I cristiani perdonando si fraternamente a vicenda permettono che il perdono di Gesù dimori nella loro comunità. Non vedono più nell’altro uno che ha loro fatto del male, ma uno per il quale Cristo ha impetrato il perdono morendo sulla croce. Sotto questa croce nella morte quotidiana, il loro pensiero, la loro parola, il loro corpo viene santificato; sotto questa croce cresce il frutto della santificazione.

La comunità dei santi non è la comunità ‘ideale’ di uomini senza peccato, perfetti. Non è la comunione dei puri, che non dà più luogo al peccatore perché si penta. È, anzi, proprio la comunità che si rende degna dell’Evangelo del perdono dei peccati, in quanto qui viene veramente annunziato il perdono di Dio, che non ha nulla a che vedere con un perdono concesso da se stessi; la comunità di coloro che realmente hanno sperimentato la grazia a caro prezzo di Dio e che camminano degni dell’Evangelo, perché non sprecano né gettano al vento questa grazia.

Con ciò si intende dire che nella comunità dei santi si può predicare l’Evangelo solo lì dove si annunzia anche la necessità della penitenza, dove non si annunzia l’Evangelo senza predicare anche la legge, dove non si perdonano solo i peccatori e non si perdona incondizionatamente, ma dove possono anche non essere perdonati. È la volontà del Signore stesso che il dono santo dell’Evangelo non venga gettato ai cani, ma possa essere annunziato sotto la protezione della predicazione della penitenza. Una comunità che non chiama il peccato per il suo vero nome, non può nemmeno trovare fede quando vuole annunziare il perdono dei peccati. Essa commette peccato contro ciò che è santo, cammina in modo indegno dell’Evangelo. È una comunità empia perché spreca il perdono del Signore così caro. Non si tratta di lamentarsi in generale della peccaminosità degli uomini presente anche nelle opere buone; questo non è predicazione di penitenza, bisogna nominare peccati concreti e punirli e condannarli. In questo modo si usa correttamente il potere delle chiavi (= potere spirituale della chiesa, sua facoltà di sciogliere e legare i peccatori; Mt. 16,19; 18,18; Gv. 20,23), che il Signore ha dato alla sua chiesa e che i riformatori hanno tanto sottolineato. Per amore di ciò che è santo, per amore dei peccatori e della comunità, anche nella comunità si deve esercitare il potere spirituale legando il peccatore e non perdonando i peccati. L’esercizio della disciplina nella comunità fa parte del cammino della comunità degno dell’Evangelo. La santificazione opera la separazione della comunità dal mondo; essa deve perciò anche operare la separazione del mondo dalla comunità. L’una senza l’altra è falsata e mendace. La comunità separata dal mondo deve esercitare la disciplina entro la comunità.

La disciplina nella comunità non serve a formare una comunità di uomini perfetti, ma solo a edificare una comunità di uomini che vivono veramente della misericordia di Dio, che è pronto a perdonare. La disciplina della comunità è al servizio della grazia a caro prezzo di Dio. Il peccatore nella comunità deve essere ammonito e punito, perché non perda la sua salvezza e perché non si abusi dell’Evangelo. Perciò solo chi si pente e confessa la sua fede in Gesù Cristo può essere battezzato. Perciò può ricevere la grazia della Santa Cena solo chi «sa distinguere» (1 Cor. 11,29) tra il vero corpo e sangue di Gesù Cristo dato per il perdono dei peccati e un qualche altro pasto simbolico o di altra specie. Ma per questo è necessario che sappia dimostrare la sua conoscenza di ciò che crede, che si ‘esamini’ o si sottoponga all’esame di un fratello per riconoscere se veramente desidera il corpo e sangue di Cristo e il suo perdono.

All’esame di fede si aggiunge la confessione nella quale il cristiano cerca e riceve la certezza del perdono dei suoi peccati. In essa Dio concede al peccatore un aiuto perché non incorra nel pericolo dell’autoinganno e del perdono concessosi da sé.

Nella confessione dei peccati fatta al fratello la carne con il suo orgoglio muore. Viene esposta con Cristo al vituperio e alla morte, e mediante la parola del perdono nasce un uomo nuovo, certo della misericordia di  Dio. Perciò l’uso della confessione deve far parte della vita dei santi. È il dono della grazia divina, della quale non si può abusare senza incorrere in punizione. Nella confessione si riceve la grazia a caro prezzo di Dio. In essa il cristiano si identifica con la morte di Cristo. «Perciò se vi ammonisco a confessarvi, non faccio altro che ammonirvi a essere cristiani» (Lutero nel suo grande catechismo). La disciplina compenetra tutta la vita della comunità. Qui esiste una scala di valori, che si basa sul servizio di misericordia che rendiamo al fratello. Punto di partenza di ogni disciplina rimane l’annunzio della Parola secondo il potere delle due chiavi. Essa non rimane limitata all’assemblea riunita per il culto; il ministro non è mai dispensato dal suo incarico, «Annunzia la parola, insisti a tempo e fuori tempo, confuta, rimprovera, esorta, con ogni longanimità e dottrina» (2 Tm. 4,2). Questo è l’inizio della disciplina nella comunità. E si deve subito mettere in rilievo che possono essere puniti solo peccati che sono venuti alla luce: «I peccati di alcuni uomini sono manifesti prima ancora del giudizio, quelli invece di altri seguono il giudizio» (1 Tm. 5,24). Perciò la disciplina nella comunità preserva dalla punizione al Giudizio Universale.

Tratto da: Sequela - Dietrich Bonhoeffer


 

Inviato da alex il

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