, insieme per la verità a un Paese arabo, l’Egitto.

Ciononostante, a dispetto del governo fondamentalista e illiberale imposto da Hamas, nei periodi di relativa quiete quei confini venivano aperti per consentire a migliaia di palestinesi di Gaza di lavorare in Israele: di fare i pendolari, uscendo da Gaza la mattina per tornarci la sera. Solo quando Hamas lanciava razzi e attaccava Israele, Israele chiudeva ermeticamente i confini.

Nei mesi, nelle settimane, nei giorni precedenti al 7 ottobre, la diplomazia degli Stati Uniti lavorava con crescente fiducia all’obiettivo di raggiungere un accordo per un trattato di pace fra Israele e Arabia Saudita, ultimo e più importante tassello degli Accordi di Abramo firmati nel 2020 da Gerusalemme con quattro Paesi arabi.

Un accordo che avrebbe avuto come condizione essenziale, da parte saudita, con il sostegno americano, il rilancio del negoziato israeliano-palestinese, allo scopo di creare uno Stato palestinese. Alla trattativa partecipavano gli stessi palestinesi: non i palestinesi di Hamas, bensì i rappresentanti dell’Autorità Nazionale Palestinese. Impedire quel grande accordo mediato dall’America, che avrebbe avvicinato la pace e messo in difficoltà Hamas, era probabilmente l’intento dell’attacco lanciato da Hamas il 7 ottobre, ispirato o almeno autorizzato dall’Iran: il regime che chiama l’America “il Grande Satana” e Israele “il piccolo Satana”.

Questo è tutto quello che va tenuto a mente, leggendo la cronaca dettagliata di Sharon Nizza su cosa è successo il 7 ottobre 2023, per comprendere appieno l’impatto che ha avuto in Israele e per giudicarlo dalla nostra Europa.

Testo estratto dalla prefazione a “7 ottobre 2023”

Inviato da alex il

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