Articolo de LA STAMPA - 12.11.2024 - Lo zar combatte una battaglia contro i religiosi colpevoli di seguire gli interessi Occidentali e poi misteriosamente scomparsi. Il caso del diacono di una chiesa pentecostale di Kherson arrestato dai russi e poi trovato morto in una foresta insieme al figlio di 19 anni
Nella guerra di Putin in Ucraina è in corso una repressione feroce di cui però si è parlato pochissimo, quella contro i cristiani evangelici; arrestati, rapiti, torturati e costretti all’esilio; la loro colpa è essere visti come un segno dell’influenza e degli interessi occidentali, soprattutto degli Stati Uniti. Da parte del Cremlino c’è uno sforzo strategico per reprimere, controllare e schiacciare i gruppi religiosi al di fuori del Patriarcato di Mosca, cioè della Chiesa ortodossa russa, che ha definito l’invasione dell’Ucraina “una guerra santa”. Non è un caso che giornali come il Wall Street Journal ne stiano parlando proprio adesso. Negli Stati Uniti gli evangelici cristiani sono spesso associati al movimento MAGA (Make America Great Again), lo zoccolo duro dell’elettorato di Donald Trump, l’ex presidente avanti nei sondaggi su Biden, dunque con buone probabilità di tornare alla Casa Bianca. L’elettorato evangelico è tendenzialmente bianco, nazionalista, e il suo sostegno per l’Ucraina è andato scemando. Sono più pressanti altri problemi, tra cui l’inflazione e le migrazioni di massa al confine col Messico. Ma non si può non tener conto anche di una certa affinità con Putin. Lo Zar, in alcuni casi, è stato visto come un alleato nella guerra culturale contro woke e liberal progressisti. Il discorso però cambierebbe se si cominciassero a denunciare i crimini dei russi contro gli evangelici in Ucraina.
Nei territori occupati dalla Russia on Ucraina, come ormai raccontano diversi reportage internazionali, la libertà religiosa è stata compromessa. I pastori evangelici sono quelli che hanno sofferto più di tutti, affermano sacerdoti e funzionari sia ucraini che statunitensi. Decine di persone sono state rapite, torturate ed esiliate dalle loro città natali. Alcuni esempi: nella regione di Kherson, nell’autunno del 2022, il diacono di una chiesa pentecostale è stato arrestato dai russi e poi trovato morto in una foresta insieme al figlio di 19 anni. I loro corpi deturpati, riferiscono i testimoni. Altri pastori raccontano storie dell’orrore. Il battista Azat Azatyan aiutava gli ucraini a fuggire dai territori occupati nella regione di Zaporizhzhya, quando i russi lo hanno catturato. È stato tenuto prigioniero 43 giorni in un seminterrato. I russi, tra torture brutali, lo accusavano di essere una spia americana. Gli interrogatori includevano percosse, elettroshock, minacce di morte. Un altro religioso, Oleksandr Salfetnikov, ha subito un trattamento simile. Le stesse torture e la stessa insistenza nel cercare un legame con lo spionaggio americano. “Volevano farmi confessare che ero una spia, erano convinti che tutti gli evangelici fossero spie”. In tutto, in più di due anni di guerra, si stima che la Russia abbia ucciso almeno 30 leader religiosi ucraini, arrestandone altri 26. Il calcolo è stato fatto dall’International Religious Freedom or Belief Alliance, un organismo internazionale che cerca di tutelare le minoranze religiose. È un calcolo al ribasso, fa sapere l’organizzazione. Le persone uccise, arrestate e fatte sparire sono sicuramente molte di più.
L’ossessione russa per la religione in Ucraina in effetti ha un suo motivo d’essere. Perché nel paese si è sviluppata una discreta varietà di fedi, e questa realtà eterogenea è vista dal Cremlino come una minaccia. In Russia c’è la supremazia della Chiesa ortodossa, che oggi è tra i più convinti alleati ideologici di Vladimir Putin. In Ucraina il paesaggio è diverso: almeno prima dell’invasione, c’era un equilibrio tra tre confessioni ortodosse, quella ucraina, quella russa e quella uniate (ortodossi di osservanza romana); poi con la guerra Kiev ha chiuso diverse istituzioni legate alla Chiesa di Mosca, perché sospettate di appoggiare la Russia. Negli anni si è diffuso molto anche il proselitismo degli evangelici, spesso battisti. Nel 2022, prima della guerra su larga scala, si contavano in Ucraina più di 7mila associazioni e chiese protestanti. Ancora oggi l’Ucraina è probabilmente il più grande paese evangelico d’Europa, scrive The Hills, un quotidiano di Washington D.C. Ogni domenica tra 800mila e un milione di persone frequentano le Chiese protestanti.
Questa fede potrebbe essere sfruttata per mobilitare il sostegno americano all’Ucraina, dicono alcuni analisti. Sensibilizzare gli evangelici, proprio quell’elettorato che certe volte non sembra ostile all’autocrate russo. Alcuni evangelici americani hanno mostrato una certa simpatia per Putin, che si è presentato come un paladino dei valori tradizionali della famiglia. Putin è stato visto come
un difensore del cristianesimo, in lotta contro la secolarizzazione, il multiculturalismo, le politiche delle élite progressiste. Secondo un sondaggio recente, coloro che ritengono che gli Stati Uniti debbano essere una nazione cristiana sono anche più inclini a sostenere lo zar di Mosca. Esemplare il caso di Marjorie Taylor Greene, deputata ultra trumpiana, che si dichiara anche “nazionalista cristiana”. In Ucraina, secondo lei, Putin sta combattendo “per la cristianità”.
Ma è altrettanto esemplare la “conversione” di Mike Johnson, il leader dei repubblicani alla Camera, che aveva bloccato per mesi l’ultimo pacchetto di aiuti all’Ucraina. Si è convinto a sbloccarlo per ragioni di politica internazionale, sintetizzabili così: all’America non conviene far vincere Putin. Ma anche la fede gli ha dato una spinta decisiva. Proprio davanti alla sua congregazione religiosa, un’associazione di diritti umani ha fatto installare un cartellone enorme con la foto di una chiesa evangelica distrutta nell’Ucraina occupata dai russi. Johnson, grandissimo devoto evangelico, non poteva voltarsi dall’altra parte.
- Accedi per commentare
- 4 viste