Sono diverse le “vie” che siamo chiamati a percorrere nel nostro pellegrinaggio sulla terra. La loro diversità ­­è dovuta allo scorrere del tempo (giovinezza e vecchiaia) o alle situazioni interiori (dubbio, tentazione, insicurezza) ed esteriori (afflizione, persecuzione) in cui veniamo a trovarci. Dio ci esorta a percorrere ognuna di queste “vie” con il canto sulle labbra. Per ogni figlio di Dio, è questa la vera arma di vittoria!

Un consiglio unico ed insolito 

“Voi che camminate per le vie cantate!” (Giudici 5:10).

Questa esortazione che troviamo nel Cantico di Debora, è particolarmente bella e ricca di forza ispiratrice.

Debora, profetessa e giudice d'Israele, la formulò in un contesto critico e difficile per il suo popolo che dovette lottare per l'unità religiosa e nazionale, mentre era diviso e malamente organizzato.

Era composto da milizie raccogliticce guidate da Barak ma sostenuto dalla fede di Debora che proclama la vittoria di Yaweh sul nemico ed invita a... “cantare”!

A cantare esprimendo la gioia per la liberazione dai nemici e come ringraziamento al Dio delle liberazioni.

Presa anche fuori dal contesto, questa bella, singolare ma efficace esortazione, si adatta perfettamente all'esperienza di ogni uomo di questo mondo, in modo particolare agli appartenenti al “popolo di Dio” senza escludere gli altri: “...voi che camminate per le vie...”.  

L'uomo, come sappiamo, è stato da sempre paragonato ad un viandante che va per il suo cammino, sovente libero e spedito ma, in altri momenti, piegato sotto pesi opprimenti e anche insopportabili.

Il suo è un cammino continuo: ma, a dire il vero, è meglio dire i suoi cammini, perché molte sono le vie che deve percorrere prima di giungere alla mèta: alcune agevoli, altre faticose, alcune piene di luce, altre piuttosto oscure se non tenebrose.

I savi, non solo di questo mondo, ma anche biblici, rivolgono consigli che suonano così: “Fatevi forza, fatevi animo, perseverate anche nel sorreggervi gli uni gli altri; portate con umiltà e coraggio il peso delle responsabilità, sempre calmi e fiduciosi; guardate sempre avanti, non fate come la moglie di Lot che riguardando indietro rimase... di sale, cioè impietrita nelle sue nostalgie...” ecc...

Tutti consigli utili e apprezzati nel loro giusto valore.

Ma vi è un consiglio che nessun savio di questo mondo si sognerebbe di dare ai pellegrini di qualunque via ma che solo la sapienza divina poteva dare: “CANTATE!”.

Debora ha fatto questo, accettiamo questa esortazione con lucidità, coraggio ed umiltà perché dobbiamo convenire che, sì, nelle molteplici vie della vita, nel pellegrinaggio continuo: per ogni via c'è un cantico, un cantico che viene dalla Parola che illumina la mente e consola il cuore.  

 

Due “vie”: giovinezza e vecchiaia 

Come inizio di indicazioni sulle vie, ve ne sono due che aprono e chiudono il cammino della vita: la prima è la via dell’età giovanile, quando tutto è ancora in divenire, quando la speranza del domani è colma di incertezze ma anche di ardore di vita, quando il tempo scorre e gli obiettivi non sono raggiunti, ma con determinazione si vogliono perseguire. Allora i giovani possono e devono cantare il saggio dei proverbi: “La gloria dei giovani sta nella loro forza” (Proverbi 20:24) ed ancora: “Rallegrati o giovane … gioisca il cuor tuo … cammina per la via dove ti mena il cuore … bandisci dal tuo cuore la tristezza … ma ricordati del tuo Creatore …” (Ecclesiaste 12:13).

Poi la via della vecchiaia, quando il futuro della vita terrena si fa sempre più breve ed avanza il tempo limite. È il tempo dei ricordi e dei rimpianti, ma anche quello della serenità non sovrastata dai disagi perché è interiore, viene da Dio; allora si può cantare con il Salmista: “Egli è quel che ti perdona tutte le iniquità, che sana tutte le tue infermità... che ti fa ringiovanire come l’aquila …” (Salmo 103:3, 4), proseguendo il canto con il profeta che dice di Dio: “Fino alla vostra vecchiaia Io sarò lo stesso, fino alla vostra canizie Io vi porterò; Io vi ho fatti, ed Io vi sosterrò, si vi porterò e vi salverò!” (Isaia 46:4).

 

Altre “vie” da percorrere 

Fra queste due vie sono contenute molte altre; vediamone alcune:

  • La via dell'afflizione: normalmente è poco o niente allietata da momenti di riposo, semmai intrisa e mescolata di dolori più o meno sopportabili e da angosce costanti, in questa via è necessario intonare il cantico dell'Apostolo Paolo: “La nostra momentanea leggera afflizione ci produce un sempre più grande e smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne” (2 Corinzi 4:17, 18). Il canto diventa preghiera in Giacomo 5:13!
  • Un'altra via è quella dell'insicurezza: pensiamo all'avvenire ed ecco una frana, il terreno si sbriciola sotto i nostri piedi. Pensiamo alla nostra attività ed ecco difficoltà continue. Pensiamo ai nostri affetti; anche lì difficoltà di ogni tipo ci angosciano. È la via delle incostanze, delle incertezze anche delle delusioni che travagliano il cuore. In questi casi, pur percorrendola dobbiamo far echeggiare il canto della stabilità e dell'eterna certezza divina: “Tu fondasti ab antico la terra e i cieli sono l'opera delle Tue mani, essi periranno ma Tu rimani, tutti quanti si logoreranno come un vestito; Tu li muterai come una veste e saranno mutati ... i figliuoli dei Tuoi servitori avranno una dimora e la loro progenie sarà stabilita nel Tuo cospetto” (Salmo 102:25-28). Gesù disse: “La casa investita dal torrente in piena non è crollata perché era stata fondata sulla roccia!” (Luca 6:48). È il canto della consapevolezza e del ringraziamento!
  • Vi è una via che a considerarla sembra dilettevole e attraente; ma che è piena di insidie nascoste come l'ombra apparentemente ristoratrice di un certo albero frondoso africano che emana sostanze volatili anestetizzanti fino alla morte. Questa è la via della tentazione fiancheggiata da alberi profumati, attraenti, seducenti e mortiferi come quello. Una via, quindi, da percorrere lesti e spediti senza abbandoni e rimpianti cantando a memoria: “Beato l'uomo che sostiene la prova; perché essendosi reso approvato, riceverà la corona della vita che il Signore ha promessa quelli che l'amano” (Giacomo 1:12) Cantiamo e gioiamo senza alcun rimpianto (Efesini 5:19).
  • Vi è una via sempre in salita, ripida e stretta ma sicura. È faticosa e fa venire il fiatone; ma appunto perché punta verso l'alto, vi si respira aria ricca di ossigeno che moltiplica le forze e agevola il passo. Lo sguardo del viandante camminatore è confortato e ammirato dalla visione delle vette dietro le quali altre vette con altre mète, altrettanto pure, che attraggono irresistibilmente verso l'alto sempre più in alto col loro splendore. Questa è la via degli ideali santi e puri. Salendo per essa dobbiamo cantare il cantico del profeta delle ascensioni gloriose e del Salmista: “Quelli che sperano nell'Eterno acquistano nuove forze, s'alzano a volo come aquile; corrono e non si stancano, camminano e non s'affaticano... Essi vanno di forza in forza e appariscono alfine davanti a Dio in Sion” (Isaia 40:31; Salmo 84:7). Sion è la vetta suprema è il luogo eterno della presenza di Dio: cantate, cantate! E la gioia inonderà il cuore!
  • Ma quante altre vie per giungervi! Ne esiste una molto particolare e drammatica, oso dire: una via spinosa, sì, come le spine che hanno coronato il capo di Gesù facendone stillare il sangue: è la via della persecuzione nella quale molti cristiani del passato ma anche del presente hanno camminato e camminano come martiri. In quella via il canto è il seguente: “Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il Regno dei cieli” (Matteo 5:10). Beati sono coloro che godono di perfetta felicità, il loro canto e la loro testimonianza sale direttamente al cielo (Luca 6:21, 22). Gli occhi piangono, ma il cuore non è triste; il conforto dello Spirito sovrasta la sofferenza!
  • Vi è poi la via dell'incertezza e del dubbio anche culturale che offusca la mente e il cuore in tempi come i nostri di relativismo dottrinale ed etico e di sapienzialità spirituale e pluralista (politicamente comprensibile) ma purtroppo anche: sincretista (da aborrire). In questo caso bisogna alzare alto il “canto confessione” di Pietro: “Signore a chi ce ne andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna!” (Giovanni 6:68). Cantare nella verità è essenziale. “La Tua Parola è verità”, disse Gesù (Giovanni 17:17). Solo nella Verità si può realizzare ed esternare l'amore autentico: “... seguendo verità in carità, noi cresciamo in ogni cosa verso Colui che è il capo, cioè Cristo” (Efesini 4:15).
  • Vi sono delle vie che vanno insieme unite in ogni circostanza lieta o triste. Lungo esse camminano uomini, donne, vecchi e bambini stretti da vincoli fortissimi. Poi avviene che una di loro se ne va: l'ora è suonata e non v'è nulla che possa rimediare: arrivederci lassù! Lacrime, dolore e solitudine; ecco allora il cantico degli scomparsi e dei superstiti: Gesù Cristo ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante l'Evangelo ... La morte è stata sommersa nella vittoria. O morte dov'è la tua vittoria? O morte dov'è il tuo dardo?” (2 Timoteo 1:10; 1 Corinzi 15:54). Cantare il dolore è la via della disperazione, cantare nel dolore è la via della speranza: della resurrezione (1 Tessalonicesi 4:16-18).
  • Vi è infine un'altra via che si incontra sovente nonostante il nostro incorreggibile pessimismo. Essa è un’oasi creata dal Padre celeste nel deserto della vita: è la via della gioia, della gioia cristiana. Ho voluto riservarla come ultima perché la si può trovare anche in tutte le altre vie: dalla via dell'afflizione fino a quella che si snoda nella “valle dell'ombra della morte”. Gioia interiore, dolce ma profonda, che scaturisce dall'amore divino: del soccorso, della grazia, della presenza mediante lo Spirito; essa si manifesta nelle lacrime come nel sorriso, nella luce come nelle tenebre; non si esaurisce, non si spegne, anzi si moltiplica e diventa sempre più intensa fino ad innalzare il cantico della gratitudine: “Benedici anima mia il Signore e tutto quello che è in me benedica il Suo Santo Nome; benedici anima mia il Signore e non dimenticare nessuno dei Suoi benefici” (Salmo 103:1, 2).

Il cantico di Debora era un cantico di vittoria; celebriamo anche noi col cantico la vittoria su tutti i nemici esterni ed interni che incontriamo in tutte le nostre vie.

Vi è nella gioia cristiana una forza incomparabile, satana lo sa ed è per questo che egli teme più di ogni altra cosa il nostro cantico di fede, di grazia e di amore per il Signore e per la Sua Parola.

“O voi che camminate per le vie cantate, cantate, cantate; voi che camminate e camminerete per le vie del cielo: cantate!”

Tutta la terra si prostrerà davanti a Te e canterà a Te, canterà al Tuo Nome “ (Salmo 66:4).

Cantate a Dio “che vi chiama al Suo Regno ed alla Sua Gloria” (1 Tessalonicesi 2:12).

Gianpirro Venturini
da «IL CRISTIANO»    febbraio 2012   www.ilcristiano.it

alex

Genesi 45:4; Matteo 11:28

Una lettrice di questo calendario racconta quanto l’abbia commossa la storia di Giuseppe nell’Antico Testamento.

«Penso con emozione al momento in cui ritrovò i suoi fratelli, quei fratelli gelosi e invidiosi che pacifico... l’avevano venduto come schiavo per sbarazzarsene. Quando li rivede, dopo lunghi anni, è ormai diventato il personaggio più influente dell’Egitto dopo il Faraone. Eppure, invece di vendicarsi, come avrebbe potuto fare, apre con commozione le sue braccia e dice loro: “Avvicinatevi a Me... Io sono Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste”.

Quanta dolcezza in queste parole!

Questa scena mi ricorda il giorno in cui il Dio, dal quale ero stata lontana per tanto tempo, ha bussato alla porta del mio cuore per mezzo di queste parole del Vangelo: “Venite a Me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e Io vi darò riposo”.

Io gli ho aperto, e Lui si è presentato senza rimproverarmi.

Avevo già sentito parlare di Lui, ma in fondo non Lo conoscevo.

Ho scoperto così quale rifugio Egli vuole essere per tutti quelli che Lo cercano.

Giuseppe, vittima di un complotto, simboleggia uno più grande di lui, Gesù Cristo, venuto per amore per gli uomini e da loro tradito.

Giuseppe ha potuto provvedere ai suoi fratelli per tutti i lunghi anni di carestia, e mantenerli così in vita.

Il Signore Gesù mi ha salvata per l’eternità.

Io l’ho accolto e gli ho dato un posto sempre più grande nella mia vita.

Non ho mai rimpianto di averlo fatto e ci tengo a dirvelo».

 

Tratto dal calendario “IL BUON SEME”  - edizioni “il Messaggero Cristiano” - Via Santuario, 26 - 15048 Valenza (AL)  -  www.messaggerocristiano.it

Inviato da alex il

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