Ci troviamo dunque comunque anche in questo caso davanti al doppio delitto possiamo chiamarlo così. Il primo è quello di un uomo che uccide un altro uomo proprio secondo lo stile di caino, e il secondo è quello di un cristiano che uccide un altro cristiano. Qquindi sarebbe un tema che meriterebbe ogni attenzione ma non intendo parlare di questo cioè non intendo parlare dei singoli personaggi ma intendo parlare della chiesa delle chiese e la domanda è appunto qual è stato l'atteggiamento delle chiese dei due paesi in conflitto in questa guerra fraticida.

Perché gli uomini sono fratelli fondamentalmente fratelli in umanità anche se non lo sono per le lingue per la visione politica per la visione religiosa eccetera eccetera, mille differenze mille opposizioni mille divergenze, ma l'umanità è comune ecco perché l'illuminismo che fu cosmopolitismo e quindi diciamo favorì la nascita dei cosiddetti diritti umani riconosce la comune umanità degli uomini di tutti di tutti i popoli, di tutte le razze di tutte le religioni e quindi ogni guerra è una guerra tra fratelli

Ma qui c'è di più, e questo sarà il primo punto.

Il secondo punto sarà questo: quale è stato l'atteggiamento delle nostre chiese nei confronti della guerra in ucraina

Terzo punto: che cosa potremmo imparare da questa che io chiamo una umiliante sconfitta

Paolo Ricca


за териконами - Gloria all'Ucraina

Dietro i cumuli di rifiuti, lì, dietro i campi
Siamo stati colpiti dalla grandine, colpiti dai cannoni
Dove c'è la guerra e le armi sparano
Dove non sarai mai
Dove tutto è in rovina e la morte è in agguato
Dove nessuno può più salvarmi
Dove la terra brucia e il fumo sale
Dove il mondo si è unito in un cuneo
Dietro i cumuli di rifiuti
Dietro i cumuli di rifiuti, lì, dietro i campi
Dietro i cumuli di rifiuti
Dietro le discariche, dove si combatte la guerra
Dietro i cumuli di rifiuti
Dietro i cumuli di rifiuti, lì, dietro i campi
Dietro i cumuli di rifiuti
Dove c'è guerra, dove c'è guerra
Dove tutto è in rovina e non c'è posto dove sedersi
Dove non c'è sonno, non c'è cibo.
Dove c'era vita, non c'è più.
Lì, nelle trincee, mio ​​fratello sta morendo
Dove non ci sei, non ti sentirai
Dove siamo oggi, non lo capiresti
Dove un solo momento ti uccide
Dove il carro armato nemico ci schiaccia
Dove un sorso d'acqua è come una perla
Dove vedi, fratello, dove c'è una persona
Ecco, c'è ancora un barlume di speranza.
Lì, i sogni futuri sono ancora vivi nei miei pensieri
Dietro i cumuli di rifiuti
Dietro i cumuli di rifiuti, lì, dietro i campi
Dietro i cumuli di rifiuti
Dietro le discariche, dove si combatte la guerra
Dietro i cumuli di rifiuti
Dietro i cumuli di rifiuti, lì, dietro i campi
Dietro i cumuli di rifiuti
Dove c'è guerra, dove c'è guerra
Dietro i cumuli di rifiuti, lì, dietro i campi
Siamo stati colpiti dalla grandine, colpiti dai cannoni
Dove c'è la guerra e le armi sparano
Dove non sarai mai

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alex

Pseudocristianesimi e pseudodemocrazie

“Il mio popolo soffre nel sentire ripetere in occidente la propaganda di Mosca. Questo fa molto più male delle bombe russe”. Intervista al capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Shevchuk

Roma. La guerra e la pace, il piano di riarmo europeo e le condizioni poste da Vladimir Putin per impostare un negoziato, ammesso che una trattativa possa partire dai progetti del Cremlino per il futuro dell’Ucraina o quantomeno dei territori occupati contro ogni norma e cavillo del diritto internazionale. Il Foglio ne parla con Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kyiv e padre e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina.

Un’Ucraina che vede, giorno dopo giorno, affievolirsi quel sostegno occidentale che tre anni fa pareva granitico, con i profili social colorati di giallo e azzurro, con i pensieri rivolti a chi abitava i villaggi presi dalle truppe russe.

Beatitudine, Lei anche di recente in un incontro tenuto in Canada con lo storico Timothy Snyder ha insistito sul fatto che gli ucraini vogliono una “pace giusta”. Si ha il timore che in occidente circolino idee ben diverse da quelle del popolo ucraino su cosa sia una “pace giusta”. Spesso sentiamo queste parole usate come slogan. Ci può dire cosa si intende per “pace giusta”?

“Come Chiesa, abbiamo emanato una Lettera sinodale che offre una riflessione sulla guerra in Ucraina e sul significato della pace giusta. Vorrei sottolineare che la nostra Chiesa da sempre è una Chiesa del popolo e, per questo può essere considerata la voce della società civile in Ucraina. Questa lettera pastorale è la voce del popolo ucraino, dei suoi desideri, e tra questi desideri c’è quello della pace giusta. Innanzitutto, bisogna dire che non si può parlare di pace giusta senza il ripristino della verità. In questa guerra c’è tanta menzogna, troppa propaganda infiltrata in diversi ambiti della vita e nei rapporti internazionali. Da anni, la propaganda russa cerca di screditare la nostra nazione, diffondendo una propria versione della storia e divulgando false narrative sulla situazione attuale per giustificare l’aggressione contro il nostro popolo. Come Chiesa, ci sentiamo in dovere di essere la voce della verità. Dall’altra parte, la Chiesa ortodossa russa si è offerta al regime come strumento di propaganda”.

“Il male va fermato, e noi ucraini lo stiamo facendo con il sangue

“NAZIONALISTI? DIFENDIAMO LA NOSTRA PATRIA, PERCHÉ È IN GIOCO LA NOSTRA ESISTENZA”. PARLA L’ARCIVESCOVO DIKYIV, SHEVCHUK

 

 “Senza una chiara distinzione tra la verità e la più grande menzogna dei nostri tempi, ovvero l’ideologia del ‘mondo russo’ – prosegue Sviatoslav Shevchuk – la fine della guerra in Ucraina non potrà mai definirsi una pace giusta e duratura. Ma non basta solo conoscere la verità; bisogna anche condannare, a livello internazionale, tutto ciò che ha causato la guerra genocida della Russia contro il nostro popolo. Ricordiamo che il male impunito, prima o poi, si sveglierà con ancora più forza e con conseguenze ancora più drammatiche. Come Chiesa, siamo chiamati a vigilare su questi aspetti fondamentali, sui quali devono basarsi gli altri passi, di carattere politico e diplomatico, per arrivare non a un’illusione di pace, ma a una pace giusta e duratura. Sfortunatamente, attualmente assistiamo a uno scenario del tutto diverso; per essere giusto, l’accordo di pace, deve rispettare il diritto internazionale e deve avere le garanzie di sicurezza”.

Tre anni di guerra e centinaia di migliaia di morti. Distruzioni ovunque. Ha la sensazione che in occidente piano piano le fake news diffuse dal Cremlino abbiano trovato terreno fertile conquistando sempre più spazio nell’opinione pubblica che, quindi, non vuole più aiutare Kyiv?

“Bisogna dire che la Russia ha preparato un terreno fertile per l’aggressione su vasta scala per decenni, ancora prima che questa aggressione fosse effettivamente mossa. Anche le radici del comunismo hanno preparato un ‘buon’ terreno nell’opinione pubblica di alcuni paesi occidentali, così anche la corruzione di diversi tipi e in diversi ambiti della vita pubblica. All’inizio dell’aggressione su vasta scala, i sentimenti filorussi si sono leggermente attenuati. Tuttavia, in tre anni di guerra, la propaganda russa si è attivata per presentare l’Ucraina come un paese belligerante, facendo sì che aggressore e aggredito siano messi sullo stesso piano. Devo dire che il popolo ucraino soffre molto nel sentire ripetere in occidente la propaganda russa. A volte, questo fa più male delle bombe russe. Il nostro popolo, al prezzo del proprio sangue, difende quelli che sono definiti ‘valori europei’. Quando la nostra resistenza viene interpretata attraverso le categorie proposte dalla propaganda russa, siamo preoccupati non solo per noi stessi, ma anche per il futuro dell’umanità. Purtroppo, in un mondo in cui il concetto di diritto e di giustizia viene sostituito dagli interessi individuali o di gruppi criminali, o in cui l’integrità della sovranità statale diventa vittima degli interessi geopolitici, a perdere non è solo l’Ucraina, ma l’intero occidente”.

E’ rimasto sorpreso e/o deluso dalla “accoglienza” riservata dal presidente Trump e dal vicepresidente Vance a Volodymyr Zelensky il 28 febbraio scorso? Teme un allontanamento degli Stati Uniti? “Come cristiani, cerchiamo sempre, soprattutto nei momenti che sembrano più disperati, la risposta nella Parola del Signore. ‘Non confidate nei potenti, in un uomo che non può salvare’, dice il Salmo. Dopo tre anni di guerra su vasta scala in Ucraina, abbiamo capito che la nostra speranza è il Signore: è Lui che ci vuole vivi, è Lui il nostro unico partner affidabile. Questo non significa che viene meno la nostra gratitudine e riconoscenza a tutti coloro che ci hanno sostenuto  e continuano ad aiutarci. Siamo davvero grati ai nostri partner, alla solidarietà internazionale e a tutte le persone di buona volontà. Ovviamente l’appoggio degli Stati Uniti è importante per noi, ma è altrettanto importante che esso si basi su valori democratici. L’Ucraina possiede molto più delle terre rare; la sua vera ricchezza è il popolo, che crede nella democrazia. Tuttavia, gli ucraini non mettono in discussione l’importanza di valutare razionalmente la situazione attuale e le mosse politiche”.

Cosa le verrebbe da dire all’europeo che sostiene la necessità di porre fine subito al conflitto, magari esortando le autorità ucraine a trattare con Putin anche a costo di consegnargli intere regioni?

“Bisogna essere realisti. Non ci sono soluzioni facili per questioni complesse. Dobbiamo renderci conto senza illuderci che abbiamo a che fare con un male potente, che nel corso della storia, in particolare nel Ventesimo secolo, ha causato numerose vittime in Ucraina. Nessuno più degli ucraini desidera che la guerra finisca il prima possibile e che arrivi la pace tanto attesa. Tuttavia, alcuni progetti sul porre subito fine alla guerra equivalgono alla fine dell’Ucraina. Va compreso anche che l’aggressione russa contro l’Ucraina non è solo una lotta territoriale: è un attacco al diritto internazionale. Perciò, non basta risolvere il problema cedendo a Putin alcune regioni. Non si tratta solo del territorio, ma soprattutto delle persone che vivono lì”. Lo scorso gennaio, prosegue l’arcivescovo Shevchuk, “gli intellettuali e i leader della società ucraina hanno fatto una dichiarazione sull’impossibilità di ‘pacificare il male’. Essi affermano che la Russia non ha iniziato questa guerra per conquistare il territorio, dal momento che ne possiede già tanto. Per la Russia è importante distorcere l’attuale ordine mondiale, ripristinare il suo status di potenza globale, nonché la possibilità di interferire negli affari interni dei paesi europei e di altri continenti (ingerenza negli affari politici, nelle elezioni, controllo dell’economia, corruzione di politici, media, etc.). Il male non può essere pacificato né soddisfatto; il male va fermato. Ed è esattamente ciò che stiamo facendo, pagando con il nostro sangue”.

Lei è ucraino ma conosce bene anche il resto del mondo. Ha capito perché qui in occidente si subisce il fascino di un uomo come Putin? Come fa chi vive in democrazia e libertà a essere attratto dal despota del Cremlino?

“Perché in occidente si è dimenticato cosa significa vivere sotto un regime totalitario. Inoltre, siamo entrati in una fase di pseudodemocrazia, con valori pseudodemocratici e, se vogliamo anche pseudocristiani, di cui una parte della società si sente ormai stanca. Quindi, quando un capo di stato, insieme al suo patriarca, ha iniziato a difendere i valori tradizionali, qualcuno gli ha creduto. Inoltre, la democrazia in sé, a volte, appare fragile e burocratizzata, mentre dall’altra parte al potere c’è sempre un unico dittatore che decide tutto da solo e con più facilità. Purtroppo, a qualcuno in occidente piace questo stile. Dobbiamo rieducarci alla democrazia”.

Dopo tre anni di guerra combattuta (ma sappiamo che il conflitto durada dieci anni), qual è il rapporto tra le Chiese in Ucraina?

“Il rapporto tra le Chiese in Ucraina è molto buono, di grande collaborazione. Da più di venticinque anni esiste il Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose, che rappresenta il 95 per cento delle confessioni religiose sul territorio ucraino. Questa organizzazione, presieduta a turno da un membro di una delle varie sigle religiose, si è costituita anche in quella che in occidente viene definita ‘onlus’. Promuove progetti di aiuto ed è presente al fianco della popolazione sin dall’inizio della guerra, ormai undici anni fa. La collaborazione tra le Chiese e le religioni è cruciale per poter stare al fianco della popolazione che soffre, e noi viviamo concretamente questa collaborazione giorno dopo giorno”.

Anche nella Chiesa cattolica, pur mostrando attenzione alla vostra causa, c’è chi – spesso semplici sacerdoti ma con grande seguito sui social network – sostiene che è arduo dar credito al “nazionalismo ucraino”. Cosa risponde?

“Quello che in occidente viene definito ‘nazionalismo’, con connotazione dispregiativa, spesso viene scambiato con quello che per noi rappresenta un sano ‘patriottismo’. Per secoli, abbiamo avuto una patria occupata e siamo rimasti legati a essa anche quando eravamo lontani. La Chiesa greco-cattolica ucraina ha vissuto in diaspora per tutti gli anni del comunismo, dopo lo pseudosinodo di Lviv, eppure l’identità ucraina e la lingua ucraina è rimasta preservata in ogni paese. Questo ci rende la più grande Chiesa orientale sui iuris, ma soprattutto una Chiesa globale. Se per nazionalismo – aggiunge – si intende l’esasperazione del concetto di nazione fino al conflitto con le altre nazioni, allora non si sta parlando del popolo ucraino. Siamo un popolo pacifico che non ha mai iniziato una guerra. Noi siamo patriottici, difendiamo la nostra patria e vogliamo che la nostra cultura e identità nazionale siano preservate, perché si tratta della nostra esistenza. Rivolgendosi ai giovani ucraini nell’ambito di un’iniziativa speciale di febbraio scorso, Papa Francesco ha affermato che “oggi la missione dei giovani ucraini consiste nell’essere patrioti. Non potete fuggire dai problemi che state vivendo oggi. Dovete essere patrioti, amare la vostra Patria, proteggerla” – ha sottolineato il Santo Padre. Credo che proprio i giovani ucraini testimoniano al mondo intero, compresa la Chiesa cattolica, un autentico patriottismo cristiano che non ha nulla in comune con il cliché del “‘nazionalismo ucraino’”.

 

alex

La diretta del dibattito 'L'Ucraina tre anni dopo. La frontiera della libertà europea' dal Senato, presentano Marco Lombardo (Senatore), Natalyia Kudryk (giornalista). 

Intervengono 

  • Yaroslav Melnykk (Ambasciatore Ucraina),
  • Carlo Calenda (Senatore),
  • Lia Quartapelle (Deputata Pd), 
  • Giulio Terzi di Sant'Agata (sen Fdi Presidente della Commissione Politiche Ue). 

    Relazioni: 

  • Vittorio Emanuele Parsi (Docente dei Relazioni internazionali, Università Cattolica di Milano),
  • Sofia Ventura (docente di Scienza Politica, Università di Bologna),
  • Nona Mikelidze (Responsabile di ricerca IAI),
  • Federigo Argentieri (docente di Scienze Politiche, John Cabot University di Roma),
  • Emanuele Giudice (Avvocato. Presidente Associazione ETS Alexandra),
  • Oles Horodetskyy (Presidente Associazione Cristiani Ucraini),
  • Luigi Sergio Germani (Direttore Scientifico Istituto Gino Germani)

Ascolta qui

Ascolta qui anche la presentazione del libro: 


La nuova guerra contro le democrazie. Così le autocrazie vogliono stravolgere l'ordine internazionale

 

alex

24 febbraio 2022 - 24 febbraio 2025 - tre anni di guerra nel cuore dell'Europa

KIEV. Mentre le diplomazie discutono confini e regole su cui costruire una pace più o meno “giusta”, nel salottino di un bar di Kiev un grande economista ucraino analizza la salute della vittima a tre anni dall’invasione russa: “L'economia ucraina uscirà distrutta dalla guerra”, dice Oleksij Kusch. “La maggior parte della popolazione – spiega - sarà in condizioni di povertà mentre ci saranno un milione di fucili e altre armi in mano a gente che li sa usare. Crescerà la criminalità. I forti traumi di questi anni diventeranno risentimento post bellico, e il rischio di grave destabilizzazione politica sarà alto. Ci vorranno decine di anni per recuperare, e in queste condizioni sarà molto difficile che l’Ucraina entri realmente nella Ue. All’odio verso la Russia si aggiungerà il rancore nei confronti dell’Occidente per il tradimento”.

La svolta radicale e improvvisa imposta dalla nuova amministrazione americana ha scioccato gli ucraini. Nei bar, nei social e nelle chiacchiere riservate la violenza delle critiche di Trump a Zelensky spinge le persone a sostenere il presidente come accadeva tre anni fa di fronte alla violenza dell’invasione russa: “Avete rilanciato la vostra economia a spese della guerra in Ucraina. A spese dei nostri caduti al fronte e dei civili. Fate affari nel sangue”. “Se non fosse stato per l’America non avremmo firmato il memorandum di Budapest e non avremmo rinunciato alle armi nucleari. Grazie, America, per i nostri ucraini assassinati e torturati, per le città e i villaggi distrutti”, scrive Luda Kovtun su telegram. L’invito più frequente rivolto a Trump e agli Stati Uniti è di seguire la rotta della “nave russa”, quella che mandarono a quel paese davanti all’Isola dei Serpenti.

Ma lo shock è più radicale, più profondo. Minaccia di sgretolare quel mondo antico che neppure tre anni di guerra erano riusciti a scalfire. Quel mondo che incroci appena attraversi il confine dalla Polonia, a Przemysl o a Leopoli. Il treno, tutti i treni, sono in perfetto orario. Sempre. Un ferroviere, più spesso una donna, con un lungo cappotto blu e il cappellino, ti attende sulla pensilina davanti alle scalette di ogni vagone. Controlla il biglietto di chi sale, e se viaggi di notte ti sveglierà con una tazza di tè mezzora prima della tua stazione di arrivo. Altrimenti passerà più volte qualcuno con il carrellino del ristoro, qualcun altro a raccogliere l’immondizia.

Dopo otto ore di viaggio, prudentemente lento per le condizioni incerte dei binari, arrivi a Kiev e non serve guardare l’orario: è sempre quello indicato sul biglietto. A marzo di tre anni fa, quando lasciammo Kiev due settimane dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022 facendo il percorso inverso, decine di chilometri di carri armati e blindati russi in marcia verso la capitale erano bloccati da una resistenza eroica e inattesa. La stazione era invasa di anime in fuga: migliaia di donne, bambini e anziani accalcati per acciuffare un posto su un qualunque treno verso l’Ovest. La città era deserta. I cavalli di frisia ai crocicchi e l’eco dei bombardamenti, i soldati con i fucili spianati, le sparatorie per uccidere i “sabotatori” russi. Non c’era benzina, non c’erano taxi. Nei supermercati aperti c’era rimasta solo qualche scatoletta. Il traffico caotico della metropoli era scomparso, nei grandi boulevard sovietici a cinque o sei corsie potevi leggere un romanzo in mezzo alla strada. Le sirene d’allarme suonavano continuamente, le stazioni della metropolitana erano diventate rifugi. I missili abbatterono il ripetitore della tv, centravano caserme ma anche condomini. C’erano civili, tra i morti.

Prendere quel treno voleva dire sopravvivere. La calca, impressionante. E l’ira, la disperazione. I bambini piangevano, le madri urlavano e spingevano per conquistarsi il posto. Gli uomini, a cui era impedito lasciare il paese, facevano il possibile per proteggere le anziane schiacciate dalla ressa. Laggiù, oltre Leopoli, c’è la Polonia. La salvezza.

Tre anni dopo, un gruppo di cinesi arrivati da chissà dove e chissà perché fotografa ammirato gli enormi lampadari della stazione di Kiev. I metal detector filtrano gli accessi, il cartellone elettronico mostra decine di arrivi e partenze imminenti. Nel piazzale hanno appena installato centinaia di paletti divisori per ordinare il traffico dei taxi. A sera inoltrata, mentre affretti il passo sotto la luna e sul nevischio prima che scatti il coprifuoco, due operai comunali riparano le buche riallineando cubetti di porfido. Le aiuole sono perfettamente curate, le facciate delle chiese illuminate anche durante i back out. Non c’è spazzatura per terra né scritte sui muri. La città è spazzata, lavata, ripulita. I bar e i servizi sono tutti attivi, gli ucraini passeggiano tra negozi e centri commerciali come in qualsiasi altra capitale lontana dalla guerra. Ma la guerra non è lontana. Ogni notte i droni russi attraversano la città a bassa quota, la contraerea li insegue sparando raffiche. L’eco delle esplosioni fa sobbalzare. Gli ucraini sono abituati a non dormire. La routine stravolta il 24 febbraio del 2022 è cambiata per sempre.

Continua qui: La Repubblica

 

 

Inviato da alex il

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