Intervista ad un ex detenuto del carcere di Bollate (MI), convertito a Cristo durante la detenzione e ora libero di testimoniare la sua fede nella sua città natale. (UPO: Un Ponte per Onesimo)
UPO: Iniziamo con il presentare questo nostro amico e fratello in Cristo, come ti chiami?
ROSARIO: Il mio nome è Rosario, sono nato a Napoli 57 anni fa.
UPO: Quando e come hai iniziato ad avere problemi con la giustizia?
ROSARIO: Ho iniziato fin da bambino a far parte di un gruppo di amici del quartiere con il quale andavamo a rubare. Verso i 13 anni per la prima volta venni fermato dalla polizia alla guida di un’autovettura rubata. Mi giustificai dicendo che l’avevo presa in prestito; ovviamente venni arrestato ma in quanto minorenne non ero imputabile e perciò venni accompagnato a casa dalla Polizia per essere affidato alla mia famiglia. Mia madre però dopo questa mia ennesima azione illegale, rifiutò di accettarmi e per la prima volta fui internato in un istituto minorile. Da quel giorno in poi anziché cambiare, iniziò la mia triste carriera di delinquente professionista, che però nel giro di poco tempo mi portò ad essere ospite di diversi carceri italiani.
UPO: Puoi raccontarci qualcosa sull’ultima esperienza che ti ha portato nel carcere di Bollate?
ROSARIO: Dopo aver abbandonato a Napoli la mia famiglia composta da moglie e quattro figli, mi sono trasferito in Lombardia con un’altra donna dalla quale ho avuto altri due figli. Con questa donna ho iniziato a compiere una serie di attività illecite che in realtà hanno distrutto le nostre vite e in ultimo a farmi ricevere una pesante condanna detentiva.
UPO: Puoi dirci qualcosa sul periodo di detenzione a Bollate?
ROSARIO: La mia ultima detenzione che è durata 8 anni e 21 giorni. Specifico anche i giorni perché in tutto questo tempo ho potuto ricevere solo 5 visite dai miei familiari e non so se potete immaginare quanto possa essere dura la detenzione così lunga senza ricevere regolare visita dai familiari. È stato molto difficile per me questo tempo senza poter avere contatti con le persone che amo.
UPO: Raccontaci cosa è successo durante questi anni nel carcere di Bollate.
ROSARIO: Durante la mia detenzione in quest'ultimo carcere ho avuto modo di conoscere alcuni volontari dell’Associazione Evangelica "Un Ponte per Onesimo" di Milano i quali hanno iniziato a parlarmi del Perdono di Dio e della salvezza che si può ricevere attraverso il sacrificio e la morte di Gesù Cristo. Inizialmente ero sfuggente e non partecipavo alle loro riunioni, ma una domenica spinto da qualcosa che sentivo in me, volli partecipare ad un culto che questi fratelli tenevano nel carcere. In quel giorno sentii qualcosa di grande agire in me come Qualcuno che parlava al mio cuore e che mi ridava speranza. Posso dire che il Signore bussò al mio cuore, e io aprii per accoglierlo. In realtà fu Lui che mi accolse. Da quel giorno in un crescendo continuo di fede ed esperienze, la mia vita interiore cambiò: l’uomo insoddisfatto e ribelle, violento ed arrogante che ero stato fino a quel momento era stato trasformato dalla Grazia di Dio in un uomo nuovo, tollerante e mite, riempito di amore verso Dio e verso il mio prossimo. Da quel giorno ho riconosciuto che tutto quello che avevo fatto nella mia vita era stato un fallimento, un vero disastro e che avevo bisogno che Dio si prendesse cura della mia vita. Così è stato: Dio guarì la mia anima e si prese cura di me.
UPO: Ad un certo punto dopo la conversione hai attraversato un momento difficile per la tua salute in carcere, ci spieghi cosa è successo?
ROSARIO: Era il 2013 e soffrivo di calcoli renali, stavo così male che fu necessario il ricovero in ospedale. I dottori decisero di eseguire un intervento, ma il chirurgo che guidò l'operazione invece di togliere il calcolo sbagliò qualcosa e mi procurò una grave emorragia interna, tale che rischiai di morire dissanguato. Per chiudere l’emorragia decisero a quel punto di togliermi il rene danneggiato e cauterizzare la ferita. Al mio risveglio dall’anestesia però iniziai a sentirmi molto male; i medici non riuscivano a capire il motivo per cui la mia condizione di salute peggiorasse perché secondo loro l’operazione era stata portata a termine con successo. La mia salute invece continuava a peggiorare e ad un certo punto sentii chiaramente che stavo per spegnermi: tutto intorno a me stava svanendo. In quegli attimi rivolsi i miei pensieri a Dio e sentendo chiara la sua presenza dissi: “Signore se devo morire io sono pronto a raggiungerti, sia fatta la tua volontà ma Signore, vorrei tanto conoscere i miei nipotini nati durante la mia carcerazione e che non ho avuto la possibilità di vedere fino ad oggi”. Immediatamente dopo queste parole rivolte con il cuore, mi sentii meglio ed anche i medici compresero l’origine del mio malessere e poterono curarmi al meglio. Dopo non molti giorni, da che mi davano per morto, mi ritrovavo di nuovo nel carcere di Bollate a raccontare la mia esperienza agli altri detenuti e ai fratelli volontari di Un Ponte per Onesimo.
UPO: Caro Rosario, ora che hai scontato la pena e sei un uomo libero, quale sensazione provi ad essere nella tua ritrovata famiglia a Napoli?
ROSARIO: Dopo 25 anni che avevo abbandonato la mia famiglia a Napoli, ho potuto ritornare, grazie all'Opera di Dio, come un uomo nuovo da loro che mi ha accettato ancora e accolto con grande affetto. Anche i nipotini che non avevo potuto abbracciare fino ad allora, mi stanno sempre vicino e tutti hanno attenzioni verso di me, sentimenti che io non avevo mai provato né ricevuto prima. Sono felice di aver ritrovato la mia famiglia dopo tanti anni passati lontano, dopo tante sofferenze procurate dal mio peccato. Ora grazie a Dio sento che l’amore che avevo sempre cercato nelle cose sbagliate, l’ho trovato nella mia famiglia e nel Signore che continuo a ringraziare per il miracolo della salvezza che ha compiuto in me ed ora prego con tutto il cuore che lo stesso miracolo si compia anche nel resto della mia famiglia.
UPO: Cosa vorresti dire a coloro che leggeranno la tua intervista sulla nostra pagina Facebook?
ROSARIO: Voglio dire che nella mia vita ho provato tante cose, ho avuto soldi e divertimenti di ogni genere ma nulla di tutto questo mi ha dato la felicità né alcuna gioia duratura. Ora che ho riconosciuto di aver bisogno del perdono di Dio Padre e che l’ho ricevuto grazie al sacrificio della croce di Gesù Cristo, ho nel mio cuore una gioia vera, ho la felicità che ho sempre cercato. Il mio desiderio è che tutti possano ricevere la mia stessa gioia in Cristo e realizzare il vero perdono, quello che riabilita, rinnova e rimette in vita. Per questo invito tutti a riflettere sulla propria esistenza e a prendere una decisione nei confronti di sé stessi e avvicinarsi con fiducia all'unico vero Dio, potente e misericordioso che ha avuto pietà di me, un vecchio galeotto trasformato dal suo amore in un figliolo di Dio!
Leggi qui la conversione di un agente di Polizia Penitenziaria avvenuta in carcere. Davvero Dio non fa distinsioni e, in fondo, tutti i cuori sono uguali nella lontananza da Dio ed hanno bisogno di riconciliarsi con il suo Creatore.
- Accedi per commentare
- 698 viste